Milano |
Mediolanum. l) (Più antica la
forma Mediolanium: sull’oscillazione delle forme nominali: CIL V p.
633), da cui, attraverso uno dei più singolari rovesciamenti di parola, si
originò Mailand. Il nome Mailand si spiega, secondo A. v. Hofmann
(Das Land Italien u. seine Gesch. 70), così: ‘Mediolanum un nome celtico; nel
dialetto gallico medio viene cambiato in mi e la desinenza finale
cade: Milan. I tedeschi allungano la i in ei (la
cosiddetta rotazione consonantica bavarese). Meilan diventa perciò
l’esatta forma tedesca. La trasformazione di questo Mei nel mese Mai,
l’aggiunta della d, infine la strana allusione, così ottenuta, a un
clima più mite’ portano a questa strana trasformazione. Come toponimo M.
s’incontra abbastanza spesso nel territorio celtico della Francia e
dell’Inghilterra. Holder Altcelt. Sprachschatz e Hirschfeld in CIL XIII l
p. 138 e S.-Ber. Akad. Berl. 1894, 342
seg. Inspiegabile è la
derivazione del nome da un cinghiale lanoso riportata da Sidon. Apoll, ep. VII
17, 20: lanigero de
sue nomen habuit (cfr. su ciò
Claudian. nupt. Hon. Aug. 182: moenia
Gallis condita lanigeri suis ostentantia pellem). Sulla posizione dice Nissen (Ital.
Landesk. II 180): ‘La località venne
scelta in considerazione degli sbocchi delle valli alpine; essa è lontana 50 km
dall’estremità meridionale del Lago Maggiore, 35 km dall’estremità meridionale
del braccio occidentale del Lago di Como, 40 km. da quello orientale; si trova
sulla riva sinistra dell’Olona (Geogr. Rav. IV 36), che proviene dal Lago di Varese, non lontano dal Lambrus (oggi
Lambro: Plin. n. h. III 118. 131. Sidon. Apoll, ep. I 5, 4. Tab. Peut. e Geogr. Rav. IV 36), che viene dal Lacus Eupilis e
accoglie quello (Olona?) più in basso. Dalla sommità del duomo di Milano
si domina con lo sguardo l’alta montagna in tutta la sua estensione dal Monte
Viso fino alla vetta dell’Ortler,
a sud la pianura e l’Appennino. Così qui v’è un nodo centrale di traffico dal
quale si dipartono le strade verso tutte le regioni principali. La distanza
delle città più vicine all’intorno è segnalato dagli itinerari in questo modo:
per Novara 33 miglia romane, Pavia 22, Lodi 16, Bergamo 33, Como 18 (28?). Mancano i mezzi per stabilire
esattamente i confini del territorio cittadino verso questi vicini (cfr. però
la fine di questo articolo). Poiché Mediolanum e Comum appartengono alla Tribus
Ufentina, le iscrizioni, pur essendo numerose nel territorio collinare a sud
dei laghi, sbagliano nel dividere la proprietà reciproca. Tuttavia veniamo a
sapere dal comasco Plinius, che gli Insubri, cioè i terreni milanesi, cessavano
a 8 mp. di distanza dal Lago di Como (n. h. X 77; cfr. vita Iul. l, 2). Parimenti, il territorio collinare a ovest del
lago di Como fino a quello di Varese si deve assegnare a quest’ultimo e non al
comune di Milano (CIL V p. 587 e alla fine di questo articolo). A questo toccò
invece un enorme ampliamento nel 15 a.C.: possiamo, infatti, concludere
che il Lago Maggiore e tutte le
valli fin su al San Gottardo spettarono a Milano, poiché in nessun luogo s’incontra una comunità cittadina indipendente.
La superficie territoriale deve in tal modo essersi disposta su 4500 km².' La città era l’erede, anche se non
esattamente per posizione, dell’etrusca Melpum (Plin. n. h. III 125), che per la sua collocazione sui passi alpini
centrali (v. sopra) fu uno dei luoghi più importanti della lega delle dodici
città settentrionali degli Etruschi fino alla fondazione di M. Secondo Livio (V
34. Iustin. XX 5, 8. Plin. n. h. III
124) M. fu una fondazione degli Insubri gallici immigranti e il loro centro
principale (Polyb. II 34, 10.
