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Nato verso il 1290 da Matteo Magno
Visconti, divenne arcivescovo di Milano nel 1342, dopo essere stato vescovo
di Novara fu signore di Milano dal 1339 fino alla morte nel 1354. Ebbe
un figlio Leonardo Visconti.
Così ne parla Paolo Giovio: "Dopo che
fu morto Luchino la somma di tutto l’imperio ritornò all'arcivescovo
Giovanni suo fratello, principe di perfetta virtù: perciocch'egli
in ogni ufficio di singolar prudenza e di perfetta pietà e temperata
disciplina di reggere lo stato, fu pari a Ottone suo zio maggiore, e rappresentava
ancora con l'ordine del generoso sangue e con la grandezza dell'animo costante
suo padre Matteo; nè anco era giudicato che cedesse punto a Galeazzo
suo fratello di nobiltà, d'ingegno liberale, nè di maestà
di bellezza, nè di umanità di farsi voler bene; e facilmente
ancora vinceva Azzone di quella sua umanissima, ma non però mai
se non grave piacevolezza di dare udienza e lasciarsi parlare, e di magnificenza
d' opere; aveva parimente per opinione d'ognuno un'onorata lode di clemenza,
concessa a pochissimi principi, la qual virtù mancò a Luchino
siccome a quello ch'era troppo duro e militare, benchè fosse per
altro grande uomo. Costui subito ch'entrò nel principato, la prima
cosa richiamò dall'esilio Galeazzo e Barnaba. I quali ritornarono
vestiti alla fiamminga, come si può vedere in una pittura ancor
salva nella chiesa di S. Giovanni in Conca che soddisfano un voto a’ S.
Cosimo e Damiano avvocati loro, e ben mostrano un singolar valore nelle
imprese di guerra, avendo militato e acquistatosi una chiara lode nelle
guerre di Fiandra e d’Inghilterra.". Giovanni era spregiudicato,
come tutti quelli della famiglia Visconti; si era inimicato il papa e mezza
Italia, ma era nelle grazie del Re di Francia e grazie alla sua protezione
iniziò una politica espansionistica che portò il biscione
visconteo nella città di Genova e lambì il territorio di
Firenze. Giovanni morì il 5 ottobre 1354, all'età di 64 anni.
L'opera di Giovanni Visconti fu di capitale importanza nell'organizzazione
dello stato milanese; le reticenze, le menzogne e gli spergiuri erano mezzi
comunemente usati da qualsiasi capo di stato del '300 e questi mezzi usò
ed abusò Giovanni come qualsiasi altro principe o papa dell'epoca. |