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Il Capo Partigiano Manrico Ducceschi |
![]() Avrei voluto, dopo la guerra, poter incontrare Manrico Ducceschi, ricordando con lui i giorni passati, da nemici, in Garfagnana ed avrei voluto fargli conoscere le idee di John, soldato della 92° divisione, con la quale i partigiani collaboravano e mio compagno di ambulanza, quando, entrambi feriti , ci stavano portando a Bercelo. John, da buon negro del West, aveva delle idee piuttosto radicali e secondo lui, una cosa era andare all’assalto ed uccidere un nemico, un’altra cosa ucciderlo a sangue freddo, e non riusciva comprendere come fosse possibile che un uomo uccidesse un altro uomo sparandogli alle spalle. Nel West sarebbe stato giudicato sicuramente colpevole ed impiccato. Secondo John, per uccidere un uomo, anzitutto bisogna avere un buon motivo per farlo e questo ai partigiani non mancava, come seconda cosa, prima di sparargli bisogna almeno guardarlo bene in faccia e dargli il tempo per potersi difendere con la stessa arma. Se poi avessi raccontato a John che molti partigiani, per correre meno rischi, indossavano la mia stessa divisa, raccolta da qualche parte, forse spogliando un morto, gli avrei ulteriormente confuso le idee. Forse, salutandoci, Pippo ed io ci saremmo abbracciati, in pace, come avevo fatto con un soldato greco contro il quale avevo combattuto ai tempi dell’Albania. Purtroppo Giorgio Petracchi, nel suo bellissimo libro sulla guerra partigiana, nell’epilogo racconta che il 26 agosto 1948 Manrico Ducceschi si è impiccato e tutta la documentazione della XI Zona andò dispersa. Nel marzo del 1945 l’organico complessivo dei partigiani del XI zona non superava i trecento uomini, per cui ho calcolato che il numero complessivo dei partigiani combattenti del FLN non poteva superava i tremila uomini e mi viene da sorridere al pensiero che alla fine della guerra sono state rilasciate, ![]() |
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