Strab. V 213 e Plin. op. cit., inoltre anche O. Hirschfeld S.-Ber. Akad. Berl. 1894. 338 segg.). Certamente Strab. op. cit. dice: Ινσουβροι
δέ καί νυν εισί
Μεδιολάνιον δ’ έσχον μητρόπολιν, πάλαι μέν κώμην (άπαντες
γάρ ώκουν
κωμηδόν) νυν δ’αξιόλογον
πόλιν, ma, sebbene egli lo chiami villaggio, risulta chiara dalle
antiche testimonianze la primitiva importanza: Polyb. op. cit. Μεδιολάνιον…όσπερ
εστί
κυριώτατος
τόπος τής των Ινσόμβρων
χώρας Plut. Marc. 7: Πόλιν
μεγίστην καί
πολυανθρωποτάτην
των Γαλατικων
Μεδιάλανον (cfr. sopra le diverse forme nominali!) καλείται
καί μητρόπολιν αυτήν
οι τηδε Κελτοί
νομίζουσιν. Oros. IV 13.15: inter multa Insubrium oppida,
Mediolanium quoque
urbem florentissimam cepit. La fondazione di M. è dunque avvenuta nel V/IV secolo per opera
degli stessi Galli che, secondo Nepote in Plinio, distrussero Melpum nel 396. Sulla posizione di Melpum cfr.
P. Ducati (Etruria antica. Torino 1918,
II 13): ‘è probabile che Melpo sorgesse tra Milano e Treviglio, laddove c’è ora il borgo di Melzo’. Nel 222 ebbe
termine il dominio dei Galli poiché Cn. Scipione in quest’anno conquistò la
località (Polyb. II 34. Eutrop. III 6. Oros. 4, 13. Plut. Marc. 7), ma subito dopo scoppiò la guerra
annibalica e anche M. sfruttò l’occasione per ribellarsi. La sconfitta
definitiva cade dunque solo nel 194 a.C. Da allora la città sta stabilmente
dalla parte di Roma. (Liv. XXXIV 46). La Lex Pompeia del 89 a.C. sembra poi aver portato anche ad essa, come a tutte
le città della Transpadana, il diritto latino, attraverso il quale la
costituzione territoriale venne trasformata in una costituzione cittadina e i
villaggi insubri vennero subordinati alla città di M. Nel 49 la lex Iulia portò
il diritto civico romano. Appartenente alla Tribus Ufentina, Tacito (hist. I 70) nel 70 d.C. la dice uno dei
più stabili municipi dell’Italia, mentre Strabone (V 213), classifica M. e Verona come più
grandi di Brescia, Mantova,
Bergamo e Como, più piccole di Padova. Lo sviluppo fu dato anche dall’apertura
operata da Augusto delle strade alpine a partire da M. (Suet. Aug. 20 e de
gramm. 30 p.126 R.). I luoghi
culturali di M. godono di ottima fama (Plin. ep. IV 13; anche Virgilio sembra
averli utilizzati: Suet. p. 43, 45 R.; cfr. Nissen II 181). Le iscrizioni
confermano la condizione di municipium; sotto Adriano diventa colonia
(Kornemann sopra vol. IV pag. 538 e CIL V p. 634). Le
iscrizioni la chiamano o C(olonia) A. A. M(ediol.), o più
brevemente A. [M.], o A. [A.], oppure, divergendo, C. A. A. F. M;
l’interpretazione di questi segni non è ancora sicura. Patria di Statius
Caecilius (Hier. chron. a. Abr. 1838), M. è stata sempre di grandissima
importanza come nodo stradale e porta d’Italia verso l’Europa centrale.
Dapprima il traffico, visto dal punto centrale di Milano, si spinse a sud /est,
poi a sud/ovest, prima verso Ravenna, poi verso Genova. Così M. fu il centro
del traffico (v. sopra) e della cultura (v. sopra) e, infine, persino residenza
imperiale. Essa superò Como e Cremona, fu dopo Roma la più importante città,
intorno al 300 capoluogo dell’Emilia e della Liguria, da Diocleziano ad Onorio
sede del praefectus praetorio e vicarius Italiae (Gothofredus
Topogr. cod. Theod. sotto Med. Böcking sulla Not. Dign. Occ. 440) e spesso residenza degli
imperatori (286: l’imperatore Massimiano come Augusto a M.); cfr. Gothofredus e
Amm. Marc. XIV 10, 16. Eutrop. IX
27. Quando l’insicurezza crebbe, la residenza fu trasferita nel 402 a Ravenna.
Nel 452 avvenne la presa e il saccheggio per opera degli Unni. Iord. Get. 222: M. quoque Liguriae metropolim, et quondam regiam urbem). La città rifiorì ancora, ma nel periodo gotico
l’antica Milano andò in rovina (Procop. bell. Goth. II 7, 21). ‘Gli imperiali avevano allora forzato il
passaggio sul Po presso Ticinum (Pavia) e la conseguenza fu il distacco di
Milano dal dominio dei Goti. Entrambi impartirono qui per la prima volta
punizioni tremende. Insieme con i Burgundi annientarono la città e pare che 300000 siano stati vittima di questo annientamento.
