| Fra Melegnano, cittadina dinamica e ricca di tradizioni culturali,
e Barni con la sua valle i suoi boschi intrisi dall'influenza lacustre,
visse un poeta del colore della forma e del segno: Enrico Oldani. La mitezza
del temperamento, la distaccata saggezza, il sorriso socievole, furono
il frutto di una macerazione esistenziale che, nella completa dedizione
di quasi mezzo secolo di ricerca artistica e di dimistichezza con il linguaggio
dell'espressione, raggiungeva livelli di consapevolezza e di approfondimento
che meritano ancor oggi l'attenzione sensibile di chi vede nell'arte i
segni anticipatori del destino umano e i sintomi della continua evoluzione
che lo accompagnano e lo sostanziano. Il sentimento di Enrico Oldani è
stato, nella sua accezione aristotelica, contemplazione estetica
di avvenimenti nei quali si è verificata progressivamente
l'evoluzione delle arti con i suoi attributi . Senza la presunzione
di aver, con quanto detto sia pur schematicamente, liquidato una delle
componenti "ideologiche" o filosofiche più evidenti dell'arte di
Enrico Oldani, ma semplicemente con l'intento di interpretare "dal
di dentro" lo spirito e il travaglio, il movente soggettivo più
univoco e costante di quella che fu la sua concezione, volendo così
sottolineare, al contrario, la complessità di un discorso artistico
pregnante di suggestioni, fecondo di stimoli, articolato e
vario nella scelta della tecnica che ritenne artisticamente la più
congeniale tale da sollecitare una percorribilità critica in diverse
direzioni interessanti. Oldani, come avremo modo di constatare più
avanti, ebbe non poche difficoltà a proporre le sue composizioni
pittoriche, ritenute ardite in quanto non rispettanti la forma descrittiva
classica; alcuni critici si spazientivano e perfino rifiutavano queste
novità, altri, abituati a valutare la pittura da un punto di vista
unico trovavano nelle sue opere il risultato di una certa stranezza e perfino
di imperizia. Enrico Oldani nacque a Melegnano il 4 agosto 1914 da genitori
di agiate condizioni sociali, il padre Carlo nativo di Melegnano era di
origini magentine ed esercitava l'attività di panettiere presso
il forno che si trovava in fianco all'Albergo Madonna in via Roma; la madre
Giuditta Bianchi proveniva da una vecchia famiglia aristocratica melegnanese
ed era la zia del Padre Angelino Bianchi missionario in India, un suo fratello
fu anche uno dei fondatori della Banca Provinciale Lombarda. Giuditta Bianchi
Oldani era, quindi, benestante e fu una donna molto ammirata all'epoca:
aveva studiato francese, suonava il pianoforte e nel tempo libero era dedita
ad attività sociali. Enrico Oldani, che era l'ultimo di tre
fratelli, aveva acquisito il carattere in parte sia dalla madre Giuditta
che dal padre Carlo; quindi come entrambi era: estroverso, gioviale, timido,
intraprendente. Sugli atteggiamenti scherzosi del padre di Enrico Oldani,
a Melegnano, si ricorda spesso un aneddoto: quando Carlo, oramai
anziano, si soffermava di fronte alle pubblicazioni di lutto e chiedeva
al primo che passava per caso, chi fosse stato il morto: "...Sciur lu el
po legg perpiasè chi l'è che lè mort ?...." l'ignaro
passante leggeva a voce alta l'annuncio di morte e Carlo replicava scherzoso:
"....che spavent pensevi che seri mort mi!..". La nonna di Enrico Oldani
fu Marianna Rusconi, nata a Barni e maritata Bianchi, fu madre e
nonna di moltissimi Bianchi che amarono Barni e per decenni la elessero
a loro luogo di villeggiatura. La nonna fu una donna dolce e pia, che crebbe
con amore e rettitudine una numerosa famiglia. Enrico frequentò
le scuole elementari a Melegnano con la maestra Ester Bassi De Mita (1885-1944).
