Reggio Calabria |
Regium (Bruzio) A. Nome. Gli antichi fanno derivare il nome per lo più da ρήγνυμι e parlano di un’antica unione dell’Italia con la Sicilia. L’urto delle onde o eruzioni vulcaniche avrebbero spezzato in due il territorio: Eschilo (nel Glauco) in Strab. VI 258: terremoto; i παλαιοί μυθογράφοι in Diodoro IV 85, 3: irruzione del mare; ενιοι δέ λέγουσισεισμων μεγάλων γενομένων διαρονήναι τόν αυχένα της ηπείρου continua Diodoro; all’attività di Orione riconduce Esiodo (Timeo in Diodor. loc. cit.) la nascita dello stretto; e poi Mela II 115; Plin. III 86 (da Agrippa); Solin. 5, 5; Iustin. IV l, 7 (= Ps.-Aristot. mir. ausc. 130 = Timeo: irruzione delle onde); Paradox. Vatic. Rhode c. 40 (nat. rer. script. ed. Keller); Etym. M. 703, 25. [terremoto a R.: Phlegont. mirab. c. 14 ed. Keller]; Dionys. Hal. XIX 2; Isid. orig. XIII 18, 3. XIV 6, 34 [= Sallust. hist. IV 26 Maurenbr.]; cfr. Serv. Aen. III 414; Lact. Plac. ad Stat. Theb. III 597; alla fine poeti come Lucret. I 720; Verg. Aen. III 414 segg.; Ovid. met. XV 290; Eustath. E Schol. su Dionys. perieg. 476 [Poseidone avrebbe separato la Sicilia e R. col ferro (falce?) per portare in salvo il suo amato Giocasto, un figlio di Eolo]. I geologi moderni non hanno raggiunto una completa intesa. A differenza dell’Appennino dell’Italia centrale, le catene montuose calabresi e siciliane hanno uguale tipo di struttura (cfr. Th. Fischer Mittelmeerbilder 164 seg.), ma il ricordo storico di un processo di frantumazione è escluso, così come l’antica teoria di una precedente connessione di Africa e India, il presunto paese delle sorgenti del Nilo. Secondo l’opinione di Fischer, corretta, (Peterm. Mitt. XLIII 194 [1897]) la Sardegna, la Corsica, la Calabria e la Sicilia settentrionale sono resti di terra dell’epoca della nascita dell’Appennino e dello sprofondamento del Tirreno verso la metà del Terziario; poi a quello sprofondamento seguì, nel Pliocene, un innalzamento per il quale quello di Messina rimase l’unico stretto marino mentre prima c’erano tre bracci di mare. Lo stretto si deve dunque ricondurre a una spaccatura del Monte Alto dal Peloro verso la fine del Pliocene (cfr. anche Philippsohn Das Mittelmeergebiet 20). Nello stretto vennero poi a completarsi altri mutamenti ad opera delle fiumare, che in inverno trascinano con sé scisto e gneis, fatti scoppiare dal calore estivo. La corrente, diretta a nord, porta i detriti allo stretto dove il vento occidentale si oppone alla corrente e fa depositare i detriti; così nacquero per separazione il lago presso S. Agata e quella barra presso P. del Faro, che risulta dalle indicazioni di profondità dello schizzo. Qui non c’è una direzione regolare della corrente, ma si evidenziano molto chiaramente alta e bassa marea. La direzione della corrente della bassa marea è N.-S.; essa comincia al Faro, si volge verso Pezzo, poi verso Cittadella, da là a Reggio e lungo la costa verso Sbarre, da là verso la Sicilia (Capo di Scaletta). Sei ore dopo l’inizio della bassa marea comincia a Faro la corrente dell’alta marea con direzione S.-N. (cfr. Annalen der Hydrogr. u. mar. Meteorologie Bd. XXI [1893] 505, in Jobst Scylla und Charybdis. Würzburger Progr. 1901/1902, 21. 22). Il motivo per l’evidente comparsa di alta e bassa marea in questo luogo del Mediterraneo non sta tanto nell’influsso del vento quanto nella forma dello stretto che verso nord si restringe e diventa meno profondo, e nella differenza dei tempi portuali dello Ionio e del Tirreno (Annalen loc. cit. vol. XI [1891] 300). Il brusco mutamento in larghezza e profondità dello stretto (cfr. lo schizzo) causa una quantità di controcorrenti (bastardi o refoli), con le quali devono fare i conti anche i vaporetti. Tali controcorrenti sono a Pellaro-Sbarre, Reggio-Catona, Pezzo e a ovest di Scilla, a nord del porto di Messina, a S. Agata-Faro, nell’ora della bassa marea a ovest di Scilla – a sud ovest di Pezzo, Catona-Reggio, Sbarre-Pellaro, Cittadella, Salvat. d. Greci, S. Agata, Faro; cfr. Jobst loc. cit. Annalen loc. cit 1891, 302. 1893, 505/506. Fischer Penisola 53. G. Schott Meeresströmungen in der Straße von Messina, Globus 1894. 178. (La larghezza dello stretto e le condizioni di profondità dello stesso che sale a onde verso nord, risultano dalla carta sul retro.) Gli antichi hanno però anche altre teorie, tra le quali merita considerazione quella che riesce a mettere insieme il nome con regnum - βασιλικόν, Strab. VI 258. In primo luogo bisogna ricordare R. Lepidi, dove è impossibile la derivazione del nome da ρήγνυμι, poi le monete mostrano, se non condividiamo gli altri dubbi riguardo la derivazione greca addotti da Axt (topografia di R. e Messana, Progr. Grimmen 1887; per la derivazione da ρήγνυμι Grasberger Studien in den griech. Eigennamen,Würzburg l888), la forma senza aspirazione RECINON (Head HN 92), e così pure le iscrizioni CIL X l n. 4. 5. 6. (Regini) e gli autorevoli codici su Cicerone Verr. II 135. V 47; pro Arch. 3, 5. Plin. XI 95, che dunque compare come la più vecchia (le monete iniziano nel 530/494) e migliore scrittura (cfr. Mommsen CIL XI p. 3 Nissen Ital. Landesk. II 963. 