Le milanesi divennero la ricompensa dei Burgundi per il loro aiuto (539).
Milanesi fuggiaschi avrebbero fondato allora la città di Crema, sconosciuta
nell’antichità.’ Il territorio sulla riva sinistra
del Ticino, a partire dal suo deflusso dal Lago Maggiore, apparteneva nella sua parte superiore ai M. (CIL V c. 63), così come Angera e la riva orientale del lago, e lì anche
i vici. Sibrium (oggi Seprio) a sud di Varese, fra
Novara e Como (Geogr. Rav. IV
30), è un vicus dei M. (CIL V c. 64). La valle di Erba in Brianza apparteneva a Como, ma le
iscrizioni della regione di Cantù indicano M. Da Plin. n. h. X 77 si può
dedurre che il confine di Como era lontano 8 mp. (CIL V c. 65). La regione di Vimercate e Monza (= Modiciates) fa egualmente
parte di M. (CIL V c. 66). A ovest, il
Ticino è il confine territoriale verso Novara, sono invece indefiniti i
confini meridionali verso Lodi e Pavia. Prescindendo dai sopraddetti vici nel territorio di M., nelle iscrizioni (CIL V c. 67) si incontrano
ancora (5804) un vicus Venerius, (5872 e 5878) un vicus Burdomag(us),
(5907) un vicus Corogennatium. Mommsen deduce da quest’ultimo e da altri
nomi simili (circa 100) che i toponimi in -ate, così numerosi ancora
oggi in questa regione, siano di origine antichissima. Un insediamento
celtico sulla riva occidentale del Lago
Maggiore presso Chignolo è provato da cinque iscrizioni funerarie celtiche
(Atti della Soc. di Arch. di
Torino VII p. 56). L’iscrizione 5791 nomina una Matronae Dervonnae (v.
sopra vol. XIV p. 2224). Labus accosta il nome a quello del villaggio Dervo
o Dervio presso Milano. Pure il culto
della Matrona e di Mercurio, attestato spesso anche altrove, indica coloni
celtici. Resti architettonici si sono scarsamente conservati in seguito alle
numerose distruzioni, non ultime anche quelle sotto Federico I (1162), sebbene allo splendore della città
corrispondesse quello dei suoi edifici. E’ incerto se M. con le sue mura avesse
veramente una superficie di 133 ha, come ha calcolato Beloch; secondo Nissen
(II 182) si deve supporre di più. E’
stato tramandato che i correggenti di Diocleziano adornarono la città imperiale
con edifici lussuosi (Aurel. Victor. Caes. 39, 45) e anche Ausonio nello Ordo urbium
nobilium (intorno al 390 d.C.) esalta M. come la quinta più grande città del
mondo (dopo Roma - Costantinopoli - Cartagine - Treviri): Et Mediolani mira omnia, copia rerum \ innumerae cultaeque domus
facunda virorum \ ingenia
et mores laeti, tum duplice
muro \ amplificata loci species populique voluptas | circus et inclusi moles cuneata theatri templa Palatinaeque arces opulensque moneta
et regio Herculei celebris sub
honore lavacri: cunctaque
marmoreis ornata peristyla signis moeniaque in valli formam circumdata limbo. omnia, quae magnis operum velut aemula formis \ excellunt nec iuncta premit vicinia
Romae. Poiché si tratta di
costruzioni per le quali qui in pianura vennero usati mattoni (Nissen II 183),
si spiega che si sia conservato solo un resto delle terme di Ercole. La chiesa
di S. Lorenzo, vicina alla quale si trova una sala di 16 colonne corinzie,
sarebbe costruita sulle macerie di questa struttura, e anche S. Ambrogio e S.
Eustorgio risalgono al IV secolo. Iscrizioni: CIL V 5762-6343b. IG XIV
8921—26. Inoltre: E. Pais Atti R. Lincei
5, 1888 (852-856 seg. 1293-1297);
1890 (2293 - 2299). Stein Bursians Jahresber. CXLIV (1909) 318-321. 329.
Not. d. scav. 1911, 112. CIL V p. 601 segg. Resti architettonici:
(Portico S. Lorenzo) Not. d.
scav. 1908. 308 segg. Arch. Anz. 1921, 38. Bibliografia v. Mau Katalog d.
Biblioth. d. archäol. Instituts in Rom I 1900. Nissen Ital.Landesk. II 180-184.
[Philipp.] |