La Maestra era un'appassionata di pittura, e tra un dettato ed un problema
di aritmetica, si metteva al cavalletto e dipingeva attorniata dai suoi
scolari attenti e silenziosi. Proprio la maestra Bassi scopriva sempre
più ogni giorno la vocazione all'arte pittorica del piccolo Enrico,
fino a convincerne la famiglia all'iscrizione presso l'Accademia e Liceo
Artistico di Brera in Milano. Oldani stesso ricorda questi momenti in un
suo scritto autobiografico: "....il mio primo lavoro, con gessetti colorati,
lo eseguii su commissione della mia maestra: frequentavo allora la VI elementare.
Dovevo raffigurare sulla lavagna un Presepio con la capannuccia ove Gesù
era nato fra la Madre e S.Giuseppe, tra il bove e l'asinello e tutti i
pastori adoranti. Un incarico che mi fece tremare, timido come ero e come
sono rimasto. Il Presepio ebbe successo e da quel giorno a Melegnano mi
chiamarono il pittorino candido. E' un ricordo questo questo fra i più
vivi della mia vita....". I primi tentativi nel campo della pittura,
quindi, risalgono al periodo scolastico, ma i suoi sforzi diedero risultati
considerevoli soltanto a partire dal periodo della comunità con
altri artisti lombardi del Primo Novecento. I primi risultati possono essere
inseriti soltanto per supposizione nello schema evolutivo dei membri di
questo movimento , ma sicuramente si può affermare che emulò
gli stessi modelli. A Brera, Enrico Oldani, seguì i corsi sino al
1938 nella "Scuola degli Artefici" poi seguì l'Accademia. Nel periodo
accademico ebbe come maestri Aldo Carpi e Achille Funi. Aldo Carpi, già
allievo del pittore melegnanese Stefano Bersani (1872-1914), era in contatto
con il movimento futurista e con le nuove correnti del Novecento, pur rimanendo
autonomo. Virgilio Socrate Funi in arte Achille (1890-1971), invece, accettò
il Futurismo e si adeguò diventando tra i principali fondatori del
movimento artistico del primo dopoguerra, il cosidetto Novecento una corrente
da cui dovevano uscire, poi, artisti di diverse o contrarie tendenze. Enrico
Oldani, nel 1941, conseguì l'ambito titolo accademico e successivamente
adempì agli obblighi di leva. Fu chiamato alle armi in qualità
di ufficiale di complemento dell'Esercito presso la scuola Allievi
Ufficiali di Salerno. Il periodo di permanenza in grigio-verde fu breve,
in quanto fu riformato a causa dell'aggravamento dell'ernia inguinale.
Potè, quindi, dedicarsi alla sua attività alternandosi fra
la pittura e l'insegnamento; divenne professore di materie artistiche in
vari istituti fra i quali a: Lodivecchio, Sant'Angelo Lodigiano, Saronno,
Melegnano, unitamente ad un’altro amico artista melegnanese Agnolo Martinenghi
. Finalmente, nel 1951, fu docente nella stessa Scuola degli Artefici a
Brera, qui Oldani fu insegnante di "nudo" con Gino Moro. Sulla proposizione
artistica era ricorrente, durante le lezioni, sentire il Nostro affermare
agli allievi "...siate voi stessi, a costo di ricevere fischi dagli altri,
siate voi stessi fino in fondo, senza falsità e ipocrisia..." Fu
il primo ad essere coerente con questa sua convinzione, tanto che ancora
oggi è ricordato per la sua schiettezza con cui caratterizzò
i suoi rapporti con gli altri, sia nella vita privata che in quella pubblica,
in occasione di incarichi avuti presso giurie, commissioni ed amministrazioni.
Per tutto il periodo accademico Enrico Oldani mantenne, nella pittura,
uno stile impressionista, studiava in particolare il pittore francesce
Paul Cèzanne (1839-1919), l'artista della passionale irruenza e
del dinamismo cromatico. All'inizio degli anni Quaranta Oldani strinse
amicizie con Ennio Morlotti e Cassinari, con i quali vinse i "Littoriali"
a Bologna, un concorso tra studenti in pieno periodo fascista. Conobbe
altresì pittori quali: Aligi Sassu, Migneco, Remo Brindisi, Guttuso,
Usellini, Gino Moro; scultori quali: Vitaliano Marchini, Marino Marini,
Fabbri e Calvelli. I suoi legami con il mondo culturale e pittorico melegnanese
risalgono agli anni Cinquanta e Sessanta e così l'amicizia
con Giuseppe Motti (1908-1988), Agnolo Martinenghi, il livornese
Paolo Marchetti, Antonio Caminada (1923-1988), Carlo Biggiogero (1902-1981).
