La successione era assicurata per il nuovo marchese.
Gian Giacomo ottenne dalle autorità superiori il 30 maggio 1596
la sentenza di non essere obbligato a corrispondere all’erario la tassa
detta annata, imposta a tutti coloro che tenevano nello Stato di Milano
feudi e redditi a titolo gratuito, mentre il feudo legato al castello di
Melegnano doveva ritenersi conferito a titolo oneroso, in contraccambio
cioè della cessione di Lecco, Musso e altri paesi del Lario e della
Brianza. Egli morì il I° settembre 1599. Il figlio primogenito
Ferdinando, detto Ferrante, nacque nel castello di Melegnano il 25 agosto
1581 ed ebbe come padrino del battesimo Ferdinando, arciduca d’Austria
(che divenne imperatore nel 1619 col nome di Ferdinando II°).
La sua madre, Livia Castaldi, che per un po’ di tempo tenne tutta l’amministrazione,
prese il possesso del feudo in nome del figlio ricevendo il giuramento
dei melegnanesi. Si fece rinnovare dalle autorità superiori l’antico
privilegio dell’esenzione delle imposte per il mercato di Melegnano e il
Senato di Milano le concesse, l’11 febbraio 1605, la facoltà di
fare pubblicare a Melegnano la grida delle armi. Ferrante non ebbe
prole legittima, ma gli nacquero due gemelli (Massimiliano e Teresa) da
Barbara Rossi, figlia di Dionigi oste di Melegnano all’osteria dell’Angelo.
Egli abitò sempre in Melegnano nel castello, dove morì l’11
marzo 1638. Fu sepolto nella chiesa di san Giovanni. Ferrante cedette
il possesso del feudo al fratello Giovanni Battista nel 1636, che divenne
marchese di Melegnano nel 1638. Giovanni Battista ebbe un carattere piuttosto
portato alla malinconia e alla depressione. Morì il 10 maggio 1646
e fu sepolto nel duomo di Milano nella tomba medicea. Il suo figlio
maschio primogenito Giovanni Giacomo Gaspero prese possesso di Melegnano
il 12 maggio 1646 con atto notarile rogato nel castello di Melegnano dal
notaio Guardetto. Ottenne il 23 febbraio 1656 il rinnovo del decreto
che le entrate fiscali dei marchesi di Marignano godessero l’esenzione
da ogni aggravio perchè possedute in corrispettivo della cessione
di Lecco e di Musso. Durante un’invasione del duca di Modena con
le truppe francesi nella Bassa Lombardia l'anno 1655, si chiuse nel castello
di Melegnano mentre i nemici seminavano distruzione in tutta la zona; fortificò
il castello e reclutò tutti i contadini atti alle armi per respingere
i nemici se si fossero avvicinati al paese. Ottenne dalle autorità
superiori in data 21 agosto 1674 il rinnovo della delibera che manteneva
al mercato di Melegnano l'esenzione del pedaggio e da altre tasse. Inoltre
dal re di Spagna, Carlo II°, poté avere il rescritto da Madrid
il 9 novembre 1677 firmato "Jo el Rey" che gli confermava il privilegio
del mercato stesso. Una delle sorelle, Andronica Maria, sposò
il tenente generale delle artiglierie del re di Spagna e poi governatore
della città e fortezza di Ferrara, Simone Cornacchioli di Ascoli
Piceno, e divenne madre di un illustre prelato, Carlo Cornacchioli, generale
dell'Ordine dei Carmelitani, poi vescovo di Bobbio. Rimasta vedova ritornò
a Melegnano dove acquistò una casa e vi rimase fino alla morte.
Gli successe il fratello Giuseppe Maria che prese il possesso del feudo,
delle giurisdizioni annesse e dei dazi il 25 novembre 1686 con una cerimonia
in castello dove si radunarono gli amministratori comunali e i dipendenti
incaricati di qualche mansione ufficiale per pronunciare il giuramento
di fedeltà. Ebbe contrasti con il Comune di Melegnano che si rifiutava
di pagare a lui quelle forme di tributo che erano state sempre versate
in relazione al mercato. Nel 1706 il duca di Savoia, Vittorio Amedeo
II°, mentre passavano per Melegnano le truppe degli Austro-Sardi condotti
dal principe Eugenio, si trattenne per tre giorni - 27, 28, 29 settembre
- nel castello. Il marchese Giuseppe Maria fu largo e grande
nell'ospitalità. Il figlio Carlo Antonio prestò giuramento
di fedeltà come marchese di Melegnano all'imperatore austriaco Carlo
VI° il 22 dicembre 1712, e il 6 maggio 1713 ricevette il giuramento
di fedeltà del capitano pretore, dei dipendenti ufficiali dei feudali
e degli amministratori comunali, i quali tutti giurarono anche a nome degli
abitanti maggiori di anni quattordici. Fece il testamento il 19 luglio
1737 presso il notaio Giovanni Antonio Hernandez, chiamando erede universale
il nipote Carlo Cosimo, figlio del fratello Gaspare Macario. Morì
senza prole il 30 luglio 1737 e fu sepolto nel duomo di Milano nella tomba
medicea. A lui si deve l'aver completata la raccolta dei ritratti
di famiglia che venne disposta lungo le pareti della grande galleria del
castello di Melegnano, una raccolta che andò distrutta nella massima
parte dai Francesi nella irruzione che fecero in castello l'anno 1796.
