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De bello gildonico pag. 6
Claudius Claudianus
284.  Tollite Massylas fraudes; removete bilingues
285.  Insidias, et verba soli spirantia virus.
286.  Ne consanguineis certetur comminus armis,
287.  Ne, precor: haec trucibus Thebis, haec digna Mycenis;
288.  In Mauros hoc crimen eat. Quid noster iniquum
289.  Molitur Stilichon? Quando non ille iubenti 
290.  Paruit? An quisquam nobis devotior extat?
291.  Ut sileam varios, mecum quos gesserit, actus;
292.  Quae vidi post fata, loquar: cum Divus abirem,
293.  Res incompositas, fateor, tumidasque reliqui.
294.  Stringebat vetitos etiamnum exercitus enses
295.  Alpinis odiis; alternaque iurgia victi
296.  Victoresque dabant: vix haec amentia nostris
297.  Excubiis, nedum puero rectore, quiesset
298.  Heu quantum timeo vobis, quid libera tanti
299.  Militis auderet moles, cum caeca remoto
300.  Ferveret iam laeta metu! Dissensus acerbus,
301.  Sed gravior consensus erat: tunc ipse paterna
302.  Successit pietate mihi; tenerumque rudemque
303.  Fovit, et in veros eduxit principis annos:
304.  Rufinumque tibi, quem tu tremuisse fateris,
305.  Depulit: hunc solum memorem, solumque fidelem,
306.  Experior: volui si quid, dum vita maneret,
307.  Aut visus voluisse, gerit: venerabilis illi,
308.  Ceu numen praesensque, vocor. Si tanta recusas,
309.  At soceri reverere faces; at respice fratris
310.  Connubium, pignusque meae regale Serenae.
311.  Debueras etiam fraternis obvius ire
312.  Hostibus, ille tuis. Quae gens, quis Rhenus et Ister
313.  Vos opibus iunctos, conspirantesque, tulisset?
314.  Sed tantum permitte cadat: nil poscimus ultra.
315.  Ille licet sese praetentis Syrtibus armet,
316.  Oppositoque Atlante tegat; licet arva referta
317.  Anguibus, et Solis medios obiecerit aestus;
318.  Novi consilium, novi Stilichonis in omnes
319.  Aequalem casus animum: penetrabit arenas:
320.  Inveniet virtute viam: sic Divus; et inde
321.  Sic natus: Iussis, genitor, parebitur ultro.
322.  Amplector praecepta lubens: nec carior alter
323.  Cognato Stilichone mihi: commissa profanus
324.  Ille luat: redeat iam tutior Africa fratri.
325.  Talia dum longo secum sermone retexunt,
326.  Hesperiam pervenit avus, castumque cubile
327.  Ingreditur, Tyrio qua fusus Honorius ostro
328.  Carpebat teneros Maria cum coniuge somnos.
329.  Assistit capiti: tunc sic per somnia fatur:
330.  Tantane devictis tumuit fiducia Mauris,
331.  Care nepos? Iterum, post me, coniurat in arma
332.  Progenies vesana Iubae, bellumque resumit
333.  Victoris cum stirpe sui? Firmumne iacentem
334.  Obliti, Lybiam, nostro sudore receptam,
335.  Rursus habent? Ausus latio contendere Gildon?
336.  Germani nec fata timet? Nunc ire profecto
337.  Nunc vellem, notosque senex ostendere vultus.
338.  Nonne meam fugiet Maurus, cum viderit, umbram?
339.  Quid dubitas?exurge toris: invade rebellem.
340.  Captivum mihi redde meum: desiste morari.
341.  Hoc generi fatali tuo: dum samguis in orbe
342.  Noster erit, semper pallebit regia Bocchi.
343.  Iungantur spoliis Firmi Gildonis opima.
344.  Exornet geminos Maurusia laurea currus.
345.  Una domus toties una de gente triumphet.
346.  Di bene, quod, tantis interlabentibus annis, 
347.  Servati Firmusque mihi, fraterque nepoti.
Respingete l’inganno africano, allontanate le insidie bilingui (61) e le parole impestate dal sole. Che non si arrivi a una guerra fratricida, ve ne scongiuro, questa è cosa degna della feroce Tebe (62) o di Micene (63); che tale crimine ricada sui mauri.
