La storia dell’aspirina, che
è poi la storia della corteccia e della foglia del salice, incomincia
nel 400 a.C. Anche se le sue virtù terapeutiche vengono
menzionate già nel codice assiro di Ebers, all'incirca 2000 anni
prima di Cristo. Il 400 a. C. era l’epoca delle grandi intuizioni mediche
di un grande terapeuta dell’antichità, il greco Ippocrate, considerato
ancor oggi il padre della medicina. Un giorno si accorse delle proprietà
antidolorifiche contenute nella corteccia e nelle foglie di salice e consigliò
ai suoi pazienti afflitti dai più svariati dolori, di curarli con
un infuso di quelle foglie. Nell’albero del salice si trova contenuta in
natura la salicina, parente molto stretta della moderna aspirina. Dall’epoca
della grande intuizione di Ippocrate gli uomini per secoli hanno fatto
uso del salice per combattere mali di testa, febbri, reumatismi. Ancora
oggi i contadini greci masticano le sue foglie per combattere e addirittura
prevenire i dolori reumatici: infatti è ormai comprovato che nella
salicina, si trova il miglior rimedio contro i reumatismi, nonostante la
sorprendente constatazione che l’albero del salice cresce abbondantemente
nei terreni umidi, malsani e paludosi, ambiente che per secoli ha trasmesso
febbri ed epidemie. L’uso della salicina, così come era stato prescritto
alquanto empiricamente dal vecchio Ippocrate, venne seguito per oltre duemila
anni, fino a quando, nel 758, per merito di un canonico inglese, Edward
Stone, non imboccò la strada della moderna ricerca per poi raggiungere
una più appropriata applicazione nel campo terapeutico. Fu quindi
il reverendo Stone che iniziò una diversa ricerca sulle foglie del
salice e riferì dei suoi esperimenti alla famosa “Royal Society”
inglese. Settant’anni dopo fu il chimico napoletano Raffaele Piria ad ottenere
l’acido salicilico dalla salicina, facendo naturalmente tesoro dei preziosi
esperimenti condotti dal menzionato Stone. Si giunse così al 1897.
Due chimici tedeschi che lavoravano entrambi nel settore delle ricerche
della Società Bayer, Felix Hoffman e Heinrich Dreser, riuscirono
a mettere definitivamente a punto un farmaco il cui preparato base era
l’acido acetilsalicilico. Al farmaco, racchiuso in una compressa, fu dato
il nome di aspirina: da spir che indica la famiglia vegetale “spirea”,
dalla lettera “A” che sottolinea il processo di acetilazione ed infine
dalla misteriosa sillaba “ina”. Nei successivi 87 anni, quindi fino ai
giorni nostri, la magica compressa è diventata di uso comune quale
sollievo del dolore. Nel frattempo vengono però scoperte nuove e
diverse capacità terapeutiche, come nelle malattie infiammatorie,
nell’artrite reumatoide e l’osteoporosi, nella prevenzione degli attacchi
di cuore, nella protezione dell’apoplessia e della trombosi venosa, quindi
un farmaco di semplice composizione che svolge una funzione analgesica
e terapeutica che va dal mal di testa alla sciatica, dal mal di denti alle
nevralgie fino agli usi dinanzi menzionati. Ogni anno nel mondo si consumano
oltre cento miliardi di compresse di Aspirina; negli U.S.A. ogni giorno
ne vengono ingerite quasi 50 milioni. In Italia una stima prudenziale porta
a considerare che almeno 5 milioni di persone ne facciano un uso abituale.
E certo che il vecchio, indistruttibile Ippocrate mai più si sarebbe
immaginato che la sua intuizione potesse produrre un moderno farmaco che
oggi batte tutti i primati di diffusione e di vendita. |