ιχθύς – ισχύς
Storia di un pesce semiserio,
ma non d’aprile…
Don Vincenzino Corrias non era un uomo di piccola
stazza, come si potrebbe immaginare dal nome, ma era grande e grosso,
non come una montagna, ma almeno quanto una collina e con una testa
enorme, grande quasi quanto uno starello*.
Era un prete particolare, poiché prima
di essere tale era stato un uomo sposato, ma senza figli ed avendo perso
per avversa fortuna la moglie, all’età di 50 anni si era fatto prete.
Però per noi era il professore di latino e greco. Veniva da Cagliari,
era fratello di Efisio Corrias, già presidente della Regione
Sarda. Era un uomo molto attivo, e, se di mattina badava a noi studenti
del Liceo Classico di Villacidro, di pomeriggio si trasformava in padre
spirituale per i giovani detenuti del carcere cagliaritano di Buoncammino.
La giovialità e la magnanimità in lui si alternavano alla
severità ed al rigore, tanto è che a noi studenti talvolta
veniva il dubbio che ci confondesse con i nostri coetanei più sfortunati!
L’ora di lezione per lui, e pertanto anche
per noi era ora di lavoro. Ci concedeva anche le pause, ma dopo il lavoro
e siccome il tempo non bastava mai, anche la pause erano piuttosto rare.
Nonostante la sistematicità delle sue
lezioni e la scabrosità delle materie d’insegnamento, latino e greco,
le ore con lui se ne andavano in un baleno: mai per quanto io ricordi,
che ci fosse stato un momento di noia, almeno per me!
Riusciva ad alternare le spiegazioni, solitamente
di breve durata, con le prove orali, durante le quali, chi stava al posto
era tenuto a seguire come chi era alla cattedra. Non accettava scuse di
sorta, anzi solo all’aprir bocca si era già in cattedra, chiamati
alla traduzione e analisi dell’ultimo brano assegnato per casa: in via
eccezionale chiedeva solo sino al penultimo brano!
Per i voti usava un metro “millimetrato”:
immancabilmente da zero a dieci, con tutte le sfumature dei “mezzi”, dei
“più” e dei “meno”. Pertanto era quasi impossibile che, soprattutto
nei compiti in classe, due studenti prendessero lo stesso voto.
Le traduzioni in classe avevano regolarità
settimanale, sia per latino che per greco, ragione per cui il suo registro
era sempre zeppo di voti. Durante gli scritti si marciava a cronometro
ed al secco ordine: “Posate le penne”! Bisognava obbedire senza indugio
(nulla interposita mora), pena un mezzo punto, se non un punto in meno.
I suoi rigorosi atteggiamenti erano però
di gran lunga superati dalla magnanimità del suo grande cuore e
dalla grandezza di educatore oltre che di docente!
Anche i più recalcitranti o i meno
“dotati”, nelle sue materie riuscivano alla fine ad ottenere risultati
mediamente sufficienti, grazie quindi ai suoi stimoli, mirati a puntino
e con grande saggezza. E siccome i quotidiani stimoli spronavano tutti
quanti a far sempre bene e meglio, ecco che soprattutto il compito in classe
diventava regolarmente una gara fra di noi, anche perché egli, tale
voleva che fosse! E chi consegnava per primo il brano, interamente tradotto,
o di latino o di greco, si “beccava” il suo elogio ufficiale oltre a qualcosa
in più nel voto: un semi elogio era riservato al secondo. Pertanto
noi tutti ci eravamo appaiati di conseguenza e ciascuno s’era scelto il
compagno preferito. Io ero rimasto senza il compagno “forte”, mio malgrado,
ma mela cavavo comunque egregiamente anche con Antonio, che nonostante
qualche incertezza di base, teneva una eccezionale velocità nello
“sfogliare” il vocabolario, che era indispensabile soprattutto nelle versioni
di greco.