2. Tzschucke su Mela II 4 § 8 (t. II 340. V 410]) e contiene una radice ligure. C’è ancora da menzionare Apollod. II 5, 10 (FHG I 140), dove il nome viene messo in relazione con lo strappare di un toro di Ercole (cfr. Grotefend Älteste Kunde von Italien, Hannover Abhdlg. 19, 1840). Il nome è probabilmente ligure e non corrisponde né alla spiegazione romana né a quella greca. A differenza degli abitanti di R. Lepidum (Regienses), quelli di R. si chiamano Regini, cosa che però p. es. non fa la hist. Miscell. II 21 p. 35, l e 5. Naturalmente troviamo anche la derivazione da un eponimo: Herakleid. Pontik. 25 (FHG II 219) menziona la tomba di Giocasto ucciso dal morso di un serpente, e proprio vicino alla posteriore città di R., che poi από τινος εγχωρίου ήρωος εκαλειτο, così pure Dion. Hal. XIX 2. Giocasto stesso è nominato come fondatore della città da Timeo (Diod. V 8) e da lui Callimaco in Tzetzes Lyc. 45, 738; Eustath. Dionys. perieg. 476 (cfr. Schol. Dionys. perieg. 461: Callimaco). Schol. Od. X 2. 6. Da accostare a questa è la notizia (Schol. Dionys. loc. cit.) che R., la fondazione di Giocasto, una volta si chiamava Ερυθρά. Anche se la leggenda di Giocasto, l’eolide, viene solo da Timeo (cfr. Müllenhoff D. A. I 450; però anche Herakleid. Pontik. loc. cit. nomina già Giocasto), bisogna tuttavia ricordare che Columna Regia, cioè l’approdo per il traffico con Zancle, era un bel po’ lontana dalla città di R. (Strab. VI 257. Plin. III 71) e, come anche in seguito, può essere stata una località, così come il più antico insediamento di Gades (San Sebastiano) coincise originariamente con la Columna (Strab. III 171. VI 257. Mela II 68. Plin. III 71. 73. 86. Itin. Ant. 98. 106. 111). B. Fondazione. Herakleid. Pontic. loc. cit. nomina i Calcidesi come fondatori (οι απ’ Ευρίπου διά λιμόν αναστάντες): παρέλαβον δέ καί Πελοποννήσου τούς Μεσσηνίους τούς εν Μακίστω τυχόντας διά τήν ύβριν των Σπαρτιατίδων παρθένων. Allo stesso modo Strab. VI 257, che fa altre aggiunte, narra che i Calcidesi avevano promesso ad Apollo di Delfi la decima parte dei loro giovani, ma poi riferisce un’altra versione di Antioco: la calcidica Zancle aveva chiamato i Calcidesi (sotto Artimede: Dion. Hal. XIX, 2) e costruito la colonia sotto Antimnesto (cfr. Dionys. loc. cit.) entrando quindi in possesso dello stretto marino. In essa si sarebbero poi imbattuti i Messeni (cfr. Strab. VIII 362), che negarono agli Spartani la penitenza a causa di un sacrilegio commesso a Limnai (cfr. anche sopra); quando si stabilirono a Makistos (cfr. a tal proposito Strab. VIII 345), Apollo comandò loro di andare a R. coi Calcidesi, per sfuggire così all’incombente rovina dei loro compatrioti in patria. Secondo l’oracolo avrebbero trovato pace là dove la femmina abbraccia il maschio, e ιδόντες πρίνω περί πεφυκυιαν άμπελον (= Diod. VIII 23), si stabilirono solo in un luogo contrassegnato dalla tomba di Giocasto, alla fine proprio a R.: Herakleid. Pontic. loc. cit. Antigon. Caryst. I (ed. Keller). Dion. Hal. XIX 2. Abbiamo dunque le seguenti notizie: l. I Calcidesi fondano R. sotto Antimnesto (Artimede) per ordine degli Zanclesi, affini per origine, onde dominare lo stretto unitamente a Mylai, fondata intorno al 717: Strabone (= Antioco) Tuc. VI 44. 79. Diod. XIV 40. Eforo in Scymn. 311. 2. La carestia e un oracolo causarono l’emigrazione dei Calcidesi a R. Strab.; Diod. VIII 23, 2 (nominato l’oracolo), ma qui sono i Calcidesi, non i Messeni che ricevono l’oracolo dalla vite; come Diod. anche Dionys. XIX 2 ed Eforo in Ps.-Scym. 311. La fonte è Timeo: cfr. Geffcken 141. 3. I Messeni avrebbero partecipato alla costruzione di R. in base a un oracolo. Strab.; Herakleid. Pontic.; Paus. IV 23, 6 (che pone questa partecipazione non nel periodo della fondazione). Cronologia. Dalla storia della fondazione si deduce che in primo luogo non viene affatto tramandata né deve essere supposta una partecipazione contemporanea dei Calcidesi e dei Messeni, Diod. VIII 23, 2. Dionys. XIX 2. Strab. VI 257. Paus. IV 23, 6. La costruzione di R. ad opera di Zancle e dei Calcidesi non è criticabile: essa cade naturalmente dopo la fondazione di Zancle (dopo il 735), circa nell’epoca della costruzione di Mylai (Diod. XII 54. Thuc. III 90), la seconda colonia di una Zancle che si stava sviluppando, dunque intorno al 717. La partecipazione dei Messeni cade evidentemente in epoca più tarda, tanto che Eforo loc. cit. nomina come fondatori solo i Calcidesi. Certamente anche R., come Taranto, in seguito alla sconfitta di Messena, potrebbe essere stata costruita dopo il 736 con l’aiuto di Messeni in fuga, ma probabilmente non è così. Si suppone che solo dopo la seconda guerra di Messena a R. arrivino i Dori che non trovano più accoglienza a Taranto e che poco a poco doricizzano la città ionica proprio come Naxos, Tauromenion, Catana e Leontini. Anassilaoo di R. (le monete con Messenion invece di Recion cominciano sotto Anassilaoo: Larizza Rhegium Chalcidense, Roma 1905, 100), poiché allora nei disordini di Cleomene Sparta sconfigge di nuovo i Messeni, chiama schiere doriche facendo di R. una città totalmente dorica; dal 461 Δάνκλε, ribattezzata nel 500 in Μεσσενίοv, porta ancora il nome di Μεσσάνα. Limnai e Makistos devono la loro menzione nella storia della fondazione solo alla circostanza che là (a Limnai) c’è il noto luogo di culto di Artemide (p. es. Paus. III 16, 6; secondo B. Niese Hermes 1898, 25 la storia dello stupro delle vergini può essere nata solo dopo Filippo di Macedonia), che è importante per R. (cfr. sotto E), l’altra invece (Makistos) deve essere una fondazione dei Calcidesi di Eretria (là il monte Makistos, presso Makistos a Elis il torrente Chalkis, Strab. VIII 343. 