Che ingiustizie ha commesso il nostro Stilicone? Quando mai ha disubbidito a un tuo ordine? V’è forse ancora qualcuno a noi più devoto? Per non parlare delle imprese compiute al mio fianco! Dirò quello che ho visto dopo la mia morte: andandomene tra gli Dei, ho lasciato - lo confesso -  molte cose incompiute e animi ribollenti di passioni. L’esercito stringeva ancora le spade proibite per odii alpini e vinti e vincitori si ingiuriavano a vicenda: questa pazzia si sarebbe a stento placata sotto la mia vigilanza, figurarsi che avrebbe potuto fare un fanciullo al posto di comando! Quanto ho temuto per voi figli! Che cosa avrebbero osato guerrieri così valorosi se fossero stati liberi. allorché, scomparsa la paura, si diedero a cieche sfrenatezze. Il dissenso era acerbo ma più grave ancora il consenso: proprio allora quello mi succedette nell’amore paterno e sostenne il bambinello inesperto allevandolo fino all’età giusta per un principe e ti allontanò quel Rufino (64) davanti al quale confessi di avere tremato. La mia esperienza mi dice che lui solo ti è riconoscente, lui solo fedele; se mai qualcosa io ho voluto da vivo o se anche solo sembro che la volessi, ebbene, quello la fece; mi invoca e mi venera come una divinità benevola. Se rifiuti servigi così grandi riveriscilo almeno come suocero, almeno rispetta le nozze di tuo fratello e il figlio regale della mia Serena. (65) Tu avresti dovuto marciare contro i nemici di tuo fratello ed egli contro i tuoi: quale popolo sul Reno e sull’Istro avrebbe potuto resistere allora alle vostre forze riunite e alla vostra concordia? Lascia che Gildone solo perisca, non chiedo di più; lascia che quello si armi con le Sirti africane e che si copra opponendoti l’Atlante. Ci opponga pure i campi pieni di serpenti e il calore del sole meridionale; conosco la prudenza di Stilicone, conosco il suo animo imperturbabile in ogni situazione: egli entrerà su quelle distese di sabbia e troverà la via giusta col suo valore.” Così parla Teodosio e di rimando il figlio: “Ubbidirò ai tuoi ordini, padre, e di buon grado farò tesoro dei suoi insegnamenti. Né alcun altro parente mi sarà più caro di Stilicone; che l’empio Gildone sconti i suoi misfatti e che l’Africa, ormai sicura, ritorni in possesso di mio fratello.”
Mentre i due si svelano in questo lungo dialogo le loro intenzioni, l’avo giunge in Italia ed entra nel casto talamo dove Onorio, disteso su un tessuto di porpora, gode dolci sonni con la moglie Maria. (66) Si avvicina al suo capezzale e così gli parla attraverso il sonno: “E’ forse cresciuta la fiducia dei mauri dopo la loro sconfitta, caro nipote? Di nuovo, dopo di me, congiura in armi la stolta progenie di Giuba, (67) riprendendo le ostilità coi discendenti del suo vincitore? Dimentiche della fine di Fermo, (68) essi possiedono di nuovo la Libia recuperata dal mio valore? Gildone osa misurarsi coi latini? E non teme il destino di suo fratello? Se potessi marciare ancora contro di lui e mostrargli anche da vecchio il mio aspetto, che quello ben conosce! Non fuggirà forse il mauro perfino la mia ombra, quando la vedrà? Ne dubiti forse? Alzati da questo letto, attacca quel ribelle e riconsegnamelo prigioniero; non indugiare più. Questo vuole il destino della tua razza; finché al mondo vi sarà una goccia del mio sangue, sempre impallidirà la reggia di Bocco. Le spoglie opime di Gildone siano unite a quelle di Fermo; l’alloro mauritano adorni il tuo cocchio, come ha adornato il mio. Un solo casato trionfi più volte di una sola popolazione! O Dei, vi ringrazio che, a distanza di anni, avete riservato Fermo a me e Gildone a mio nipote.”
 
 
NOTE
61 Nei territori dominati da Gildone si parlava, oltre al latino, anche il fenicio. Potrebbe però anche essere allusione alla lingua che parla falsamente.
62 Grande e famosa città dell’Egitto, sulle rive del Nilo, nel sito delle odierne Luxor e Karnak. Il poeta si riferisce qui genericamente alle alterne vicende che contraddistinsero tragicamente la vita della città. Durante la X dinastia, ad esempio, i nomarchi di Tebe si ribellarono ai faraoni impadronendosi di tutto il paese e dando inizio alla XI dinastia; o ancora: nel 663 a.C., durante l’invasione di Assurbanipal, la città fu completamente distrutta e i suoi abitanti ridotti in schiavitù.
63 Città dell’Argolide, residenza del re Agamennone. Si allude qui alla notissima vicenda del suo assassinio ad opera della moglie Clitemnestra e del di lei amante Egisto e alla successiva vendetta del figlio Oreste.
64 Il potente prefetto del pretorio che alla morte di Teodosio soggiogò il giovane Arcadio fino a fargli sposare la propria figlia. Ma durante la sua assenza il gran ciambellano di corte, l’eunuco Eutropio, riuscì a convincere il sovrano a prendere in moglie la bellissima Eudossa, figlia del generale franco Bauto. Rufino non ebbe il tempo di reagire perché l’impero d’Oriente era  incalzato dagli Unni in Tracia e Asia Minore e dai Marcomanni in Pannonia. Per di più Stilicone era giunto col suo esercito fino in Grecia per contrastare i Visigoti di Alarico. Il grande generale fu fermato da un ordine di Arcadio ma organizzò l’uccisione di Rufino per mano del generale goto Gainas. L’impresa riuscì ma il posto di Rufino fu preso da Eutropio che lo fece dichiarare dal debole Arcadio nemico dell’impero accusandolo di connivenza con Alarico. In tal modo la rottura tra le due parti dell’impero divenne totale. Di qui la lunga perorazione di Claudiano per difendere Stilicone e ritrovare l’unità.
65 Stilicone aveva dato in moglie all’imperatore Onorio la propria figlia Maria e aveva sposato Serena, nipote e figlia adottiva dell’imperatore Teodosio.
66 Cfr. nota precedente.
67 Re di Numidia, fedele partigiano di Pompeo.
68 Cfr. Introduzione.

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