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Dicius ovvero Detti e proverbi del Campidano di Sardegna
parte seconda

A cosas fattas no serbit pentimentu. A cose fatte non serve pentirsi. Il proverbio stimola a riflettere seriamente  prima di commettere irrimediabili errori, nei confronti di se stessi, come anche degli altri.

(A) kini sceberat meda nc’arruit a sa medra. Chi si attarda nella scelta cade nella cacca. Dicesi di chi è fortemente indeciso nelle scelte di una certa importanza. Ad esempio dei giovanotti o delle ragazze che pretendono troppo nella scelta del coniuge.

A kini spudat a celu, sa serca nci dhi torrat a facci. A chi sputa al cielo lo sputo gli ricade in viso (chi sputa il cielo, sputa se stesso). In senso strettamente religioso il detto raccomanda il rispetto ed il timor di Dio. In senso civile insegna che chi si comporta in maniera poco equilibrata è spesso vittima delle proprie stoltezze.

A kini tenit conca, no dhi mancat barrìtta. A chi ha la testa a posto non manca berretta. Chi conduce la propria esistenza in modo assennato, senza lasciare molto spazio alle incertezze, ha il capo protetto e ben riparato, in tutti i sensi, anche economicamente.

(A) kini timit cosa depit. Chi ha paura deve qualcosa. Chi ha paura di qualcosa o di qualcuno non ha la coscienza a posto. Chi ha fatto torto ad altri deve aspettarsi la ritorsione.

(A) kini timit s’acua, no bandit a mari. Chi ha paura dell’acqua non vada al mare. Il detto insegna che quando si ha forte paura di affrontare una situazione pericolosa è meglio lasciar perdere.

A kini troppu y a kini nudda. A chi troppo e a chi nulla. Sono purtroppo gli scherzi della sorte. C’è chi ha tanto e chi invece non ha niente. È ben vero che non bisogna arrendersi davanti all’avversa fortuna.

A contus malus si doy torrat. Quando i conti non tornano, bisogna rifarli. Dice sempre “Antonino Mameli”: “I conti sono conti e devono tornare”! I conti falsi non quadrano mai! Chi fa conti falsi si deve aspettare proteste e ritorsioni. Le prime proteste arrivano dalla propria coscienza.

A cropu, a cropu si ndi segat sa matta. Colpo dopo colpo si taglia un albero. Con la pazienza si raggiungono i traguardi; la fretta è cattiva consigliera; chi va piano va sano e va lontano.

A cuaddu becciu funi noba. A cavallo vecchio nuova cavezza. Sembra un controsenso, ma in realtà è un avvertimento per certe persone anziane, che, per un exploit di ardimentoso spirito si accingono a fare cose di gioventù, che potrebbero poi rivelarsi nocive per se e per gli altri.

A cuaddu bonu no dhi mancat sa sedda. Al buon cavallo non manca la sella. Del buon cavallo il padrone se ne serve e non gli manca sella  e fieno. Il servo fidato trova sempre lavoro. Il buon operaio è lodato dal proprio padrone. Il proverbio ha perso un po’ del suo antico valore: oggi i rapporti tra “servo” e “padrone” hanno assunto (meno male) un valore ed una terminologia ben diversa.

A cuaddu donàu no sceberis su piu. A cavallo donato non guardare il pelo. (“A cavallo donato non guardarlo in bocca”). Quando ti fanno un regalo, accettalo così com’è, senza troppe pretese!

A cumandai est in cabàda, a ponni menti in pesàda. Il comandare è in discesa, l’obbedire in salita. Questo detto va bene per tutti, grandi e piccoli, maschi e femmine.

A Deus y a su rei no si cumandai. A Dio ed al re non si comanda. Nella vita ci sono cose che non si possono fare. È dovere per tutti obbedire alle leggi civili ed a quelle religiose. Anarchici e miscredenti non sono visti di buon occhio.

A Deus y a su rei no si narat ca no. A Dio ed al re non si dice di no. È un po’ come il precedente. Bisogna rispettare le leggi civili e religiose.

A dhi sonai is campaneddas in origas. A suonargli le campanelle nelle orecchie. Il proverbio si adatta a tre situazioni diverse: 1) a quando si hanno rimorsi di coscienza per azioni inconsulte; 2) in riferimento ad una promessa ripetuta e non mantenuta; 3) alla situazione in cui uno si trova quando ha la sensazione che altri dicano male di lui.

A dhu conosci in sa santa groria. A conoscerlo nella santa gloria (in paradiso); sostituisce spesso la parola “condoglianze”. Si dice anche “a dhu conosci in su celu” = a conoscerlo in cielo.

A dì a dì toccat su casu. Oggi tocca a me domani a te. Nel male e nel bene. Il detto comunque vuole consigliare la riflessione prima di agire: è un invito alla moderazione.

A donnyùnu s’arti sua. A ciascuno il suo mestiere. Il proverbio vuole essere un avvertimento per chi pretende di fare cose per cui non è preparato. È inutile che uno voglia fare l’avvocato quando per tutta la vita ha fatto il ciabattino ed i suoi studi si sono conclusi con la 5^ elementare!


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