350, che però non cita il dubbio verso di Omero ma di Hymn. Apoll. Pyth. 425). Non siamo autorizzati a negare una fondazione calcidica sulla base della predominante lingua dorica (cfr. sotto C) e dei nomi presenti a Elis, poiché per gli Ionii di Zancle l’occupazione della costa opposta era questione vitale. Non siamo in grado di datare esattamente la prima immigrazione messenica, ma alla connessione, trovata da generali considerazioni intorno al 600, si aggiungono dalla tradizione due punti che portano anch’essi all’epoca dopo la seconda guerra messenica. Dopo la distruzione di Makistos (Strab. VI 257) i Messeni emigrarono: ora, Makistos fu distrutta intorno al 580 per la sua partecipazione alla rivolta: Paus. VI 22,4. Secondo Paus. IV 23, 6 Anassilaooo si annovera nella quarta generazione dopo il suo avo Alkidamas, che a suo tempo emigrò per primo a R. Alkidamas riconduce dunque all’epoca intorno al 596. C. Lingua. Lo Etymol. Magnum elenca alcune specifiche parole dialettali reggine (135, 44 ε mutato in ν con nota 386 D. 387, 49 -ώσιος = -ώνιος. 650,11 -ησι = -ει), i grammatici studiarono il dialetto di questa città in opere specifiche (Filosseno di Alessandria, Trifone cfr. Suid. s. v.), poeti (Ibico πεπηγώς τραρεζηταν κυνών) e iscrizioni (Sammlung griech. Dialektinschriften ed. Collitz und Bechtel III 2, 498) mostrano che la lingua di R. era una lingua mista, proprio come la popolazione. Lo σχημα Ιβύκειον, che ha anche Bacchilide, è cresciuto su base ionica (cfr. Ahrens II 302. v. Wilamowitz Textgeschichte der griech. Lyriker 46 l; altra bibliografia in Thulin Griech. Gram. 158. 144). Le iscrizioni latine non prevalgono, e quindi R. rimase sempre πόλις Ελληνίς. Delle iscrizioni greche la n. 5276 (iscrizione dedicatoria del Ρηγινος καί Μεσσήνιος Mikythos, compilata dopo il 468/467 = IGA [Roehl] n. 532), la 5277 (intorno al 415) e la 5278 sono ioniche, invece doriche Dittenberger Syll. 323 (Collitz-Bechtel loc. cit. III l, 4258: αλίασμα attestata ancora solo a Gela e Agrigento: I sec. a.C.; cfr. al riguardo Thulin loc. cit. 144). La purezza del dialetto greco d’epoca più tarda viene celebrata: Strab: VI 253 (cfr. Cic. Arch. 3, 5). D. Posizione della città e suo territorio. In seguito all’oracolo (Diod. VIII 23) gli emigranti dovevano stabilirsi sull’Αψιας, un fiume che non siamo in grado di identificare (moneta col dio del fiume Head HN 91). Come confine viene nominato verso Locri lo Halex (= Fiumara di Melito); Tuc. III 99; Dion. perieg, 367 e Eustath. 364; Suid.; Strab.VI 260; Diod, IV 22; Plin XI 95; Antigonos Caryst. I (ed. Keller); Conon hist. 5 (tutto da Timeo, come mostra Antigono loc. cit.), in Pausania e Aelian nat. an. V 9; var. hist. VIII 18 (R. Kiepert FOA XXI 4 sbaglia) certamente il Cecino (VI 6, 4), che non si deve identificare con l’Amendolea, ma con il Londra, così che il territorio intermedio poteva essere controverso (cfr. Nissen Ital. Landesk. II 955). La leggenda delle cicale raccontata nei passi riportati (grillo come stemma), che cantavano nel territorio di Locri ma non in quello di R. (nel modo più dettagliato e in due versioni da Timeo in Antigono loc. cit.), è in relazione con la notizia riportata da Plin. II 211 che a Locri non c’era pestilentia. Verso l’interno la montagna (Strab. VI 261) delimita la città che ha perciò solo una sottile ma fertile costa per espandersi. Infine a nord il Metauro (= Marro) forma il confine verso la colonia locrese di Medma (= Rosarno), da dove la costa raggiunge una considerevole larghezza. La città di confine sarebbe Taurianum (rovine di Traviano Not. d. scavi 1883. 1891. 1892), che è posta come Metauro sulla sponda sinistra o su quella destra del Marro (là anche portus Orestis), e precisamente alla foce; Metauro stesso, conformemente alla posizione, è ritenuta fondazione dei locresi o zanclesi (Nissen Ital. Landesk. II 960). Nel territorio di R., per il quale in seguito vengono esageratamente usate le espressioni η Ρηγίνων χερρόνησος (Plut. Crass. 10, 4) o R., μητρόπολις τής Βρεττίας (FHG IV 60 Olympiodoro), vi sono le seguenti località: Catone (Peter 54) e Varrone (Mirsch 110), a tal riguardo schol. Theocrit. (praef. 