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Parole comparate
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La composizione lessicale delle lingue indoeuropee è un buon strumento per studi comparativi ed è stato possibile apprendere molto sui primi Popoli Indoeuropei studiando i suoni dei vari vocaboli dei vari linguaggi appartenenti alla famiglia indoeuropea. Per spiegare meglio il concetto, si sono prese in considerazione vocaboli attinenti allo stesso concetto nelle varie lingue di derivazione indoeuropea. Facendo un esempio con linguaggi attuali si considerino i termini che identificano il concetto di uomo. In italiano abbiamo: umano, uomo, maschio, marito, virile e per il momento ci fermiamo. Di questi vocaboli prendiamo in considerazione gli equivalenti nelle altre lingue indoeuropee: troviamo ad esempio in inglese: human, man, male, husband, manly. Si nota subito che molti termini sono assonanti altri non lo sono per nulla, soffermiamoci su virile, che non ha collegamenti fonetici con l'inglese (il manly è facilmente deducibile da man). Virile deriva dal latino vir; vediamo che infatti i latini hanno due termini per definire uomo: homo (cioè essere umano) e vir (cioè tutto ciò che identifica l'ideale di uomo, capiamo meglio se pensiamo al vocabolo virile e virtù che spiegano che cosa intendevano i latini per vir). Se proviamo a vedere in Celtico abbiamo il termine viro, derivante dall'indoeuropeo wiro che ha proprio un significato simile al vir latino ed in sanscrito troviamo vi'ra con lo stesso significato e  manu che significa più propramente essere umano. Altre deduzioni sono possibili analizzando quali vocaboli esistevano presso i vari popoli, considerando che se esisteva il vocabolo, doveva essere noto il suo significato. Un certo numero di termini indoeuropei comuni indica che l'allevamento del bestiame era la più importante delle occupazioni fra le popolazioni Proto-Indo-Europee, voci lessicali come: cavalli, bestiami, maiali, capre erano conosciuti ed usati.  Altrettanto importanti e numerosi sono i termini che hanno a che fare con l'agricoltura.  Gli studiosi ritengono che la terra d’origine degli Indoeuropei sia stata montagnosa, infatti, in tutte le lingue Indo-Europee vi è un considerevole numero di termini atti a definire le montagne e le colline. Fra i nomi delle piante, degli alberi e degli animali usati da queste popolazioni si trovano sia tipi propri europei che tipi che si possono trovare solo nel medio oriente.  Troviamo citati fra gli alberi la betulla, la quercia, il faggio e fra gli animali il leone, l’orso, il lupo, lo scacallo, la volpe, l’alce, il serpente, il topo, il castoro, tra gli uccelli, l’aquila, l’oca e la gru.  I Proto-Indo-Europei erano a conoscenza dell’esistenza del mare e di navi atte a navigarlo, sia a vela che a remi. Fra i primi Indoeuropei che penetrarono in Europa, sembra che i primi siano stati i Celti e gli Italici.  Non siamo ancora in grado, a tutt’oggi di collegare i reperti archeologici con le relative tribù, ma, in perfetto accordo con le più autorevoli teorie, possiamo affermare che i Celti sono rappresentati dalla cultura cosiddetta delle stoviglie di corda. Nel lontano terzo millennio a.c. incominciarono a migrare verso occidente (Francia e Germania meridionale), essi provenivano dalle aree basso danubiane, dove vivevano assieme agli Italici ed agli Illirici, essendovi giunti nell’antichità dalla zona caucasica dell’Afghanistan.   Il terzo millennio a.c. può essere considerato il momento in cui avvenne la separazione tra la lingua Celtica e quella Italica dal primitivo ceppo Indoeuropeo. 
I Greci identificavano il bue come bous, boos.
I Latini usavano bos, bovis
Gli antichi Umbri bum.
I Volsci bim
I Celti guhow
Gli antichi Irlandesi bo, bai
I Gallesi antichi buw
Gli antichi Bretoni bou
In Sanscrito gauh
In antico Avestano gaus
In antico Persiano gav
In antico Germanico kow
In antico Baltico gou
In antico Slavo gove
Abbiamo visto che i protoindoeuropei si dedicavano all'allevamento, sarà pertanto interessante iniziare la nostra analisi comparata dei vocaboli, partendo dal vocabolo che presso gli antichi proto indoeuropei stava ad indicare la mucca o il bue: gwou. Si vede come il segno gw si trasformi in b come eredità del suono w o in g o k come eredità del prevalente suono g, presso altri popoli. I Celti invertono la posizione della w e così pure i Gallesi ed i Germani e gli Slavi.
