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i nomi delle città
Piacenza

Placentia (Πλακεντία) ora Piacenza, città nel Nord-Italia.                                 

Nome. P. è certamente d’origine non italica. Krähe Lex. altillyr. Personennamen 90 pone la parola presumibilmente in relazione con l’illirico Placontius CIL III 2373. 2503, v. Kretschmer introd. 270. Ciò parrebbe giusto perché la desinenza in -ntia si trova in nomi sicuramente illirici come Scarbantia, Tigantia, Bolentia e altri. Sono stati utilizzati anche nomi latini che potrebbero derivare dall’etrusco, come Plagalus, Plaguleius, Placuleius, v. Ducati L'Italia antica 198. Tuttavia ci si chiede se anche l’etrusco non abbia preso queste radici dall’illirico. In ogni caso già il nome mostra che i romani, come d’abitudine nella fondazione di una colonia militare, si sono riallacciati a un insediamento già presente.

Posizione. P. si trova sulla foce della Trebbia nel Po. La distanza dalla Trebbia a ovest è di 4 km, dal Po a nord meno di l km, a est P. dista dal fiume Nura, ora Nure, circa 8 km; quindi la città si trova su un incrocio stradale antichissimo e importantissimo, sulle cui tracce portarono in seguito la via Emilia e la via Postumia, v. Nissen Ital. Landesk. II 270. Secondo l’Itin. Ant. 288 P. dista da Florentia X m. p., da Comillomagus XXVI m. p., secondo il p. 98 da Laus Pompeia (Lodi vecchio) XXIV m. p., da Fidentiola XXIV m. p., v. Miller Itin. Rom. 205. 228. 232, cfr. Ptolem. III l, 42. Altri itinerari in Corradi Cerri – Nasalli Rocca Archiv. stor. per le prov. Parm. ser. III vol. III (1938) 64 segg.                     

Preistoria. A questa posizione la borgata intorno a P. deve la sua importanza già in epoca preistorica. Qui si innalzarono vicino a P., come in tutta la pianura centrale del Po, agglomerati palafitticoli detti Terremare, v. Reallex. d. Vorgesch. XIII 259. Uno di questi si trovava nel territorio di Piacenza su una delle alture preappenniniche a Montata dell’Orto, a monte di P. presso l’odierna Alseno, Not. d. Scav. 1900, 118-127, un secondo a Castelnovo Fogliani presso l’odierna stazione ferroviaria di Alseno, un terzo presso Colombare di Versano, nell’odierno comune di Besenzone, v. Pignorini Scoperte fatte dal cav. Scotti nella terramare piacentina in: Rendic. Acc. Linc V pag. II (1893) 995-999; una quarta si trova presso Rovere di Caorso, 14 km a est di P., Peet Stone and Bronzeages 338-342. Gli abitanti di questi agglomerati chiusi erano invasori provenienti dal nord, che bruciavano i loro morti e che alla fine del III secolo si erano imbattuti nell’antica popolazione dei Liguri che seppelliva i morti, Duhn Ital. Gräberkunde I 116 seg. Pia Laviosa Zambotti Quali genti occuparono le terremare piacentine durante l'età del bronzo? in Strenna dell'a. XV (1937) 43 segg. Probabilmente nel territorio della futura colonia romana, dove finora non si sono trovate Terremare, ha avuto la propria sede la più antica popolazione euganea, contro la quale poi potrebbero essere state preparate le dette fortificazioni palafitticole. Si sono trovate scuri di guerra nordiche da Piacenza a Imola, Duhn - Messerschmidt Ital. Gräberkunde II 11, 3. Sul problema delle Terremare v. Säflund Stud. Etrusc. XII (1938) 17-23; idem Le terremare delle provincie Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza (1939) 109-114. La cultura villanoviana non ha lasciato quasi nessuna traccia nel territorio di P. Quando la regione cadde in mano agli Etruschi (v. Liv. V 33. Plin. n. h. III 116), probabilmente continuava ad esserci anche a P. un agglomerato. Lo fa pensare il famoso fegato di bronzo trovato a sud di P. fra la Nure e la Trebbia v. Körte Röm. Mitt. XX 348-379. Thulin Die Götter des Martianus Capella und die Bronzeleber von Piacenza. Nogara Gli Etruschi e la loro civiltà (1933). Il fegato di bronzo che ora si trova nel Museo Civico di Piacenza indica un mundus-templum etrusco, v. Milani Mundus e templum (1901). Terzaghi Boll. Stor. Piacent. I fasc. 3.      

Là c’era dunque indubbiamente, prima della fondazione della colonia romana di P., un insediamento chiuso d’epoca antica. Lo indica anche l’espressione con la quale Polyb. III 40, 4 racconta la fondazione della colonia: τάς μέν ουν πόλεις ενεργως ετείχιζον. Inoltre, se P. fosse una nuova fondazione dei romani, essi avrebbero accostato il castrum, come solito, direttamente al Po. (cfr. la posizione di Carnuntum sul Danubio). La città possedeva già all’inizio della guerra annibalica un emporium sul fiume, che era incluso nella fortificazione. Una costruzione simile non può essere stata creata ex novo dai romani un anno prima. Io suppongo che l’agglomerato preromano, poi ligure-celtico, potrebbe essersi esteso dal più tardo castrum in direzione nord fino all’emporium sul Po. La successiva città romana si è poi sviluppata al di fuori delle mura in direzione nord ovest. Il castrum stesso era progettato su una superficie prima non colonizzata e costruito ex novo. Dopo l’invasione dei Celti l’insediamento preromano ha probabilmente fatto parte del territorio degli Anamari celtici, Polyb II 32, l, v. De Prachtère La table hypoth. de Veleia 46 e sopra vol. I pag. 2055 seg. XIV pag. 2152 seg. Sull’intero problema v. Cerri Il territorio piacentino avanti la conquista Romana in: Memorie Storiche (1921) p. III-XVIII. Corradi Cerri In tema di toponomastica piacentina in: Strenna dell'a. XVIII (1940) 37-39.