4 Ahrens) menzionano sette fiumi o come affluenti del fiume di confine Paccolicus (Metauro) o nel territorio stesso della città: Latapadon, Migodes, Eugyon, Stracteros, Polme, Meleissa, Argeades (inutili tentativi di identificazione in Axt Topographie von Rhegium-Messana 11 segg.). A partire dal Metauro seguono: Arcias = Solano? (non uguale Archi), Malliae = Bagnara, Portus Balarus (presso Scilla?), Scyllaeum = Scilla [Scyllaeum prom.], Caenus prom. = Batteria di Terre Cavallo (non Capo Pezzo), Crataeis = Fa. S. Tara, Columna = Catona, Leucopetra = (Strab. VI 259: 50 stadi da R.; cfr. CIL X 1 n. 7) τό Ρήγιον ακρωτήριον = Capo Pellaro, Peripolium (cfr. Monte Peripoli e FOA IX 4; batteva moneta, Head HN 91), Decastadium = Melito, Altanum = T. del Salto, Scyle (sullo Spropoli), Herculis prom. = Capo Spartivento, Brystacia = Bruzzano, Caecinus = Londra? (sui fiumi di confine cfr. sotto F). Poiché a seguito dei flussi di popolazioni che si riversarono su questa città nel corso dei secoli e dei terremoti (l’ultimo nel 1783) manca quasi ogni traccia di antiche costruzioni e di mura, non si può determinare nemmeno il perimetro della città, ma con Axt (loc. cit. 9-10) si può supporre che l’antica R. avesse un perimetro abbastanza grande. Dai ritrovamenti tombali e simili (cfr. CIL X 1 p. 3 segg. Not. d. scavi 1883. 1884. 1886. 1888. 1889. 1907. 1909. 1912 Suppl. [resti di mura in Corso Garibaldi]), in parte sulla strada Cataforia-Cardeto, e dalla posizione del tempio di Artemide presso Pellaro (cfr. sotto E) si può dedurre un perimetro maggiore. Il Monte Alto lo possiedono i Bruzi (Strab. VI 261); la loro città è Mamertium = Oppido. I numeri della popolazione risultano dai contingenti dell’esercito e della flotta dei Reggini. Nel 387, dopo un assedio di undici mesi e la riuscita conquista ad opera di Dionisio, si trovano a R. solo 6000 prigionieri di guerra, gran parte dei quali viene trapiantata a Siracusa (Diod. XIV 111 4). Le indicazioni sugli scarsi aiuti degli Ateniesi nel 427/426 (10 navi Tuc. III 88) e nel 425 (8 navi Tuc. IV 25) non sono utilizzabili, e nemmeno si addicono ai 6000 fanti, 600 cavalieri e 50 triremi che R. ha nel 399 (Diod. XIV 40). Da questi numeri, inoltre, anche se sono affidabili, come pure dalla forza totale della flotta di 80 (Diod XIV 103. 106) e 100 triremi (Diod. XII 54), si possono trarre conclusioni più sulla ricchezza che sulla popolazione la quale, come suppone anche Beloch (Bevölkg. der griech.- römischen Welt), non ha superato le 10000 anime nemmeno nel periodo del massimo splendore, numero che però potrebbe essere troppo basso. Lo scarso numero di abitanti in epoca romana induce Ottaviano a trapiantarvi, nell’anno 30, veterani della flotta. (cfr. sotto F). In epoca imperiale R. fiorì grandemente, come risulta dalla sua posizione di allora (cfr. sotto F). Oggi R. ha circa 10000 abitanti. In ogni caso R. fa parte, già per la sua costruzione, di quelle colonie tipicamente calcidesi che, costruite su coste ripide, sono per lo più diventate solo piccole località, mentre poco a poco le colonie doriche (p. es. in Sicilia) sulla costa pianeggiante hanno il sopravvento dal 500 per il loro vasto retroterra. R. deve la sua fioritura e la sua ricchezza solo alla sua posizione favorevole, alla quale poco si adatta il cattivo porto, e alla sua importanza come città di commercio di transito. Del non irrilevante territorio era adatta alla coltivazione solo una stretta fascia costiera che però si distingueva per la grande fertilità e ricchezza d’acqua (cfr. i 7 fiumi sopra e CIG n. 1436). Le monete mostrano viti e rami d’ulivo (Head HN 91, altra bibliografia in Busolt Griech. Gesch. I 398. 4), a cui si aggiungono secondo Teofrasto (h. pl. IV 5, 6 = Plin. XII 7) anche i platani (platanus orientalis L.), introdotti da Dionisio (cfr. Bretzl Die Ergebnisse des Alexanderfeldzuges 353). Il vino è lodato da Athen. I 26 e e Cassiod. var. XII 14, inoltre esso gioca un ruolo nel menzionato oracolo della fondazione: anche oggi l’olivo prospera magnificamente a R. E. Storia leggendaria. Oreste libera la sorella da Tauris e ora deve essere purificato per la sua azione. Dall’equazione Ifigenia = Artemis Orthia (Limnai) = Ταυρική si evince la spiegazione per la scelta delle località dove ebbe luogo questa purificazione. Anche R. faceva parte di quei luoghi che si vantavano di essere in possesso di quell’immagine della Artemide taurica. Probi qui dicitur Comm. in Verg. Buc. et Georg. praef. p. 325 Hagen (su ciò Teocrito schol. praef. p. 4 Ahrens) riporta quanto segue: in seguito al detto del dio, Oreste deve trovare la purificazione su un fiume quod septem fluminibus confuderetur. ...venit ad fines Rheginorum ibique invento flumine elutus traiecit in Siciliam …huius autem fluminis apud quod purgatus est Orestes Varro meminit Humanarum XI sic: iuxta Rhegium fluvii sunt continui septem: Latapadon, Micotes, Eugiton, Stracteos, Polie, Molee, Argeades (cfr. la lettura in Hirsch De Varronis ant. rer. human. libris p. 110. Diss. Leipzig 1882). in his matris nece purgatus dicitur Orestes ibique ahenum eius diu fuisse ensem et ab eo aedificatum Apollinis templum, e cuius luco Rheginos, cum Delphos proficiscerentur, re divina facta lauream decerpere solitos, quam ferrent secum. item Cato Originum III: Theseunti (var. Rhegini; Schneidewin Diana Phacelitis et Orestes apud R. et Siculos, Götting. 