Le assonanze comunque lasciano chiaramente vedere le derivazioni tra i vari linguaggi.
In italiano abbiamo
mucca ( dal suono g ) , bue, bufalo ( dal suono w) (il vocabolo latino mugire sicuramente onomatopeico ripropone la g).
In inglese abbiamo
cow (dal suono g e w) e beef (dal suono b).
Il fatto interessante è che i due vocaboli inglesi non sono di derivazione latina, ma sassone. Il collegamento è a monte, con la lingua madre indoeuropea.
I Greci chiamavano il cavallo ippos
I Latini equus
I Celti ekwos
Gli antichi Irlandesi eqa
Gli antichi Scozzesi each
Gli antichi Gallesi ebol
In Sanscrito acvah
In antico Avestano asva
In antico Persiano asa
In antico Germanico eha
In antico Baltico as'u
Gli antichi indoeuropei indicavano il cavallo con il termine: ekwo .  Non è anomalo che il suono indoeuropeo kw si trasformi in p presso i Greci.
Il passaggio dall'indoeuropeo ekwo al Sanscrito acvah e di lì all'Avestano asva, quindi al Persiano asa
è abbastanza intuitivo, così come è semplice notare la derivazione tra ekwo ed ekwos ed equus ed eqa e l'italiano equino, mentre più difficile è arrivare all'ebol Gallese o al cavallo italiano, che sembra più facile far provenire direttamente dal Sanscrito acvah o perlomeno dal Celtico ekwos.
Nell'esame dei vari vocaboli è importante considerare che così come avviene oggi, anche nel lontano passato, i termini per definire qualcosa potevano essere più d'uno e, con il passare del tempo, alcuni aspetti di un vocabolo si possono essere rafforzati acquisendo una propria vita autonoma, conquistando un significato diverso, prima più specialistico, poi, piano piano, sempre più lontano dal senso iniziale del termine di partenza. Pensiamo al latino mulier (donna) che ha assunto il valore di moglie, mentre l'uxor (moglie) latino è rimasto solo in vocaboli come uxoricidio; oppure al latino domina (signora) che è diventato donna in italiano. Questo è quello che è avvenuto al termine che indicava semplicemente uomo, presso gli indoeuropei, che ha acquisito sempre più il significato di vero uomo, di uomo valoroso, di uomo virtuoso, di eroe ed oggi con quel termine si intende l'uomo per eccellenza e non più l'uomo e basta. 
Per dire madre:
I Greci dicevanome'te'r
I Latini mater
I Celti ma'te'r
Gli antichi Irlandesi ma'thir
Gli antichi Scozzesi ma'thair
Gli antichi Gallesi modryb
In Sanscrito maata - matri
In antico Avestano ma'tar
In antico Persiano ma'dar
In antico Germanico mo'the'r
In antico Baltico mo'te'
Un termine che difficilmente può dare adito ad equivoci o avere sinonimi è il vocabolo madre, ma anche sorella e fratello hanno caratteristiche simili. Gli antichi indoeuropei usavano il vocabolo ma'te'r per dire madre. Come era logico aspettarsi nelle varie lingue della struttura indoeuropea il vocabolo subisce ben poche variazioni. Nelle lingue moderne l'italiano e lo spagnolo madre, il tedesco mutter, l'inglese mother, il francese mere dimostrano come minime siano state le modificazioni che il vocabolo originale indoeuropeo abbia subito nei secoli.
Per dire sorella:
I Greci dicevano eor
I Latini soror
I Celti sveso'r
Gli antichi Irlandesi siur
In Sanscrito svasar
In antico Germanico swiste'r
In antico Baltico sestra
Gli antichi Indoeuropei usavano il vocabolo sweso'r.  Come si può notare anche per questo termine le assonanze sono evidenti; solo in greco la perdita delle esse complica un attimo le cose.
Per dire fratello:
I Greci dicevano phrate'r 
I Latini frater
I Celti brate'r
Gli antichi Irlandesi brathir
In Sanscrito bhra'ta' 
In antico Germanico bro'der
In antico Baltico brat
Gli antichi Indoeuropei usavano il vocabolo bhra'te'r. La ph greca che corrisponde foneticamente alla f latina, è una comune derivazione dalla bh indoeuropea ( è evidente l'assonanza tra p e b). 
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