Carlo Cosimo, nipote di Carlo Antonio, ottenne il riconoscimento della
successione nel 1737 mentre percorreva la carriera di avvocato. Rimasto
vedovo si avviò al sacerdozio e celebrò la sua prima messa
nella chiesa di san Pietro. Dopo alcune vicende buone e anche deludenti
per il suo carattere un po’ bizzarro, si ritirò a vita privata rinunciando
a tutto in favore del suo figlio secondogenito Carlo Gaspare il 30 settembre
1761. A Induno Olona, dove si era ritirato, morì il 10 febbraio
1772 e fu sepolto in quella chiesa parrocchiale. Prima di essere
sacerdote aveva sposato la figlia di un tenente maresciallo austriaco governatore
di Lodi, Maria Teresa Anna Barbara Ajanx y Vreta, marchesa di Caparosso,
citta della Navarra in Spagna. La madre era la baronessa Maria Barbara
Arnoldt di Vienna. Maria Teresa morì a 25 anni, e così il
marito seguì la strada sacerdotale. Ebbe due figli: Gian Giacomo
e Carlo Gaspare. Carlo Gaspare succedette al padre nel 1761. Occupò
alte cariche pubbliche nell’amministrazione austriaca perchè ben
visto dalla corte di Vienna e dal Consiglio di Stato austriaco di Milano.
Nel 1780 il governo austriaco della Lombardia decise di togliere i dazi
e altre prerogative annesse ai feudi. Carlo Gaspare fece ricorso a Vienna
insistendo nel dire di essere esonerato dalla nazionalizzazione dei dazi
e di altri privilegi, perchè l’investitura feudale ai Medici era
un caso a se stante e unico nella Lombardia austriaca, dal momento che
il duca Francesco Sforza II°, stipulando la pace del 13 febbraio 1532
con Gian Giacomo I°, aveva trattato da potenza a potenza: quindi il
feudo di Melegnano doveva essere lasciato in pace e non poteva essere incamerato,
proprio perchè dato in cambio del feudo di Musso e Lecco cui era
annesso il carattere di sovranità. Il contenzioso andò
avanti per un po’ di tempo. Alla fine Carlo Gaspare, nella considerazione
che occupava posti importanti nell’amministrazione austriaca e per il fatto
di avere numerosa prole, cedette. Il 30 maggio 1788 lasciò allo
Stato i dazi sul pane, sul vino e sulla carne; cedette il diritto di autorizzazione
del mercato e del tributo che gli veniva versato a questo titolo dal Comune
di Melegnano; cedette pure il diritto della riscossione del plateatico
che era pagato dai venditori ambulanti che mettevano le loro bancarelle
sulla piazza castello. A Carlo Gaspare rimasero ancora il possesso
del castello di Melegnano con un centinaio di pertiche di terra adiacente
al castello, alcuni minori privilegi e il diritto di governo sulla pesca
sul Lambro nel tratto dallo scaricatore Addetta al mulino della Bernarda.
Quando i Francesi se ne andarono per tredici mesi dalla Lombardia e rientrarono
gli Austriaci, Carlo Gaspare ricostituì la sua pretura feudale,
assecondando in ciò anche il desiderio dei consiglieri comunali
incaricati per le tasse e dei commercianti di Melegnano. Fece testamento
il 5 settembre 1808 e favorì il suo figlio primogenito Gian Giacomo
Carlo Benigno. Mori in Milano il 13 settembre 1808. Gian Giacomo
Carlo Benigno visse nel periodo di passaggio dalla dominazione napoleonica
a quella austriaca. L’imperatore d’Austria il 21 novembre 1816 gi conferì
l’antica nobiltà con il titolo di marchese di Melegnano che la rivoluzione
francese aveva annullato. Morì in Milano il 25 febbraio 1843.
Chi ha scritto la sua storia aggiunge questa osservazione: “Visse in epoca
affatto priva del culto per gli antichi monumenti. Ciò non giustifica,
ma spiega come Gian Giacomo non si curasse di sottrarre al vandalismo la
tomba medicea nei Cappuccini di Melegnano, quando, soppresso il convento,
e la chiesa demolita andarono dispersi sepolcro e ceneri; né i Melegnanesi
sanno oggi ancora perdonargli l’avere nel 1836 fatta demolire la gigantesca
e storica torre di Bernabò Visconti, decoro del feudale castello,
e sulla quale cinque secoli non avevano lasciata la menoma impronta”.
Dalla moglie Camilla Virgina Bossi di Milano ebbe quattro figli. Il figlio
Carlo Giovanni Giacomo Benigno fu il suo successore. Carlo Giovanni
Giacomo Benigno ebbe la successione con decreto della Corte feudale dell’Imperiale
Regio Governo austriaco del 4 marzo 1844. Morì il 24 giugno
1877 senza lasciare discendenza; gli subentrò il cugino Lorenzo
Antonio Gian Giacomo Gabriele. Lorenzo Antonio Gian Giacomo Gabriele,
alla morte del cugino Carlo, gli successe nel titolo di marchese di Melegnano.
Sposò Bianca Cavalcabò dei marchesi di Viadana ed ebbe tre
figli. Da Lorenzo nacque Giovanni Giacomo che divenne marchese nel
1892. Poi vi fu il marchese Lorenzo, e per ultimo il marchese dottor Giovanni
Giacomo, vivente, il quale condusse le trattative per la cessione del castello
alla Provincia di Milano. |