1832 u. Rh. Mus. 1846 transeunti) Tauriani vocantur de fluvio qui propter fluit. id oppidum Aurunci primo possederunt, inde Achaei Troia domum redeuntes. in eorum agro fluvii sunt sex, septimus finem Rheginum et Taurinum dispescit: fluvii nomen est Pecoli (codd. Paccolico; cfr. Polie di Varrone) ... (Bibliografia: Roscher Lex. Mythol. III l, 1000 n. 16. Nissen Ital. Landesk. II 961 e Axt loc. cit. 11 segg.; cfr. sotto D). Il culto di Artemide (le monete hanno spesso anche Artemide e Apollo, ma solo dopo il 410, cosa che non è di secondaria importanza per l’età di questa leggenda) di R. offrì, unitamente al nome della città reggina di Taurianum, l’occasione per questa identificazione della leggenda di Oreste, forse anche il fatto dell’esistenza di una R. tracica, ma nominata solo da autori tardi (Steph. Byz. 223 Meineke. Procop. de aedif. IV 8. Theophan. 231, 22 Boor). L’impatto dorico sulla popolazione di R. portò in seguito nella leggenda della fondazione il luogo consacrato al culto maggiore della Artemis Orthia, la spartana Limnai (cfr. sotto D), ed anche il Portus Orestis (= Porto Oresti sul Marro), nominato da Plin. III 73, deve la sua nascita alla leggenda localizzata presso R. Non sappiamo chi fra i greci trasportò per primo qui la leggenda ma non si può negare la possibilità che lo abbia fatto già Eschilo nel Glauco, anche se le prove date da Axt loc. cit. 17 non sono in gran parte credibili; da menzionare è solo la glossa di Hesych: Ξιφίρου λίμνην, Αισκύλος Γλαύκω Ποντίω. ο πορθμός ταυτα γάρ πάντα τά περί Ρήγιον λιμήν (cod. ωρείων) (Hermann op. II 69). La posizione del tempo di Artemide si desume da Thuc. VI 44, 3: a Capo Pellaro (= Ρήγιον ακρωτήριον, cfr. Ps.-Aristot. mir. ausc. 130) vicino alla città ma fuori dalle mura. (Una più esatta determinazione della posizione del tempio è tentata da Axt loc. 9. Ritrovamenti che si riferiscono a questo culto: CIG XIV n. 617-621; sul culto di Diana Facelina: Schneidewin Diana Phacelitis et Orestes apud R. et Siculos, Götting. Diss. 1832). Anche il mito di Ercole fu collegato a R. come mostra già la leggenda della fondazione riferita da Apollodoro II 5, 10 (cfr. sotto A). Secondo Diod. IV 22 Ercole avrebbe portato da R. a Locri anche le cicale (cfr. Antigon. hist. mirab. c. 2 ed. Keller). I fondatori calcidesi avranno trapiantato la leggenda anche a R. e locali potenti come Lycos di Regium (FHG II 370 frg. 2), avranno provveduto per quanto possibile a rinfrescarla e a diffonderla. Anche il prom. Herculis = Capo Spartivento (Strab. VI 259), che apparteneva eventualmente al territorio di R., ricorda questa leggenda. F. Storia. Sappiamo poco del periodo antecedente Anassilaooo, il più importante tiranno di R. (494). La leggenda trattata sotto B è la solita: Delphi avrebbe comandato la colonia. Naturalmente il corso storico è il contrario: il colonizzatore decide la fondazione e interroga l’oracolo, come sempre per avvenimenti importanti. Secondo Strab. VI 257 sempre solo tiranni di etnia messenica avevano avuto il dominio sulla città eccetto Anassilaooo, figlio di Cretina (Herod.VII 165), ma non sappiamo nulla dei predecessori di Anassilaooo, che secondo Aristot. pol. VI p. 1360 a 38. Dion. Hal. XIX 4 e Herod. VII 165. VI 23 eliminò per primo l’oligarchia. Il prevalere dei Messeni si completò lentamente; è il vecchio conflitto dei vecchi e nuovi cittadini che anche qui termina con la vittoria dei nuovi. Charondas è ritenuto il legislatore di R. (Herakl. pol. XXV) e venne probabilmente da Catana, la colonia calcidica (Aelian. var. hist. III 17. Schol. Platon. rep. X 599), come d’altra parte Androdamis di R. portò le sue leggi ai Calcidesi traci (Aristot. pol. II 9, 9). L’oligarchia era secondo Herakl. pol. XXV la signoria di 1000 αιρετοί από τιμημάτων, fra i quali quelli Messeni ottennero per primi il maggior peso e posero fine al diritto calcidese di Charondas. Nel 540 Alalia soccombette agli Etruschi, gli abitanti scacciati dell’infelice colonia dei Focesi trovarono accoglienza a R. e, partendo da qui, fondarono Velia (Herod. I 166 seg.). Il contrasto fra i vecchi Calcidesi e i nuovi Messeni, l’obbligo di stare uniti contro gli Etruschi e i Cartaginesi, la nascita della Tyrannis in altre città siciliane e italiche portò anche a R. la mite (Iust. IV 2, 4: Timeo?) Tyrannis di Anassilaoooo (494-476) (Diod. XI 48. Herodot. loc. cit. Aristot. loc. cit. Dionys. loc. cit), che della colonia calcidica senza porto fece una città commerciale forte in guerra. In opposizione all’aristocrazia dei vecchi cittadini si afferma Anassilaoooo (così la forma dorica), sulla cui doricità non v’è da dubitare (di diversa opinione Ed. Meyer II 506, nota). Egli conquista anche la città madre Zancle, procurando ai Sami e ai Milesi il dominio sui vecchi cittadini sotto Skythes (404), sopporta il dominio di Kadmos (Herod. VI 23. VII 164) e poi scaccia questi Sami (Herod. VI 23. Tuc. VI 4. Ed. Meyer Gesch. d. Altert. II 506); la città nuova la chiama Messana (Herod. VI 23. VII 164. Tuc. VI 4, 5 [Antioch.]: da Herod. VI 23 Busolt Griech. Gesch. II 782 deduce che i Sami già prima dell’assalto di Anassilaoooo chiamarono la città Messene, e per questo egli può addurre anche le monete di tipo samio; ciò è impossibile perché i Sami propendevano per Gela e la signoria di Kadmos non viene affatto menzionata da Antioco in Tucidide a causa della loro irrilevanza) come la sua