P. in epoca romana.

a) P. fondata due volte in posti diversi? Nel saggio di Tenney Frank Placentia and the battle of the Trebia in: Journ. Rom. Stud. IX (1919) 202-207, che a mio parere è stato abbastanza trascurato dagli studiosi italiani, è sollevata la questione, se vi siano state due fondazioni romane diverse per localizzazione: una più antica nell’anno 219/18 presso l’odierna Stradella, e una seconda nel 190, che sarebbe identica all’odierna Piacenza. Per supporre una fondazione più antica presso Stradella, Frank ha tirato in ballo Polyb. III 66, secondo cui Scipione era accampato περί πόλιν Πλακεντίαν, cioè Stradella secondo la giusta supposizione generale; poiché questa però dista oltre 20 miglia dall’odierna Piacenza, Frank credette di dover cercare la colonia militare del 219/18 nel territorio di Stradella. Inoltre credette di poter meglio risolvere il problema strategico della battaglia sulla Trebbia supponendo che la fortificazione fosse stata a ovest della Trebbia, e di poter risolvere le note contraddizioni nella descrizione di Polibio e Livio ipotizzando che quest’ultimo avesse seguito una fonte che aveva scritto prima del 190, quindi prima della fondazione della seconda fortificazione (Fabio?). Infine anche il racconto di Livio XXXVII 47, secondo cui nel 190 sarebbero state fondate due città nel territorio dei Boi, mentre solo più tardi si parla della fondazione di Bononia, pare essere un argomento per questa doppia fondazione; la seconda città sarebbe appunto la colonia nel territorio dell’odierna Piacenza. Ma questa argomentazione mi pare contestabile in tutti i suoi punti. Dall’espressione di Polibio III 66 non si deduce nulla, poiché Polibio evita intenzionalmente di fissare precise località. Se il problema della Trebbia sia diventato più semplice con la supposizione di Frank, può rimanere in sospeso. Egli avrebbe piuttosto potuto far notare che i racconti della deduzione della colonia dell’anno 218 e 190 sono molto simili (nel 218 secondo Polyb. III 40, 4 segg. come coloni 3000 teste, nel 190 secondo Liv. XXXVII 46, 9 seg. 3000 famiglie). D’altra parte si deve però rimarcare il fatto che una fondazione completamente nuova in un altro posto non sarebbe rimasta inosservata in Livio e Polibio. Più di tutto mi sembra che l’ipotesi di Frank sia contestata dal seguente fatto: negli ultimi anni si è mostrato che le grandi strade militari romane, come la via Emilia, la via Postumia, non erano costruzioni completamente nuove, ma che i romani hanno ampliato strade liguri-celtiche esistenti da gran tempo. Perciò è ovvio che la colonia progettata fin dall’inizio come il più importante fortino sul Po, poteva essere posta solo all’incrocio di queste vecchie strade; cioè proprio il territorio dell’odierna Piacenza. Inoltre il porto sul Po, che secondo Liv. XXI 57, 5 esisteva già presso la colonia dell’anno 218, potrebbe essere stato scoperto nel territorio dell’odierna Piacenza (v. sotto). Finché dunque dei ritrovamenti puramente archeologici a Stradella non dimostreranno chiaramente la presenza di una colonia militare fortificata, io respingo la teoria di Frank e resto fedele alla vecchia idea che già la colonia dell’anno 218 fosse nel territorio cittadino dell’odierna Piacenza.

b) Storia di P. Il borgo intorno alla foce della Trebbia nel Po, importante già in epoca antica, acquistò grande rilevanza per la politica espansionistica di Roma nel Norditalia soprattutto quando, sotto l’impressione della ripartizione del territorio da Sena Gallica ad Ariminum fra cittadini romani, nel 225 le tribù celtiche si spinsero profondamente oltre il Po fino in Etruria. C. Flaminio le ha respinte oltre il Po e Claudio Marcello ha vinto Viridomaro a circa 50 km a ovest di Piacenza, presso Clastidium. Ciò dimostra che lo sguardo di Roma era diretto all’importanza strategica del territorio intorno a P. Quando il senato, forse per iniziativa di C. Flaminio (così Lange Röm. Altert. II 161), decise la fondazione di una colonia militare contemporaneamente a Cremona, lontana 30 km, v. Vell. I 14, 8, nessuno pensava ancora alla possibilità di un’invasione di Annibale da nord, che si mise in marcia da Nuova Cartagine solo all’inizio di maggio 218. L’ampliamento della colonia militare deve essere invece già stato iniziato nel 219, poiché la storia della sua fondazione è stata raccontata da Livio nelle perioch. XX già in questo libro. Secondo le fonti che Ascon. Cic. Pis. 3 aveva come punto di partenza, il giorno della fondazione della colonia è il 31 maggio 218 (la congettura di Kießling è sbagliata, più giusta l’edizione di Oxford); essa è la cinquantatreesima colonia fatta da Roma, mettendo insieme le romane e le latine, Mommsen Münzwesen 860. I coloni vennero conteggiati nella tribus Voturnia. A 3000 coloni per ciascuna città fu dato ordine di recarsi a P. e a Cremona; essi dovevano essere sul luogo di destinazione 30 giorni dopo la loro chiamata, Polyb. III 40, 3 seg. Molti dei chiamati appartenevano al ceto equestre. L’insediamento era nelle mani di una commissione formata da tre membri; ad essa apparteneva sicuramente C. Lutazio Catulo, console nel 220, i nomi degli altri sono: C. Servilio e M. Annio o M. Acilio e C. Herennio o P. Cornelio Asina e C. Papirio Maso, Liv. XXI 25, 3 seg. Dai resoconti traspare la fretta con la quale furono popolate le due nuove colonie; ciò può essere accaduto solo sotto l’impressione della partenza di Annibale da Nuova Cartagine, all’inizio di maggio 218. P. e Cremona erano colonie latine, v. Kornemann sopra vol. IV pag. 516, e precisamente secondo il diritto civico di Ariminum, per il quale un cittadino della colonia acquistava il diritto di essere trattato secondo il diritto civico romano solo dopo aver rivestito una magistratura in essa, Ascon. Cic. Pis. 3. L’amministrazione più alta della colonia era nelle mani dei II viri.