E così grazie alla collaborazione di
Antonio, riuscivo spesso a consegnare per primo, per l’elogio pieno
ed Antonio per secondo, per l’elogio a metà! Nella coppia dovevo
essere io il primo, immancabilmente, e non mi rendevo conto della mia immensa
alterigia; Antonio non dava mai segni di rivalsa ed accettava di volta,
in volta il fatto come scontato! E si che di età era più
attempato di me e dal suo viso scarno e pallido, reso ancor più
“saggio” dagli occhialini alla Gramsci**, traspariva tutta la maturità
di un uomo, mentre io, a guardarlo, mi sentivo un “bambino”, ma con tanta
presunzione. Infine anche lui, almeno per una volta, volle tornare “bambino”
e ambizioso come me!
La fatica propostaci da professor Vincenzino
fu proprio una delle “Fatiche di Ercole”, quella contro il “Leone di Nemea”:
dal greco in italiano. Mentre il professore continuava a scrivere il testo
alla lavagna, Antonio seguiva “a ruota” con la ricerca dei vocaboli ed
io dietro con la traduzione, che prendeva, di mano in mano senso e consistenza!
Le “coppie forti” attendevano ancora l’ultima parte del testo e noi eravamo
avviati verso una ulteriore vittoria. E quando già io ero all’impatto
finale tra Ercole ed il feroce Leone della Valle dell’Argolide in Grecia,
mancando l’ultimo vocabolo per completare i nostri capolavori, inavvertitamente
Antonio chiuse il suo compito con frenesia e con piglio da campione,
e lo consegnò al professore! Io non ci rimasi né bene, né
male, non ci rimasi per niente, perché mi sentii smarrito, stritolato,
vinto da tanto furore. Chiesi comunque il significato di quel ultimo, fatidico
vocabolo: “Pesce – mi rispose Antonio, con un sorriso malizioso, inconsueto
per lui e che non gli dava certo l’aspetto del saggio – pesce – ribadì
con vigore e si sfregò le mani in segno di soddisfazione.
Io intanto, pur mezzo frastornato per lo smacco,
ebbi modo e tempo di riflettere sul significato suggerito, che non mi suonava
per niente bene, poiché chiudeva il brano in maniera un po’
troppo rocambolesca… “ed Ercole stritolava il feroce Leone di Nemea con
il suo smisurato pesce”! Perbacco, la cosa non era per niente convincente.
Presi il “Rocci”*** e cercai con cura e calma, tanto ormai il primo posto
se ne era andato ed il secondo non mi interessava affatto! … ισχύς,
ισχύς…
eccolo vuol dire “forza”! Dunque il conto tornava: “Ercole uccise il feroce
Leone di Nemea con la sua straordinaria forza! Antonio, nella furia di
passare per primo il traguardo, aveva scambiato ισχύς con ιχθύς, che vuol
dire appunto pesce!!!
Il giorno successivo, come di consueto, prof.
Vincenzino ci portò i compiti corretti e col voto: “Antonio, tutto
bene il tuo brano, ma questo pesce finale suona piuttosto stonato”!
Risi, risi come un matto, beccandomi persino
il solenne rimprovero del professore!
Il forte senso di imbarazzo provato da Antonio,
che tra l’altro stimavo come un fratello maggiore, mi fece riflettere parecchio
e da quel momento smisi di essere un “bambino insolente”, di 18 anni, e
cominciai a diventare adulto, quasi quanto Antonio, che lo era già
da parecchio!
Da quel giorno in poi, quando la vittoria
toccò alla nostra coppia, il primato andò una volta a me,
un’altra ad Antonio: fui orgoglioso anche del secondo posto!
· * misura di capacità corrispondente
a circa 50 litri.
· ** Antonio Gramsci, letterato, politico
e pensatore del Primo Novecento (Di. Sto. Sa.).
· *** Vocabolario Greco – Italiano
– Lorenzo Rocci.
Peppi |