vecchia patria; Tucidide (VI 5, 1) chiama la nuova popolazione ξύμμικτος. R. Kiepert (FOA XXI 3) tiene molto alla notizia di Strab. VI 268, secondo la quale Messana era stata colonia dei Messeni peloponnesiaci e adduce la supposizione di Freemans (History of Sicily, trad. tedesca II 276), che il nome di Messana fosse nato solo dopo la terza guerra messenica intorno al 460; le monete (Larizza Rhegium Chalcidense, la storia e la Numismatica, Roma 1905 e Head HN 133 segg.) dimostrano l’esistenza del nome prima del 480 (Messenion), sostituito intorno al 460 dal veramente dorico Messanion (cfr. anche Diod. XV 66). In qualità di signore delle due città (forse si riferisce all’epoca della Tyrannis Paus. V 25, 2, quando dice che Messene mandava a R. ogni anno un coro di fanciulli), che chiudevano lo stretto marino, Anassilao fece costruire anche un porto fortificato contro gli Etruschi (Scyllaeum), mentre prima non c’era una spiaggia per tirare a riva le navi del vecchio tipo (Strab. VI 257); naturalmente questo porto non segnerà il confine, come sottoscrive R. Kiepert (loc. cit.). Quando Anassilao vuole vincere anche Locri, interviene Gerone: Diod XI 48. Schol. Pind. Pyth. II 84 (da Timeo). I 99, diventato intanto suo genero; Diod. XI 26. Schol. Pind. Pyth. I 112; Anassilao stesso sposa Kydippe, la figlia di Terillo di Imera, nemico di Gelone, Herod. VII 165. Con i Cartaginesi Anassilao era in buoni rapporti perché si servì di loro contro Gerone e Gelone, Herod. VII 165 (a. 480). Al governo di Anassilao si riferiscono le monete con la coppia di muli e la lepre, Head HN 134; su questo Aristot. frg. 568 Rose (Poll. V 75. Herakl. pol. p. 21, 15). Athen. I 3 e. Simonid. frg 7 [presunta viltà dei R., Athen. I 19 f. 369 (Naber). Suid. v. λαγώς], così come viene regolato unitariamente il conio per Messana-R. e sostituito dalle eubeiche-attiche. Proprio quando Anassilao muore 476/475 (Diod. XI 48), Gerone era diventato suo vicino con la distruzione di Naxos e Leontini. Reggente per i figli minorenni era un fedele servitore di Anassilao Mikythos (Herod. VII 170. Paus. V 26, 4. Diod. XI 48. 52. 59. Schol. Pind. Pyth. I 112. Iustin. IV 2. Macrob. I 11; cfr. Ed. Meyer loc. cit. III 355), che, in possesso delle due città, (IGA 532. 533. Ρηγίνος καί από πορθμου Μεσσήνιος, su questo Paus. V 26) fece un patto con Taranto contro i Messapi; la sconfitta di Taranto deve essere costata anche a R. 3000 guerrieri (473/472) Diod. XI 52. Herod. VII 170; cfr. E. Pais L' alleanza di Taranto e di Reggio contro gli Japigi. Ricerche storiche e geogr. sull’Italia antica. Torino 1908, 29 segg. (Pais riferisce a questo anche Ael. var. hist. V 20 e pone la costruzione di Pyxus prima del 471, come indica Diod. XI 59). Contro gli Etruschi riuscì l’occupazione di Pyxus (= Policastro) [Diod. XI 59. Strab. VI 253. Steph. v. prima], vicino alla colonia di Velia, fondata egualmente con l’aiuto di R. e sulla strada commerciale che conduceva a Siris e quindi al golfo di Taranto (Pais loc. cit. 35 segg.). Proprio questi interessi commerciali avevano portato Siris e Locri ad opporsi a Crotone, che alla fine dovette soccombere sul Sagra alla lega di Locri e R. (Timeo in Diod VIII 32. Iustin. XX 2 segg.). Nacque poi inimicizia fra Locri e Anassilao così che R. sciolse il menzionato patto con Taranto per non rimanere sola. La conseguenza della sconfitta degli alleati ad opera dei Messapi fu la perdita della reggina Pyxus (Strab. VI 253, su cui forse si deve prendere Diod. XI 59 [conquista di R. stessa], se non si osa seguire la bella supposizione di E. Pais op. cit. 40 segg. che sul Siris ci fosse stato un castello poi conquistato, perché è naturalmente impensabile il racconto dell’espugnazione di R. stessa). Per iniziativa di suo cognato Gerone dovette render conto a Mikythos nel 467 e questo fatto diede una nuova dimostrazione dell’onestà del suo carattere, andò poi a Tegea e lasciò la Tyrannis ai figli minorenni del suo predecessore; nel 461 avvenne il crollo della Tyrannis fondata da suo padre Anassilao (Diod. XI 76) e nacquero disordini fra i vari partiti (Iustin. IV 3). Il distacco da Messana ne è la conseguenza, e probabilmente anche a R. si risollevarono i vecchi cittadini, che poi, verso la metà del secolo, concessero asilo ai pitagorei in fuga (cfr. le monete del 466-387, Head HN 94; le idee dei pitagorei avevano evidentemente trovato a R. grande consenso poiché il catalogo di Iamblichus nomina un’intera schiera di pitagorei di R., Vorsokrat. di Diel I² 269). Intorno al 440 Messana, Locri e Siracusa fanno una lega contro R., alla quale si aggregano nel 433 Leontini e Atene, CIG I Suppl. p. 13 n. 33 (Tuc. III 86, 2. IV l. 24. 