Questo insediamento non era ancora completamente terminato e le mura della città forse non ancora finite, quando scoppiò la rivolta delle tribù galliche contro P. e Cremona, indotta sicuramente dalla circostanza che i Boi e gli Insubri erano a conoscenza delle incombenti azioni di Annibale e aspettavano da lui un grande aiuto, cfr. Ca1derini La conquista Romana della valle del Po in: Italia Romana I (1938) 48 segg. In seguito all’assalto a sorpresa delle due tribù celtiche molti coloni e i triumviri dovettero cercare riparo a Mutina, poiché sulla pianura di P. erano tagliati fuori; però furono presi e devastati solo i terreni agricoli appartenenti alla città, P. rimase in mani romane, Liv. XXI 25, 3, questo probabilmente perché insieme ai coloni era acquartierato in città un forte contingente che doveva lavorare anche alle fortificazioni. E’ questa probabilmente la legione che al comando del pretore L. Manlio Vulso accorse in aiuto di Mutina, Liv. XXI 25, 8 segg, poiché questi si premunì contro i Galli a Tannetum sul Po, ora Teneto sulla via fra P. e Mutina, e là ricevette rinforzi al comando del pretore C. Atilio, dopo che prima gli erano venuti in soccorso gli abitanti di Brixillium a est di P. (in Liv. XXI 25, 14 erroneamente Brixianorum), oggi Brescello. In quest’anno P. fu la base operativa dei romani nelle azioni contro Annibale. Scipione non ha attraversato il Po presso la città, come ha supposto Mommsen RG I 588, quando si è fatto incontro ad Annibale sul Ticino, ma molto più a occidente secondo Polyb. III 66, 8. E Liv. XXI 47, 3. Appian. Hann. 5 indicano imprecisamente solo la base operativa alle spalle del generale quando riferiscono che Scipione si è ritirato a P. dopo la battaglia sul Ticino; invece egli aveva posto il suo primo accampamento, secondo l’esatta narrazione di Kromayer-Veith Ant. Schlachtfelder III 59, nello stretto valico di Stradella, circa 30 km a ovest di P. Annibale rizzò il suo accampamento a circa 9 km di distanza da Scipione, Polyb. III 66, 11 (da Liv. XXI 47, 8 questa distanza viene erroneamente vista come la distanza del suo accampamento da P.). Solo quando nell’accampamento di Scipione cominciarono le diserzioni degli ausiliari gallici, i romani si ritirarono in un secondo accampamento a est della Trebbia, Liv. XXI 48, 6, dove c’era una maggiore sicurezza ed era protetta la strada da Ariminum verso P. sulla quale stava avvicinandosi a P. il secondo console Ti. Sempronio Longo. Annibale lo seguì e si accampò, secondo Polyb. III 68, 7, a ovest della Trebbia, lontano 40 stadi, Polyb. III 71, 11. La battaglia ebbe luogo nel dicembre 218 sulla riva sinistra del fiume, presso l’odierna Gragnano, dove ancor oggi ci sono sotto terra i resti di un ponte romano sulla Trebbia, E. Nasalli Rocca Lombardia Romana I (1938) 356. Sul problema molto discusso v. Mommsen RG I 590 segg. Kromayer-Veith Ant. Schlachtfelder III 47 segg., ai quali io mi associo nonostante l’opinione di altri, come Beloch, Münzer (v. sotto, vol. II A pag. 1431) con Sontheimer Der Feldzug des Hannibal in Oberitalien in: Klio XXVII (1934) 84-121. Solo un po’ più di 10000 romani fuggirono a P., Liv. XXI 56, 2 seg. Le truppe che c’erano là e a Cremona erano tagliate fuori e poterono ricevere scarsi rifornimenti solo sulla via d’acqua del Po, Liv. XXI 57, 5. Se il racconto di Livio deriva da una fonte degna di fiducia, dopo la partenza di Annibale il console andò in Liguria con un contingente di truppe su una strada da P. verso Lucca risalente ancora ad epoca preromana, Liv. XXI 59, 10, v. Luisa Banti Via Placentia- Lucam: contributo allo studio della guerra annibalica in: Atene e Roma XIII (1932) 1-24; Miltner Zwischen Trebia und Trasimen Herm. LXXVIII l segg.; ma poi dovrebbe essere ritornato subito con le truppe a P. Comunque le due legioni passarono l’inverno là, Liv. XXI 63, l. Appian. Hann 30. Nella primavera del 217 ne prese il comando il console C. Flaminio, Liv. XXI 63, 15. P. resistette a lungo. Per la difesa della città si acquistò meriti M. Sergio Silo, Plin. n. h. VII 105. Mentre nell’anno 209 dodici colonie rifiutarono la consegna di soldati e il pagamento di denaro a Roma, P. con altre colonie rimase fedele a Roma e per questo venne lodata dal senato, Liv. XXVII 10, 8 seg. Nella primavera del 207 l’assediò invano Asdrubale dopo il suo passaggio delle Alpi, Liv. XXVII 29, 11 segg. Tuttavia la città dovette continuamente soffrire, anche dopo il ritiro di Asdrubale, per le devastazioni della pianura a causa degli assalti dei Galli. Ciò ebbe come conseguenza che i coloni emigrarono e la città cominciò a soffrire di scarsità di abitanti. Per questo pericolo i Piacentini e i Cremonesi presentarono nel 206  un reclamo a Roma. In seguito a ciò la difesa delle due città venne affidata al pretore Qu. Mamilio Turrino; inoltre una decisone del senato dispose che i coloni dovessero ritornare entro un certo termine a P. e a Cremona, Liv. XXVIII 11, 10 seg.

