Quando nacque la moneta? Cioè
quando gli uomini trovarono un mezzo di scambio che facesse astrazione
dal prodotto scambiato, ma servisse da unità di scambio?
Gli antichi storici immaginarono
che un determinato personaggio fosse stato l’artefice della creazione della
moneta inventando teorie che attribuivano a Creso piuttosto che a Teseo
o a Fidone o ad altri la paternità di quell’invenzione. La moneta
invece non è stata il frutto di una mente eccelsa, ma piuttosto
il punto di arrivo di un processo di organizzazione e regolamentazione
degli scambi commerciali. La stessa etimologia della parola moneta dal
greco monytes = indicatore (cioè una cosa che rappresenta qualcos’altro),
trasferitasi poi a Giunone Moneta, come attributo della dea che presiedeva,
presso i Romani, la tutela della Zecca di stato e di lì per metonimia
al denaro prodotto dalla Zecca. La capacità degli uomini di
viaggiare e conoscere altri uomini ha creato l’esigenza di una regola di
baratto che tutelasse le parti contraenti; la società civile si
è andata via via consolidando, sono andate aumentando le regole
cui bisognava adattarsi per evitare che uno potesse prevaricare o abusare
di un altro. Il baratto cioè la possibilità di scambiare
merce sottintendeva una capacità di astrazione che consentisse di
riferirsi ad un prodotto come quote di un altro e questo fu ovviamente
un passo molto importante verso quell’astrazione assoluta che è
l’istituzione della moneta. Tra i popoli antichi Egizi e Fenici effettuavano
i loro scambi servendosi del baratto. Per poter normalizzare lo scambio
di merci si arrivò ad individuare un prodotto di riferimento cui
potessero essere parametrati gli altri prodotti, si era arrivati ad un
passo dall’istituzione della moneta. Chiaramente la merce di riferimento
era diversa da popolo a popolo e da epoca ad epoca, nell’area mediterranea
prese piede l’uso di attribuire al capo di bestiame un valore di riferimento.
La nostra lingua mantiene ancora tracce di quest’epoca storica, ad esempio:
con il vocabolo capitale noi identifichiamo la ricchezza di qualcuno, capitale
ha origine dal vocabolo latino capita (caput, capitis = capo, plurale capita
= capi (di bestiame)); con il termine peculio si identificano gli averi,
con il termine pecunia si identifica il denaro, peculio e pecunia derivano
da pecus = bestiame. L’uso del bestiame come unità di misura
aveva qualche controindicazione quando l’oggetto di scambio non corrispondeva
come valore al minimo consistente in un capo. Si poteva scambiare un certo
quantitativo di riso o di grano o di vino con una bestia, ma se uno voleva
comprarne solo una parte le cose si complicavano, i tempi erano maturi
per il passaggio ad un altro strumento che consentisse scambi più
modesti. Le granaglie per la loro deperibilità mal si adattavano
alla bisogna, mentre i metalli, sempre più richiesti dall’incremento
dell’artigianato e dal bisogno di dotare la nazione di un esercito più
efficiente, sembravano adattarsi meglio allo scopo. La prima forma di moneta
fu rappresentata quindi da degli anelli di metallo (prevalentemente rame),
che comparvero in Asia minore come mezzo di scambio circa nel 1700/1600
a.C. Esistono tracce di questa usanza sia nell’Egitto antico che in Palestina.
Dall’anello si passò al lingotto e, verso l’800 a.C., nelle colonie
greche, i mercanti iniziarono a marcare i loro lingotti con un loro sigillo
che attestasse la qualità e l’uniformità del peso ed iniziarono
ad utilizzare piccoli dischi di metallo più prezioso del rame quali
l’argento, l’oro ed una lega di oro e argento (elettro), con il loro sigillo
impresso sopra. La moneta, come la concepiamo oggi era quindi nata, dapprima
come esigenza dei traffici commerciali, quindi basata sulla figura del
mercante che garantiva con il proprio sigillo il valore del disco di metallo,
poi dall’organizzazione statale che intravide la potenzialità dello
strumento, soprattutto come elemento di controllo dei traffici e della
distribuzione della ricchezza, fino ad arrivare ai giorni nostri dove all’oro
ed all’argento si sono sostituiti dei pezzi di carta privi di valore intrinseco,
ma legati esclusivamente alla fiducia che la gente ripone nella struttura
statale. Dalla moneta strumento di scambio munita di un valore intrinseco
equivalente, si è così passati alla cartamoneta che può
essere considerata come rappresentante una minuscola fettina di fiducia
nei confronti dello Stato che la emette. Magfgiore è la fiducia
nei confronti dello Stato maggiore sarà il valore attribuito dalla
comunità internazionale a quella moneta. I rapporti intermonetari
sono pertanto funzione della maggiore o minore fiducia che la comunità
internazionale nutre nei confronti di uno Stato. |