25. Diod. XII 54). In quel tempo Locri ebbe sempre di più il sopravvento, formò una potenza importante con Temesa, Hipponion e sembra aver spinto in avanti il confine dal Cecino allo Halex, Tuc. IV l. 24; secondo Tuc. III 99 il Cecino è un fiume locrese. Nel 427 comincia l’attacco dei Siracusani a Lentini, che viene appoggiata da R., Tuc. III 86 segg. Atene può mantenere Messana solo per poco tempo e, insieme con lei, il dominio dello stretto. R. aiuta gli Ateniesi con poche navi, ma soffre anch’essa di litigi interni. Durante l’infelice spedizione ateniese del 415 R. è molto riservata e teme per l’indipendenza, perciò soccorre gli Ateniesi solo molto tiepidamente (Tuc. VI 44. VII l. 58. Diod. XIII 3). La catastrofe dei suoi federati fu perciò per R. senza grande importanza. Secondo Paus. IV 26, 2 sarebbero anche allora andati a R. dei Messeni di Naupaktos (cfr. Tuc. IV 9). Nella lotta di Dionisio per la Tyrannis R. stava dalla parte degli oppositori del despota, Diod. XIV 7-10, che sostenne energicamente nel 404 con una flotta e anche nel 402. Dovendo combattere contro i Cartaginesi, Dionisio cercò una riconciliazione con R., tanto più che aveva conquistato Messana. Egli promette un ampliamento di territorio e vuole trovare moglie a R.; i Reggini gli offrono per scherno la figlia del boia (Timeo in Strab. VI 257. Diod XIV 44, 5. 107, 3), così che Dionisio va insieme con Locri. Tutti gli avversari del tiranno trovano accoglienza a R. che dopo il 396 avanza contro Siracusa a favore dei Cartaginesi. Fa la guerra a Messana che è bendisposta verso Dionisio e riesce a conquistare nel 395-394 Mylai (Diod. XIV 87). Nel 393 Dionisio attacca R. di sorpresa con una forte flotta, incendia le porte della città, ma Heloris, generale dei Reggini, un esule siracusano, impedisce ulteriori successi, così che Dionisio fa un armistizio, Diod. XIV 90. Quando però nel 392 i Cartaginesi sono vinti, avviene il pareggiamento dei vecchi conti con R. Quando nel 390 incominciò questa guerra di vendetta, R. faceva parte della lega degli Italioti che difendevano la causa dell’indipendenza dell’Italia meridionale contro Dionisio e contro i Lucani che allora si spingevano avanti (Diod. XIV 91; cfr. Beloch Gr. Gesch. II 164, 2), così che Dionisio dopo gravi perdite nel 389 fece una lega con i Lucani, Diod. XIV 100. Dionys. XX 7. Con la pace (389) che seguì alla battaglia sull’Eleporos, gli Italioti avevano concesso a Dionisio il territorio a ovest della linea Skylletion-Ipponio: Locri ricevette come risarcimento i territori di Caulonia e Skylletion, Diod. XIV 103 segg. (106). Strab. VI 258. Paus. VI 3, 11. Dion. Hal. XIX 5 (su ciò Ed. Meyer Gesch. d. Altert. V 825, nota). R. era abbandonata alla vendetta dei vecchi nemici, ritardata soltanto da una breve pace e dalla consegna di 70 navi, Diod. XIV 106 segg. Frontin. III 4, 3. [Arist.] oec. II 19, 7. Nel 388 segue la battaglia disperata della città, provocata da Dionisio con contributi insopportabili (300 talenti). R. resistette undici mesi sotto Phyton, poi dovette arrendersi, Diod. XIV 106 segg. Strab. VI 258. Allora nacque la diceria ingiustificata ma diffusa dai furfanti di Dionisio sulla viltà dei R., Xenarchos (Kaibel frg. com. I 182) in Suid. v. Ρηγίνους τούς δειλούς (921 Bekker). La città (6000 abitanti) viene distrutta (Strab. VI 258), i poveri vengono venduti, il valoroso difensore e la sua famiglia torturati a morte. Fino al 360/358 il luogo dove prima sorgeva R. fu un vivaio di piante di Dionisio (Plin. XII 6-7 = Theophrast. loc. cit.; quanto al testo di Plinio si devono considerare le proposte di Gutschmid frg. di Trogus p. 183 e in Birt De Halieut. 138. Beloch contesta la distruzione della città perché Dionisio non si sarebbe mai costruito una residenza estiva vicino a un mucchio di rovine, ma la tradizione parla chiaramente di distruzione). Nel detto anno Dionisio II. eresse una nuova città che chiamò Φοιβία da Apollo, come racconta Timeo (Strab. VI 258). Nella lotta fra Dione e Callippo R. aspira al distacco da Siracusa e accoglie perciò nel 352 il fuggiasco Callippo, che però viene ucciso dai suoi soldati. (Diod. XVI 45). Nel 351 i Reggini chiamarono Timoleone e combatterono contro i Cartaginesi (Diod. XVI 66). Quando poi nel 280 Pirro, il liberatore, arriva nell’Italia meridionale, Roma ritenne necessario occupare l’importante città con 4000 Campani (Diod XXII l. Polyb. I 7, 3. Liv. Perioch. XII. Dion. Hal. XX 4. Appian. Samn. III 9; diversamente Beloch Gr. Gesch. III l, 563, l e ‚Die Kampaner in R.’ Gr. Gesch. III 2 § 169; l’occupazione avviene nel 282 per proteggersi dai i Lucani e contro la volontà di R. che propendeva per Pirro), ma queste truppe d’occupazione (sul cui numero cfr. Beloch loc. cit. 410) fraternizzano con i Mamertini di Messana, si giunse a un ammutinamento e il loro capo, Decio, si proclama signore della città. Dopo la vittoria di Pirro a Eraclea (280) Decio continua a tenere la città sotto il suo comando e impedisce l’annessione a Pirro il quale nel 276 fa un tentativo verso R. (Plut. Pyrrh. 24. Zonar. VIII 6), soccombe però nel 270 ai Romani e a Genucio, che vengono aiutati da Siracusa e passano a fil di spada gli occupanti, Polyb. I 7, 9 segg. Dion. Hal. XX 16. Zonar. VIII 6. Strab. VI 258. Liv. Perioch. XV. Liv. XXXI 31, 7. Oros. IV 3, 3-5. L’abile trattamento della città, federata dal 270 (Liv. XXXI 31. XXXV 16. XXXVI 42), ad opera dei nuovi signori che le lasciarono ogni autonomia, garantirono la liberazione dal servizio nelle coorti e limitarono ad alcune navi le prestazioni conformi al trattato (secondo Beloch Der italische Bund p. 206 insieme a Velia e Paestum 10-12 navi, Liv. XXVI 39, 5. XXXV 16, 3. XXXVI 39. 