Dopo la fine della guerra annibalica i Galli, soprattutto gli Insubri, i Cenomani e i Boi sotto la guida di Amilcare, un ufficiale fenicio, riuscirono a espugnare P. nel 200 con un attacco a sorpresa; la città fu ridotta in cenere e molti abitanti caddero prigionieri dei Galli, Liv. XXXIII 23, 2, appena 2000 poterono salvarsi, Liv. XXXI 10, 2. Zonar. IX 16. Paul. Diac. hist. Rom. IV 2. Ma la colonia gemella Cremona riuscì a resistere. C. Cornelio Cetego riuscì a liberare l’assediata Cremona e in seguito poté liberare anche P. dal giogo gallico e i Piacentini dalla prigionia dopo aver sconfitto gli Insubri e i Cenomani, Liv. XXXIII 23, 2. La tradizione che attribuisce questa liberazione al pretore L. Furio Purpureo suscita giustificati dubbi, Münzer sopra, vol. VII pag. 362 n. 86. Tuttavia i sopravvissuti di P., che si erano potuti rifugiare in altre città, non vollero più ritornare a P. sotto l’impressione dello spavento avuto. Nel 198 il console Sex. Elio Paito Cato non poté congedare i soldati e impiegò con loro un intero anno per riportare a forza i coloni a P., Liv. XXXII 26, l segg. Verso la fine del 217 durante il corteo trionfale di C. Cornelio Cetego fecero sensazione con i loro cappelli (pilleatorum) una schiera di Piacentini e Cremonesi che procedevano il corteo, Liv. XXXIII 23, 6. Il senato concesse alla città anche in seguito la sua sollecitudine: nella tarda estate del 195 il console L. Valerio Flacco era impegnato con tutto l’esercito acquartierato a nord nei lavori di ricostruzione di P. e Cremona, Liv. XXXIV 22, 3. Sulle due città gravava infatti tutto il peso dei Boi e degli Insubri che continuavano a fare pressione da nord. Il console dell’anno 194, Ti. Sempronio Longo, condusse a P. nel 193 le sue due legioni dopo battaglie con esito mutevole (il racconto della battaglia con i Boi vicino a P. in Liv. XXXIV 46, 4-47, 8, cfr. Oros. IV 20, 15 non è credibile nei particolari, v. sotto, vol. II A pag. 1434) con questi due popoli, Liv. XXXIV 48, l. Anche quest’anno la città fu molto spossata, Liv. XXXIV 56. Perciò la riduzione della popolazione divenne un problema costante.

A questo proposito nella tarda estate del 190 i rappresentanti di P. e Cremona sporsero querela in senato, introdotti dal pretore L. Aurunculeio. Venne decisa una nuova chiamata di coloni. Il pretore L. Aurunculeio scelse un collegio di tre membri che doveva eseguire questa chiamata di 6000 famiglie; di esso facevano parte M. Attilio Serrano, L. Valerius P. f. Flacco e L. Valerio C. f. Tappo. A ognuna delle due colonie furono assegnate 3000 famiglie, Liv. XXXVII 46, 9 segg. Il console C. Lelio, di ritorno dalla Gallia, diede la sua approvazione, Liv. XXXVII 47, l seg. Contemporaneamente si cominciò a consolidare il territorio con strade militari. Nell’anno 187 venne costruita dal console M. Emilio Lepido la via Emilia da P. per Bononia ad Ariminum, sulle tracce di una strada usata fin dai tempi antichi. Ad Ariminum la via Emilia si incontrava con la via Flaminia, Liv. XXXIX 2, 10. Sul problema se la Emilia Scauri, costruita più tardi, sia identificabile con la via Claudia nominata su carte medievali, che secondo Muratori sarebbe stata costruita sotto Tib. Claudio da P. a S. Ambrogio sul Panaro, secondo altri sotto il regno longobardo, v. Cerri Memor. Storiche (1924) 30-44. Corradi Cerri Archiv. Stor. per le provinc. Parmene. ser. III vol. III (1938) l-20. Un’altra strada portava a Milano attraverso Laus Pompeia (Lodi vecchio), Strab. 217. Sulla via Emilia Scauri, costruita nell’anno 107, che attraversava il territorio di P., v. Lamboglia Athenaeum N. S. XV (1937) fasc. 1 e 2 e la repubblica di Baccino nel Giorn. Stor. e Lett. di Liguria XV (1939) fasc. l.

Già Plaut. Capt. 162 annovera i milites Placentini fra gli esempi di soldati valorosi; nell’anno 178 si trova una cohors Placentina in Liv. XLI l, 6. Nel 168 una turma equitum Placentina è al comando del legato C. Cluvio, Liv. XLIV 40, 6. P. fu la porta d’uscita per il console Qu. Opimio nella guerra contro i Liguri nel 154, Polyb. XXXIII 11, l. In questo periodo il territorio intorno al Po trovò definitivamente pace quanto alla politica estera. A tal scopo P. aveva fornito il suo ampio contributo. Nell’anno 148 fu costruita la via Postumia, che portava da Genova per Dertona a P., poi proseguiva per Cremona-Verona-Mantova fino ad Aquileia. Le epidemie, per le quali nel 190 i rappresentanti di P. si erano lamentati in senato, Liv. XXXVII 46, 9 segg., potrebbero essere state provocate dal terreno paludoso nei dintorni della città. Perciò nel 109 in seguito alla costruzione della sopraddetta via Emilia Scauri furono bonificati i bassopiani fra Parma e P., v. Mommsen RG II 390. Così P. divenne addirittura una delle zone più salubri, tanto che Plin. n. h. VII 163 parla della longevità dei suoi abitanti e Phlegon macrob. l riferisce lì di 13 centenari.

