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Computers Carrellata storica sul Risorgimento italiano
scritto inedito di: Milost Della Grazia
Giovine Italia
Le rivolte italiane del 1820-1821 e del 1831 ebbero un carattere regionale e fu la fine della Carboneria, sostituita dalla Giovane Italia di Mazzini, il quale da Londra aveva iniziato una intensa propaganda, richiamando sull’Italia l’attenzione dell’opinione pubblica europea, in particolare di quella inglese.. 
Ogni primavera, dal 18 al 22 marzo, Milano festeggia, con qualche tricolore e molte bandierine sui  tram e sugli autobus, l’anniversario delle cinque giornate, quando il  Feldmaresciallo Radetzky ( 3 ) lasciò la città con tutte le truppe. Radetzky  era un galantuomo, perché, al termine della quinta giornata, preferì abbandonare la città piuttosto che sparare con i cannoni contro i milanesi, come invece fece nel 1898  il generale italiano Bava Beccarsi ( 4-5 ), più che altro per convincere Eugenia Litta, amante di Umberto I,  che lui, generale Bava Beccaris, era uomo forte e risoluto. 
Non ebbe alcuno scrupolo a massacrare a cannonate centodiciotto inermi cittadini, che protestavano per l’aumento del prezzo del pane da 35 a 60 centesimi, tre ore di lavoro di un operaio.Le ultime cannonate furono per il convento dei cappuccini in viale Piave, dove si trovavano solo dei frati tremanti di paura e un gruppo di barboni in attesa di un piatto di minestra. Il direttore del Corriere della Sera ebbe il buon gusto di rifiutare la pubblicazione sul giornale del testo del telegramma trionfante del generale a Umberto I e quello dell’elogio reale a Bava Beccarsi 
Probabilmente l’austriaco amava Milano più dell’italiano, l’amava di più dei milanesi, se non altro per rispetto verso la sua donna , la milanese Giuditta Meregalli, la quale, oltre che preparargli i suoi piatti preferiti, era anche la sua tenera amante. L’effimera cacciata dalla città delle truppe austriache, era costata seicento morti per parte, 1200 in tutto.Dei protagonisti, a parte Radetzky, ciascuno aveva una interpretazione diversa dell’avvenimento. Il conte Gabrio Casati sognava un Italia unita sotto i Savoia e per lui Carlo Cattaneo era una canaglia, perché  pensava ad una Lombardia inserita nel “Commonwealth” austriaco. Carlo  Cattaneo  definiva il Casati un ciambellano pronto a farsi in due per servire sia la corte di Vienna che quella di Torino, i  vari mazziniani sognavano una repubblica popolare, mentre la gente comune era insorta, perché giudicava gli austriaci protettori dei “sciuri”. Carlo Cattaneo, che era stato il capo del consiglio di guerra e  prevedeva il ritorno degli austriaci entro pochi giorni, era giunto alla conclusione che le cinque giornate erano state una sciocchezza, da lui definita un “pettegolezzo”. Quando Radetzky rientrò a Milano, il popolo lo accolse raccontandogli che a combinare tutti quei guai erano stati i “sciuri”. Radetzky finse di crederci. Quando rientrò a casa, trovò subito la sua amante che gli aveva preparato il suo piatto preferito, ma si arrabbiò subito con gli insorti che gli avevano rubato la sua  spada,  per donarla a  Carlo Cattaneo, che nel frattempo era scappato in Svizzera, portando con se la famosa spada. Radetzky era un soldato d’onore, nessuno ha mai potuto documentare un suo ordine crudele o un gesto provocatorio, nelle lettere che inviava a sua figlia a  Vienna non si è mai trovato un cenno di scherno  o di odio contro gli italiani, ma ciononostante gli italiani  lo consideravano un nemico. La Gazzetta di Milano, il giornale dei milanesi di allora, una volta tornati gli austriaci, nell’articolo di fondo, nel  fare una specie di consuntivo delle cinque giornate, concluse: “Il potere provvisorio è stato il più inetto che Milano abbia avuto, dal principio alla fine”.
E’ servito a qualcosa il sacrificio di 600 milanesi, morti sulle barricate e quello di  600 soldati austriaci ? 
In una città dell’Unione Europea, nel 2002,  è ancora opportuno esporre quelle bandierine sui tram ? 
Nel marzo del 1848 Carlo Alberto ( 6 ) aveva dichiarato guerra all’ Austria, ma, sconfitto a Novara,  abdicò sul campo di battaglia a favore di suo figlio Vittorio Emanuele II ( 7 ).
La nascita del regno d’Italia è  stata il frutto del pensiero e delle azioni di  tre uomini: Giuseppe Mazzini, l’ideologo, il conte Camillo Benso di Cavour, il politico ( 8 ) e Giuseppe Garibaldi,  il mitico Che Guevara italiano, amato ed ammirato da tutto il mondo. Vittorio Emanuele fece ben poco, con loro non si comportò mai da vero amico, trattò  Garibaldi come un’arancia, sono  parole sue, che prima si spreme fino all’ultima goccia e poi si butta. Solo per merito loro la camera dei deputati  poteva proclamare che il  16 marzo 1861 era sorto un nuovo regno di ventidue milioni di abitanti, il regno dell’Italia unificata.

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