42, 2. XLII 48,7. Mommsen Röm. Münzwes. 322), trovò la sua ricompensa nella fedeltà dei Reggini nella guerra contro Annibale al quale resistettero come anche ai Bruzi (Liv. XXIII 30, 9. XXIV l [guarnigione romana]. XXVI 12, 2. Polib. IX l, 10. XXVI 40, 18. XXIX 6). Perciò R. mantiene intatta la sua costituzione cittadina. Da Cic. Verr. IV 135; Arch. 5; Philippic. I 7 si evince che R. ha ottenuto anche il diritto di cittadinanza romana, ma conservò la sua impronta greca (cfr. Mommsen CIL X l p. 3; Münzwesen 100. 325); la maggioranza delle iscrizioni della repubblica e dell’epoca imperiale è greca (CIG 5761-5768. 5771; Suppl. p. 1252; sul dialetto puro cfr. sopra sotto C). Le assegnazioni di terre ai veterani ad opera dei triumviri (42) forse toccarono anche il territorio di R. (Appian. bell. civ. IV 3. 25), ma dopo le lotte con Sext. Pompeo (Appian. bell. civ. V 81. 84) Roma rinuncia a questo provvedimento a favore di R. e insedia (36) solo alcuni soldati della flotta come rinforzo della popolazione, Appian. bell. civ. IV 86. Strab. VI 259. Dio XLV1II 18. Suet. Aug. 16. Il nome R. Iulium deve essere nato allora (CIL X l n. 5. 6. 228. VI n. 220. Tolem. III l, 9), come appunto si può dedurre dal nome, ma la città rimase, come mostra anche la forma nominale, un municipium (Ephem. epigr. VIII p. 70) sotto l’amministrazione di IIIIviri aed. potest. e non divenne una ‘colonia Iulia’; le preponderanti iscrizioni greche chiamano, prima del cambiamento di nome in R. Iulium, il più alto funzionario πρύτανις; (inscr. Ital. et Sicil. = IG XIV n. 12), poi πρύτανις και άρχων εκ των ιδίων (n. 618) o πρύτανις εκ του ιδίου και άρχων πενταετηρικός (n. 617), che da Mommsen, insieme ai 3 συμπρυτάνεις a lui associati, viene equiparato ai IIIIviri quinquennales romani (Mommsen CIL X l p. 4). VIviri Augustales e dendrophori sono egualmente testimoniati (CIL loc. cit. n. 7), come pure un collegio di poeti (CIG n. 615). Nonostante il terremoto del 91 a.C. (Strab. VI 258. Obseq. 54) R. riconquistò la vecchia fioritura dell’epoca anteriore a Dionigio I., quando poteva mettere in campo 50 e 100 triremi (Diod. XIV 8. 40. XII 54. terremoto: Not. 1912, 409), e divenne la μητρόπολις της Βρεττίας, come è detto con esagerazione in Olimpiodoro (FHG IV 60; cfr. Plut. Crass. 10, 4), anzi, nel IV secolo i correctores di Lucania-Bruttii hanno la loro sede a Salerno e a R. (CIL X l p. 4. Not. dign. occ. 435 Boecking). Come un tempo per la fusione dei metalli (Paus. III 17, 6. VI 4, 4. Plin. XXXIV 59) essa si distingue in epoca imperiale per le ceramiche artistiche (Plin. XXX 165) e fa parte per lungo tempo delle più importanti città dell’Italia meridionale (Plin. III 73. Itin. Ant. passim). Poi vennero i tempi cupi delle guerre gotiche che toccarono pesantemente anche R. Nel 410 Alarico conquista la città (hist. Miscell. XIII 27 p. 313 Eyssenhardt); anche nelle battaglie di Belisario, Vitige e Totila R. ha una sua parte (hist. Miscell XVIII 16 p. 372 [popolazione!]; 19 p. 374. XIX 24 p. 403 [povertà al tempo di Teodosio]. Procop. bell. Goth. I 8. III 18. 37. 39 [espugnazione]. Jord. Get. 309), però, nonostante tutto, sembra sempre in grande fioritura grazie alla sua posizione (Cassiod. var. XII 14. Paul. Diac. Langob. II 17). Dopo il governo dei Goti fu sottoposta all’Impero d’Oriente finché prima gli Arabi e poi i Normanni di Roberto il Guiscardo ne divennero i signori. Come diocesi gravita verso la Sicilia: Gregor M. reg. VII 19 (R. in Sicilia!) G. Celebrità. Le ceramiche artistiche e la fusione dei metalli sono già state menzionate (cfr. sopra). Conosciamo il famoso scultore Pitagora (Diog. Laert. VIII l § 47. Paus. VI 4. 4. 6, l. 6, 6. 7, 10. 13, 1. 18, 1), che operò dal 480 al 448 (cfr. Paus. ed. Hitzig-Blümner VI 548 segg.). Si devono inoltre menzionare il poeta Ibisco e gli storici Hippys (FHG II 12), Glaukos (FHG II 23) e Lykos (FHG II 370). Iamblichus loc. cit. nomina un gran numero di pitagorei di R. H. Bibliografia. Spanò-Bolani Storia di Reggio Calabria, Reggio 1891. P. Larizza Rhegium Chalcidense. La Storia e la Numismatica, Roma 1905. Axt Topographie von Rhegium und Messana, Prg. Grimmen 1887. Dionys Jobst Scylla und Charybdis. Eine geographische Studie, Würzburger Progr. 1901/1902. Lorenzo Le scoperte archeologiche di Reggio Calabria (non usato). Ed. Meyer Griech. Gesch. III-V. Busolt Griech. Gesch. Beloch Griech. Gesch.; Bevölkerung d. griech.-röm. Welt. R. Kiepert FOA XIX e X. Smith Dict. of Greek and Roman Geogr. v. prima Sieglin Atlas antiq. 22. Carta Idografica, edita dal Ministero dell’Agricoltura, Roma 1889 fogli 245. 253. 254. 255. 263. Carta italiana di stato maggiore generale. Nissen Ital. Landesk. II 963. Smith Atlas of ancient. Geographie (Karl Müller). Ulteriore bibliografia registrano il CIL X l p. 8. Mau Catal. des röm. Instit. e risulta anche dalle citazioni nel testo. Lo schizzo allegato, preso in considerazione anche per l’articolo Scylla, è stato disegnato usando i fogli dei cartelli idrografici italiani e della carta delle maree del XXI. volume degli Annali della meteorologia idrografica e marittima. [Philipp.] |