Dopo la guerra dei federati P. aveva ottenuto nel 190 il diritto civico con la lex Iulia; essa è attestata espressamente come municipium in Cic. in Pis. frg. 3, v. Marquardt Staatsverw. I² 61 seg. Beloch RG 621. Kornemann sopra, vol. XVI pag. 574 (sul Municipium P. è in preparazione un grande lavoro storico-topografico e archeologico di E. Nasalli Rocca e M. Corradi Cerri). I cittadini vennero ordinati, come detto, nella tribus Voturnia, CIL XI 1224. 1241. A capo della comunità stava un collegio di quattro membri, e precisamente due IVviri iure dicundo e due IVviri aediles, Beloch RG 500. Come IVviri sono noti da iscrizioni: L. Cecilio L. f. Flacco, che era [IIII]vir i(ure) d(icundo) e aug(ur), CIL XI 6940, inoltre S(extus) Petronio T. f. Lupo Mariano, che era dec(urio) IIIIvir iu[r(e)] d(icundo), augur, praef(ectus) fabrum cons(ularis) bis, CIL XI 1219 v. p. 1252, e P. Aufidius L. f., che era IIIIvir e anche IIvir, perciò deve già risalire ad epoca augustea, quando P. divenne di nuovo colonia (v. sotto), e inoltre suo fratello L. Aufidio, CIL XI 1217. A fianco dei IIII viri stava il consiglio municipale dei decurioni. La città, per la quale la vecchia cerchia muraria divenne presto troppo stretta e che perciò si estese fuori della stessa in direzione nord ovest, deve avere avuto presto una cittadinanza benestante; nell’ampio ceto della popolazione aveva un ruolo considerevole l’elemento gallo-celtico. Il questore dell’anno 100, L. Calpurnio Pisone Cesonio era sposato con la figlia di un commerciante di P., Calventius, che era originario di Milano (Cic. Pis. 26, 52) e aveva ottenuto la cittadinanza romana con la lex Iulia, v. sopra, vol. III pag. 1387 n. 89. Egualmente di origine gallica è T. Tinca intorno al 90 a.C. v. sotto, vol. VI A pag. 1372. Nomi sicuramente celtici portano p. es. T. Tuzio Amabile e Felice, CIL XI 1278. A. Soccio Cresto, CIL XI 1273, C. Pagurio, CIL XI 1263. C. Giulio Bucio CIL XI 1253. L. Betuzio e Cintullia, CIL XI 1241. La ricchezza della città è attestata da un imponente anfiteatro, posto a nord ovest fuori dalle mura, che forse era di legno (diverso parere Vitali Boll. stor. Piacent. XVIII [1923] 185. Cerri Memorie Stor. [1924] 43) e che nel 69 d.C. fu distrutto dal fuoco, Tac. hist. II 21, l; passava allora per il più grande d’Italia, v. Aurigemma Gli anfiteatri rom. di Placentia, di Bononia e di Forum Cornelii in: Historia VI (1932) 558-587.

Nell’anno 87 a.C. il collega console di Cinna, Cn. Ottavio, aveva nominato P. Celio Caldo (v. sopra vol. IV pag. 196 seg. n. 16) comandante di P., il quale avrebbe dovuto operare da lì con le truppe contro la soldataglia del partito popolare. Ma l’esercito di Cinna prese la città, Celio Caldo si fece dare la morte per mano del cavaliere L. Petronio (v. sopra vol. XIX pag. 1231 n. 88), che poi si suicidò, Val. Max. IV 7, 5. Plin. n. h. VIII 144. Comunque la città è stata dalla parte dell’aristocrazia. Ciò è dimostrato anche da un fatto dell’anno 82, quando M. Castricio, il massimo magistrato di P., dunque IIIIvir, non ubbidì all’ordine del console democratico Cn. Papirio Carbone, secondo il quale P. avrebbe dovuto dare ostaggi, Val. Max. VI 2, 10. Le truppe di Carbone, che sarebbero dovute avanzare contro P., subirono una sconfitta disastrosa ad opera del legato di Silla, M. Terenzio Varrone Lucullo presso Fidentia fra P. e Parma, Appian. I 424, v. sopra vol. XIII pag. 415 seg., v. Lanziani Le battaglie di Fidentia e di Placentia in: Rend. dei Linc. 1926, 7-11, più esatto Linden De bello civili Sullano (1896) 63 A. 71, secondo cui P. era solo il quartier generale degli ottimati, cfr. Enßlin Klio XX (1926) 455 Mommsen RG II 828. Il comportamento fedele agli ottimati della città si manifesta anche nel fatto che essa si è adoperata secondo Cic. Pis. 3 per Cicerone esiliato, cosa che è da mettere in conto alla grande percentuale di cavalieri a P., v. anche Cic. Brut. 46.            