Enrico Oldani sortì in pittura - come già accennato -
con un figurativo impressionista, approdando successivamente in modo definitivo
a quella espressionista nella quale meglio si riconoscerà e si identificherà.
La cronologia, nel suo caso, fu quindi sinonimo di progressiva ricerca,
di permanente scavo e approfondimento. Attraverso efficaci esperienze impressionistiche
, acquisì dapprima una padronanza sempre più completa di
una tastiera timbrica e tonale dei valori cromatici e delle tecniche pittoriche,
alternando morbide velature e sottili trasparenze a una più energica
copiosità del colore che, nelle ultime sue opere, furono caricate
di enfatizzazioni materiche e gestuali. Al termine di questo processo di
perfezionamento e di sintesi del linguaggio figurativo, approdò
ad una essenzialità e ad una forza espressiva che lo hanno collocato
di diritto tra i grandi artisti milanesi del Primo Novecento. Dopo che
Enrico Oldani ottenne la cattedra di "Nudo" a Brera non erano lontani
gli anni dei suoi primi successi. Partecipò negli anni Quaranta,
a Roma, alla Mostra Nazionale degli Istituti artistici che si tenne al
Palazzo delle Esposizioni, poi alla Mostra Collettiva di Corrente, nel
1946 partecipò con successo alla I Mostra di Pittura Nazionale "Premio
Bellagio", nel 1947 all'Esposizione d'Arte Contemporanea a Ginevra, nel
1948 alla Mostra Nazionale d'Arte "Aprile Milanese" presso la Villa Reale
a Milano, poi ancora fu presente a Firenze nel 1949 in occasione della
Mostra Nazionale per la ricostruzione del ponte di S.Trinità. Con
l'inizio degli anni Cinquanta, Enrico Oldani, passa ad una pittura espressionista,
nei lavori di quasti anni anni è difficile riconoscere il motivo
celato dagli spessi strati di colori, tanto più che egli rinuncia
ad ogni linea di contorno. Questo perchè - secondo lo stesso Oldani
- la natura stessa non ha contorni. Attraverso tratti brevi e movimentati
e bande lunghe e ondulate, il colore conferisce un movimento vibrante all'intera
superficie del quadro. La sua pennellata è pastosa e dà luogo
in tal modo ad un ermetismo ed una pesantezza insoliti. In alcuni paesaggi
realizzati a Barni nel 1955, carica ulteriormente lo strato di colori sostituendo
la spatola al pennello. Il suo distacco dal lavoro di gruppo e in
particolare dalla pittura novecentista, si ripercuote sullo sviluppo della
sua pittura. La pastosa coltre di colore a macchie di ispirazione impressionista,
che aveva caratterizzato le prime opere degli anni Quaranta, lascia ormai
il posto ad un consolidamento del motivo. Il vivace cromatismo si riduce
a favore dell'incremento del contrasto meno acceso del blu con il giallo
ed il suo colore secondario, il verde. Ma nuovamente il motivo prende forma
da singole pennellate ritmiche che conferiscono anche qui un movimento
nervoso alla superficie del quadro. I quadri di "paesaggio di Marsala",
e "paesaggio autunnale" "La Chiesa", sono tutti immersi nella natura
e nel verde, questo è un motivo frequentato spesso da Enrico
Oldani; Nel dipinto "Meriggio a Varazze" vi domina la forza espressiva
dei colori puri, stesi a larghe bande che riassumono le forme. Il motivo
viene ulteriormente semplificato dalla rinuncia alla rappresentazione dei
dettagli. Le linee, tracciate spontaneamente e senza troppa esattezza,
tracciano in parte i contorni dei campi cromatici confinanti l'uno con
l'altro. Contemporaneamente queste, al pari di un'ossatura, conferiscono
alla composizione stabilità e sostegno. L'immagine è dominata
dal cromatismo aggressivo di una campitura rossa, non troppo modellata,
alla quale l'Oldani, ne oppone altre di colore marrone, verde, blu intenso.