Nell’anno 50 si diffuse a Roma la voce che il 15 ottobre Cesare avrebbe occupato P. con 4 legioni, Cic. Att. VI 9, 5; ma questo era un annuncio sbagliato. Durante la campagna spagnola le legioni di Cesare fatte tornare dalla Gallia erano acquartierate a P. Ancora mentre si tratteneva a Massilia, egli ricevette nell’ottobre del 49 la notizia dell’ammutinamento di queste legioni, soprattutto della nona, che non erano contente del loro bottino di guerra; Cesare si affrettò verso P., ricondusse alla ragione i soldati con una allocuzione e fece giustiziare 12 caporioni, Appian. II 191-196. Cass. Dio XLI 26 segg. Suet. Caes. 69, v. Carcopino Hist. Rom. II (1936) 851 seg. Quanto la lex municipalis di Cesare del 46 abbia colpito anche P., si constata difficilmente per l’insicurezza di tutta la materia, v. sopra vol. XII pag. 2362 seg. 2368 segg. Le 6 legioni di Ottaviano, che Qu. Salvidieno Rufo nel 41 aveva dovuto condurre in Spagna, erano in preparazione a P. (un segno dell’estensione della città!) e cominciarono là un ammutinamento, Cass. Dio XLVIII 10, v. Gardthausen Augustus I 199. In questo periodo deve aver avuto luogo un nuovo insediamento di cittadini; probabilmente il Municipium aveva sofferto molto durante le guerre civili e i nuovi insediati erano veterani ai quali Ottaviano doveva assegnare della terra. La supposizione di un nuovo insediamento di coloni è convincente per il fatto che P. in epoca postaugustea si chiamava di nuovo colonia e che un P. Aufidio è attestato da iscrizioni come IIIIvir e IIvir, CIL XI 1217. Quindi la trasformazione della posizione di diritto pubblico di P. deve essersi completata nel periodo della sua attività in quell’ufficio. Da allora ci sono a P. solo IIviri. Noto dalle iscrizioni è un... ser ..., che era primipilus della leg. XIV Gemina, dunque veterano, CIL XI 1221, inoltre L. Iulius [Pr]oculus, di cui CIL XI 1226 dice che ha fatto erigere il terrapieno e la torre della città, cioè ampliare e ricostruire una porta. Che Qu. Albino Secondino appartenga a P. sembra molto dubbio, CIL XI 1230. Quando Augusto mise mano alla suddivisione delle regioni d’Italia (Plin. n. h. III 46, terminata circa il 7 a.C.), P. venne a far parte della regio VIII. Allora venne probabilmente già intrapresa la delimitazione dello hinterland appartenente a P., dello ager Placentinus Tac. ann. XV 47, che incontriamo in epoca traianea nelle tavole alimentari di Veleia CIL XI 1147. I terreni della città arrivavano a ovest fino a includere Clastidium lontano 50 km, un vicus di P., CIL V 7357. A est il confine era formato dal territorio di Cremona, a sud est i terreni di P. arrivavano fin oltre Florentia ora Fiorenzuola, distante circa 22 km, a sud oltre il tempio di Minerva memor o medica Cabardiacensis (CIL XI p. 253) presso Travo e oltre l’odierna Caverzago. A nord il Po deve aver formato il confine naturale, v. Nissen Ital. Landesk. II 273 seg. Nasalli Rocca Archiv. stor. per le prov. Parmens. ser. III vol. III (1938) 45 segg. Dalle tavole alimentari conosciamo i nomi dei pagi che hanno fatto parte del territorio di P.: Apollinaris, Briapontinus (celtico, v. Holder Altkelt. Sprachschatz I 529), Cerialis, Farraticanus (celtico, Holder I 1493), Herculanius, Iulius (uno Iulius pagus anche presso Brixia CIL V 4911) Minervius (così chiamato da Minerva memor o Minerva medica Cabardiacensis, dunque da una divinità celtica identificata con Minerva, v. Oliaro Il culto di Minerva Medica in: Malati medici medicine VIII [1939] fasc. 3; il pagus presso l’odierna Travo sulla Trebbia v. sopra vol. XV pag. 1808), Noviodunus (celtico, Holder II 788 seg.), Sinnensis (celtico,  Holder II 1573), Valentinus (celtico, cfr. Valentia), Vercellensis (celtico, cfr. Vercellae), Veronensis (non romano, etrusco o addirittura preetrusco). Quindi si vede che, nel migliore dei casi, 4 di questi pagi hanno nomi romani: Apollinaris, Cerialis, Herculanius, Iulius. Gli altri dimostrano il sostrato celtico della colonizzazione di tutto il territorio intorno a P. Il pagus Iulius potrebbe aver ricevuto il nome da Giulio Cesare, il pagus Apollinaris ed Herculis indicano ex soldati come coloni; ciò potrebbe significare che questi 3 pagi (v. auch Formentini Per la storia preromana del pago in: Studi Etruschi III 51 segg. e idem Forma Reipublicae Veleiatium in: Boll. stor. Piacent, XXV [1938] 50 seg.) furono annessi al territorio di P. solo dopo la deduzione di coloni sotto Augusto. Dai fundi riportati nelle tavole alimentari e appartenenti al territorio di P. sono localizzabili il fundus Fabianus = Fabbiano Val Tidone, il fundus Vitulianus = Vidiano e il fundus Satrianus = Sarturano. Su P. nell’epoca di Cesare e Augusto v. Calderini Piacenza Cesariana e Augustea in: Strenna dell a. XVI (1938) 50-51.