Un quinto colore primario, il giallo, compare qui soltanto come accordo
d'accompagnamento al verde e all'arancio. Il motivo della rappresentazione
perde il significato, tramutandosi in semplice pretesto per un fiume incontrollato
di colore. La combinazione del rosso dominante con il blu oltremare viene
ripresa più volte da Enrico Oldani nei suoi dipinti: "paesaggio
di Barni" ne è un chiaro esempio. Il disprezzo per la colorazione
naturale a favore di una radicalizzazione degli effetti cromatici ha condotto
talvolta a degli equivoci che hanno causato a Oldani l'accusa di una stridente
ed abbagliante policromia. Con i dipinti di quegli anni Oldani raggiunge
la piena maturità e successivamente realizza numerose delle sue
opere migliori: "Testa di Toro", "I Galli", "La Crocefissione" opera quest'ultima
realizzata anche in versione a pastello cera, donata alla Chiesa di San
Gaetano della Provvidenza a Melegnano. Oldani arditamente si volse
al senso del volume e della forza dei colori e venne la graduale distruzione
o deformazione della forma intesa nel senso classico e tradizionale. Si
inserì, quindi, da maestro nella grande corrente della pittura contemporanea,
aboliva le dimensioni dello spazio, toglieva un unico punto di vista della
prospettiva, usava il colore come materia e come soggetto preponderante,
ed il soggetto da dipingere non era più fine a se stesso, ma soltanto
un motivo di partenza. Ne derivava, quindi, una modellazione nuova, una
potenza cromatica decisa, quasi come consapevole programma di ribellione
al vecchio tradizionalismo, e di svecchiamento artistico: sotto le immagini
sconvolgenti e i colori incandescenti ad urlanti si nascondeva la battaglia
contro il conformismo, non con l'intenzione di distruggere per distruggere,
ma con una forza di riscatto e di riesame dell'immobilismo della tradizione.
Il dipinto "natura morta con sedia" esprime a pieno questo passaggio, la
colorazione sembra opporsi completamente al motivo. Risaltano particolarmente
le energiche e visibili pennellate che costruiscono il motivo con superfici
solide e generose. dal punto di vista quantitativo, i toni del rosso e
del blu sono dominanti, ma il contrasto complementare viene accentuato
dalla luminosità del bianco della bottiglia e dell'abbozzo di scultura
raffigurati. Tutti gli oggetti raffigurati spiccano sulla superficie blu
sul lato destro, con un movimento in avanti particolare della sedia rossa.
Qui è collocato il centro del dipinto, verso il quale l'Oldani accompagna
lo sguardo dell'osservatore. Questa opera ebbe un singolare destino
partecipò ad una esposizione negli anni Quaranta alla quale partecipavano
in giuria delle autorità del Fascio, il dipinto non fu ne esposto
e neppure partecipò al concorso in quanto le suddette autorità
scambiarono il rosso del dipinto come simbolo antifascista. Nel 1945, il
pittore melegnanese, contrasse matrimonio religioso con Velia Attanasio,
figlia di Carlo e Maddalena Sommariva, nata a Melegnano il 29 luglio 1920.