Nell’anno dei tre imperatori 69 P. stava dalla parte di Ottone. L’ala Siliana devota a Vitellio e una cohors Batavorum oltrepassarono il Po e si spinsero verso la città, Tac. hist. II 17, 2. La difesa della città era stata affidata dal condottiero degli Ottoniani, Appio Annio Gallo, a Vestricio Spurinna; questi aveva a disposizione 3 coorti pretorie, circa 1000 riservisti e i cavalieri di P., perciò aveva intenzione di difendersi attraverso le mura della città, cosa che alfine fece anche contro la volontà dei soldati, Tac. hist. II 18 19. Il comandante dei Vitelliani, A. Cecina Alimento avanzò con 30 000 uomini (Tac. hist. I 61) e assediò la città circa alla fine di marzo. Particolarmente pericoloso era l’assalto delle cohortes Germanorum, che prestavano servizio nell’esercito di Vitellio, Tac. hist. II 22. I Vitelliani irruppero nei quartieri più nuovi della città fuori dalle mura e il grande anfiteatro di legno (v. sopra) andò in fiamme; ma la fortezza poté reggere nonostante la grande superiorità (degli avversari), Tac. hist. II 20-22. La legio I adiutrix mandata in aiuto da Annio non dovette più entrare in azione, Tac. hist. II 23 1 seg. Se Ottone, sostenuto ai fianchi dalla salda posizione P.-Brixellum, avesse evitato una precipitosa battaglia decisiva, come gli consigliavano i suoi generali (Tac. hist. II 32, 2), la sua causa sarebbe stata vinta. Così invece la battaglia presso Cremona si risolse contro di lui; anche l’equipaggio mandato in aiuto da P. sotto Vestricio Spurinna (Tac. hist. II 36) non poté ottenere nulla. Cerimonie di lutto a P. in occasione della morte di Ottone per propria mano mostrano che la città gli serbò fedeltà, Tac. hist II 49, 4. Plut. Oth. 6. 7. Suet. Oth. 9, 2.  

Dopo questi disordini P. scompare per molto tempo dagli occhi della storia. Solo nell’anno 271 la città ha di nuovo un ruolo. Alla fine del 270 le tribù germaniche degli Iutungi e degli Alemanni erano penetrate nell’Italia settentrionale e riuscirono a espugnare P. dopo avere aggirato le postazioni dell’imperatore Aureliano presso Como, Vict. epist. Caes. 35, 2. Anon. post Dionem FGH IV 197 a, 3. Paul. Diac. hist. Rom. IX 13. Il grosso dell’esercito dell’imperatore che stava alle calcagna dei Germani subì una sconfitta pesantissima vicino a P. nel 271, Vopisc. Vit. Aurel. 21, 1-3. Vict. epit. Caes. 35, 2, che erroneamente parla di una vittoria dei romani, cfr. Schiller Gesch. röm. Kaiserr. I 854. Schmidt Gesch. d. deutsch. Stämme II 254. Groag sopra vol. V pag. 1370 seg. Ma riuscì a dominare i Germani e P. fu di nuovo liberata. Non si sa con precisione quando il cristianesimo sia penetrato a P. Il vescovo Placenzio nominato in Agostino, epist. III 663, 5 (CSEL) sembra essere in relazione con P. Iscrizione cristiane provengono solo dal V secolo, CIL XI 1290. 1290 a. XI 2, 6942 a (dell’anno 529). 6942 b. La mescolanza di popoli divenne a P. come in tutta l’Italia settentrionale sempre più grande, soprattutto perché P. era un’importante città di guarnigione; la Not dign. occ. 42, 45 segg. nomina Sarmati a P., v. Schneider Die Entstehung von Burg und Landgemeinde in Italien 136. Il 17 ottobre 456 l’imperatore Eparchio Avito fu battuto presso P. da Ricimero, catturato e costretto a lasciarsi consacrare vescovo di P.; ma trovò presto la morte, Cons. Ital. a. 456. Hyd. 183. Theoph. am. 5948. Mommsen Chron. Min. I 304. II 232, v. sotto vol. I A pag. 797. Enßlin Klio XXIV (1931) 490. Quando nel 476 Oreste fuggì da Pavia davanti a Odoacre, si ritirò a P.; ma il 28 agosto (v. Ensslin Klio XXIV [1931] 496) fu preso nella città e ucciso, Anon. Vales. 8, 37. Auct. Haun. I. II. Ennod. Vit. Epif. 100. Mon. Germ. VII 96, 30. Mommsen Chron. Min. I 308. 309. 311, inoltre Procop. bell. Goth. I l, 5. Jord. Get. 242. Paul. Diac. Hist. Rom. XVII 9, v. sopra vol. XVIII pag. 1013. Da Totila la città fu vinta con la fame e distrutta fino alle fondamenta, Procop. bell. Goth. III 13, 17; ma essa fu presto ricostruita, poiché Paul. Diac. Hist. Lang. II 18 la dice di nuovo una delle più ricche città dell’Emilia. Durante l’invasione dei Longobardi P., come tutta l’Emilia, ha dapprima resistito, ma nel 592 era sicuramente in mano ai duces longobardi; dopo una grande alluvione nel 589 (Paul. Diac. Hist. Lang. IV 51. V 39) fu conquistata nel 592 da Agilulfo, v. Schneider Burg und Landgemeinde in Italien 43 segg. Hartmann Gesch. Italiens II 105.