Il matrimonio fu celebrato a Melegnano ed è qui che la neocostituita
famiglia si stabilì, prima in Piazza IV Novembre, poi in Via
Frisi dove Velia condusse una profumeria sino al 1945, indi definitivamente
si trasferirono in via Battaglia dei Giganti, in zona Carmine. Il suo impegno
artistico, nel frattempo, non venne mai meno. Egli partecipò a diverse
manifestazioni d'arte fra cui: al Premio Pittura città di Lodi nel
1950, il I Giro d'Italia della pittura contemporanea organizzato dalla
galleria Cairola di Milano e la Mostra Nazionale "Premio Stefano Bersani"
a Melegnano nel 1951, partecipò altresì a concorsi ed esposizioni
anche a Melzo, Gallarate, Desio, Treviglio, Como, Lissone. Alcune fra le
"mostre personali" più importanti sono state svolte nel 1965 alla
Galleria "Città di Piacenza" e al Palazzo d'Arte a Cremona, nel
1967 alla Piccola Galleria di Brescia, nel 1968 Mostra in occasione della
Fiera del Perdono a Melegnano, nel 1969 presso il Gruppo d'Arte G10 a Lodi,
nel 1970 alla Galleria la Cornice a Legnano. Nel 1955 passò ad insegnare
all'Istituto Leone XIII di Milano poi nel 1960 fu prima commissario degli
esami di Maturità Artistica presso l'Istituto delle Suore Orsoline
a Milano, poi insegnante di figura allo stesso Liceo. Nella tematica religiosa,
il pittore melegnanese, esprimeva tutto il suo tormento interiore. Oldani
si rifiutava di dipingere Madonne perchè troppo adorne di bellezza
femminile, troppo calme ed affettuose. Egli non fu, quindi, il pittore
della tenerezza affettuosa come il suo predecessore Stefano Bersani. Fu
nelle crocefissioni che poteva esprimere tutta la costernazione e la sofferenza
di Cristo. Anche la sua opera omnia "testa di toro" fu su questa linea
di linguaggio vigoroso rappresentativo della trasfigurazione drammatica.
Aborriva dalle visioni dolci e idilliache perchè amava le scene
di forte commozione. L'ultimo Oldani, per il quale l'arte è stata
soprattutto approfondimento della propria visione interiore e dei riflessi
e delle risonanze che su di essa si ripercuotono i fatti dell'esperienza,
è stato pittore di "frontiera", collocandosi ai confini di una duplice
visione e utilizzazione del linguaggio artistico, riuscendo , comunque,
a saldare le due prospettive in abile sintesi, guardando ad una pittura
più aperta e problematica, più permeabile alle angosce e
ai sortilegi di un tempo gravido di incertezze. Un'arte, quella di Oldani,
che si colloca alla confluenza tra spontaneità, autopercezione e
liberazione della propria energia interiore. Ecco perchè Enrico
Oldani riuscì a sottrarsi alle esasperazioni individualistiche e
alle sfrenatezze narcisistiche di tanti artisti del suo tempo. Pur nell'accensione
espressionista del colore, pur nell'automatismo e nella gestualità
direttamente emanati da regioni misteriose dell'inconscio, rimane, si deformata
e confusa nell'angoscia e nel magma di una transizioni di valori
che caratterizza la nostra epoca, ma mai tradita, la figura dell'uomo che
lotta per emergere dai conflitti dell'esistenza che da ogni parte lo incalzano.
Indispensabili sono state le occasioni che, le associazioni culturali e
le pubbliche amministrazioni, hanno offerto alla sensibilità e alla
cultura dei cittadini perchè possano arricchirsi dei valori e delle
esperienze artistiche e umane, come quella di Enrico Oldani ricordato,
per il venticinquesimo anniversario dalla morte, nella presentazione
della mostra collettiva di Natale 95 del Circolo Artistico Melegnano
tenutasi lo scorso dicembre presso le Sale dell'ex Asilo Trombini in via
Opificio a Melegnano. Enrico Oldani finiva la sua giornata terrena il 29
novembre 1970, colpito da un'embolia causata da un'intervento chirurgico
di ernia. I suoi funerali, sono stati una profonda testimonianza di affetto,
di riconoscenza e di stima. Diverse sono state le mostre postume dell'artista
melegnanese fra cui la più importante tuttavia rimane quella organizzata
dal Comune di Melegnano nel marzo 1972. Il 5 agosto 1990, il Comune di
Barni, dedicava una piazza all'artista melegnanese; anche Melegnano, sua
città, natìa gli aveva dedicato una piazza negli anni Ottanta,
ubicata in zona Montorfano, ove solo di recente vi si è stata apposta
una dignitosa indicazione. |