Ritrovamenti archeologici. Resti antichi della città erano scarsi già nel Medioevo; Ciriaco, che ha visitato la città alla fine d’ottobre 1442, vide solo alcuni templi Ciriac. comment. 26 Olivieri. Oggi nella città non si vede alcuna traccia dell’antica P. Però si deve avvertire che a P. non hanno mai avuto luogo scavi sistematici. Quello che è venuto alla luce erano solo reperti occasionali. E tuttavia essi bastano per poter stabilire con sufficiente esattezza il perimetro dell’accampamento romano e il corso delle mura. Il conte E. Nasalli  Rocca, che si è guadagnato meriti speciali per la storia della sua città, lo ricostruisce come segue:  via Sopramura - Piazza Duomo e via Pavone - via Dogana (O.), - via Benedettine e Camicia o via della Ferma (N.), - via Risorgimento e Cavour, appena via Mentana-Mandelli (W.), v. Nasa1li Rocca Per la topografia di Piacenza Romana in: Boll. stor. Piacent. XXXII (1937) 40-41. La determinazione di questo perimetro è confermata dal ritrovamento di una tomba, ancorché tardo romana, nella via Roma, che dunque non apparteneva già più alla cerchia muraria dell’accampamento. Il perimetro dell’accampamento ammontava quindi a 400-500: 350-400 m, che potevano essere lo spazio per due legioni. Un resto di mura sotto la via Sopramura (!) appartiene forse solo alla tarda antichità, ma pare essere stato il muro d’accampamento più antico fra quelli reperibili  su qualsiasi altra piazza. All’incrocio della via Roma - via Genocchi e Carducci sono stati trovati resti della pavimentazione di una strada che portava alla porta decumana dell’accampamento, Nasalli Rocca Boll. stor. Piacent. XXXI (1936) 81 seg. Lombardia Romana I (1938) 352. Essa sbocca nella via Emilia. Antichi resti di strade sono inoltre venuti alla luce nella via S. Marco, Poggiali e Chiapponi. Nella via Taverna potrebbe essere dimostrata l’antica via Postumia, sulla quale si trovavano luoghi di sepoltura, scavati presso S. Nicolò. I resti stradali in città sono stati trovati 1,70 m sotto terra. Strade più piccole d’epoca imperiale sono p. es. dimostrate lungo il corso del fiume Nure verso la via Aurelia, v. Nasalli Rocca Sulle antiche strade del territorio piacentino in: Boll. stor. Piacent. XXV (1930) 70-73, come anche una strada lungo la via della ritirata dei romani dalla Trebbia a P. nell’anno 218, sulla quale fu scoperta un’altra tomba presso l’odierna Gragnano.

Resti cittadini, soprattutto mosaici, sono stati trovati nel centro dell’odierna città, nella Piazza Cavalli, nella via S. Domino, via Sopramura (v. Nasalli Rocca Gli ultimi Rinvenimenti archeologici in Piazza Cavalli in: Boll. stor. Piacent. XXXIII [1938] 73-85; idem ibidem XXIX [1934] 145-151), via di Risorgimento (Boll. stor. Piacent. XXX [1935] 97-100), via Cavalletto (Boll. stor. Piacent. XVIII [1923] 131 seg., via S. Marco e altre. I resti si trovano per la maggior parte nel Museo Civico di Piacenza, v. Monaco Le antichità romane del Museo Civico di Piacenza in: Archiv. Stor. per le prov. Parmens., ser. III vol. III (1938) 99-115. La cosiddetta ara di Bellona venne trovata presso il Palazzo Gotico, sotto la Piazza dei cavalli il Torso della copia di una statua muliebre di Cleomene del I secolo d.C., v. Aurigemma (Strenna dell’ a. XVII (1939) 63-65 riprodotta nel Boll. stor. Piacent. XXXIII (1938) 80). Sul problema se il centro della città antica corrispondesse al centro odierno in Piazza Cavalli e se si trovasse vicino al muro dell’accampamento, v. Pancotti Topografia di Piacenza Romana in: Piacenza I (1935) fasc. 2.                       

Le tombe cittadine si trovavano probabilmente sulla via Postumia e sulla via Emilia, v. Nasalli Rocca Boll. stor. Piacent. XXXIV (1939) 122 segg. Nei dintorni della città furono scoperte numerose tombe, presso Muraldo di Caorso, Fossadello nel comune di Caorso e anche a Corso stesso, Boll. stor. Piacent. IX (1914) 279 seg. XVIII (1923) 189, inoltre nelle valli Riglio-Vezzeno e Chero-Arida verso Veleia e anche disseminate sui pendii delle propaggini dell’Appennino. Oltre alle tombe sono state trovate nei dintorni di P. anche delle urne, v. Lombardia Romana I (1938) 356 seg. Un’eccellente pianta dei ritrovamenti in Corradi Cerri – Nasalli Rocca Archiv, stor. per le prov. Parmens. ser. III vol. III (1938) 56 seg.  

La città aveva un porto sulla riva del Po che venne fortemente fortificato dai romani nel 219, Liv. XXI 57, 6. Appian. Hann. 7. Ritrovamenti di questo porto sono stati già fatti nel XVIII secolo e ancora negli ultimi anni, v. Boll. stor. Piacent. XXX (1935) 100. Lombardia Romana I (1938) 351 seg.

Sui ritrovamenti a e presso P. v. anche Livia Fornaroli Placentia in: Strenna dell’a. XVI (1938) 51-54. Su un Cippus trovato a 2 km a sud di P., che un liberto servus publicus d’origine greca di P. ha posto per la moglie circa nel I secolo d.C. v. Albizzati Boll. stor. Piacent. XVII (1922) 22-30.                      

Iscrizioni. Esse sono radunate nel CIL XI l, 1211-1291 e XI 2, 2 p. 1252 seg. Su ritrovamenti recenti v. Albizzati Boll. stor Piacent. XVII (1922) 20-30. G. Barbiano di Belgiojoso Aevum XI (1937) 453-457. E. Nasal1i Rocca Boll. stor. Piacent. XXIX (1934) 147 seg. XXXIII (1938) 83 seg. La più interessante iscrizione recente è quella di C. Birrius Primigenius, che era VIvir e Augustalis a P. e Aquileia. I mattoni e i resti di suppellettili domestiche del territorio di P. in CIL XI 2, p. 1016-1022.                   

Bibliografia. Oltre ai numerosi saggi menzionati sopra si ricorda che la fondamentale opera in 12 volumi di Poggiali Memorie storiche della città di Piacenza, pubblicata fra il 1757 e il 1766, è ancor oggi degna di lettura (v. Balsamo I grandi storici in: Boll. stor. Piacent. XX [1925] 54-61. 105-115), e anche, per gli inizi del cristianesimo, Campi Dell' istor. ecclesiast. della città di Piacenza (part. I-III degli anni 1651-1662). Fra la più recente bibliografia v. ancora M. Corradi Cerri – E. Nasalli Rocca Placentia in: Archiv. Stor. per le prov. Parmens. ser. III vol. III (1938) 45-95.

[Rudolf Hanslik]


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