L’ 8 giugno 1859 tutto il territorio circostante
venne coinvolto da un sanguinoso scontro entrato nella storia delle guerre
di indipendenza, tra gli austriaci e gli zuavi francesi
La
nostra più bella pagina risorgimentale della seconda guerra d’indipendenza
italiana, è stata ricostruita più volte sia attraverso le
rappresentazioni iconografiche nelle stampe e disegni dell’epoca,
sia dalle illustrazioni settimanali in supplemento ai giornali di reportage
dal fronte di guerra, fra questi ricordiamo il più importante
“chroniques de la guerre, la campagne d’Italie de 1859” redatta dallo storico
ufficiale al seguito dell’armata francese, barone De Bazancourt ed il melegnaese
ing. Giacomo Frassi che pubblica nel 1881 “la cronaca del combattimento
di Melegnano dell’8 giugno 1859” unitamente a due mappe topografiche con
la descrizione dei luoghi dello storico avvenimento. Tutti quelli che in
qualche modo hanno trattato l’argomento sono concordi nel ritenere che
la “Battaglia dell’8 giugno 1859” faccia parte di un disegno, ancorchè
strategico, che doveva costringere gli austriaci a retrocedere in poche
settimane entro il quadrilatero. Così, pur essendo il più
distante dalla zona di guerra, il 1° corpo d’armata, comandato dal
maréchal Achille Baraguey-d’Hilliers, ricevette l’ordine di movimento
a raggiungere San Donato, il trasferimento delle truppe avvenne
in tradotta ferroviaria sino a San Pietro all’Olmo, mentre il corpo “Cacciatori
a piedi” ( Chasseurs d’Afrique, Zuavi e Turcos ) provenivano direttamente
da Genova. La prima divisione del 1° corpo era comandata
dal général Forey che tatticamente doveva, una volta giunto
a Viboldone, girare a destra verso fra i campi di Mezzano a Pedriano.
La 2° divisione del 1° corpo comandata dal général
De Ladmirault doveva abbandonare la strada principale a San Giuliano e
scostarsi a sinistra verso Santa Brera e attestarsi verso Melegnano,
ed infine la 3° divisione del 1° corpo al comando del maresciallo
Francesco Achille Bazaine aveva il compito di attaccare frontalmente il
borgo. La 3° divisione Bazaine che si andava presentando in fronte
a Melegnano era composta da due brigate: la prima brigata, comandata dal
generale di compagnia Goze, era composta da tre reggimenti, il
1° reggimento Zuavi del colonello Paulze d’Ivoy e in sottordine dal
tenente colonello Brincourt e dal comandante Rosseau, il “33°
reggimento di linea” con a capo i colonnelli Bordas e Rey ed infine
il “34° reggimento di linea” dei colonnelli Micheler e
Silvestre. La seconda brigata era composta da soli due reggimenti il 37°
e il 75° di linea comandate dal generale Dumont. Un’azione di
più ampio respiro fu affidata a Mac-Mahon che si trovava a transitare
su Mediglia e che doveva agire in concerto con altre quattro divisioni
in modo da aggirare la sola brigata austriaca che appunto si trovava insediata
a Melegnano. Il generale austriaco Röden appartenente alla divisione
di retroguardia Berger dell’ 8° corpo d’armata, teneva saldamente in
mano le rive del Lambro: il reggimento Boemi del principe di Sassonia occupava
la destra e le cascine ivi presenti, mentre i battaglioni di riserva con
l’artiglieria erano posizionate al ponte ed all’entrata di sud-est del
borgo. Gli austriaci avevano potenziato le fortificazioni di alcuni
punti scoperti: appostarono due cannoni all’ingresso del paese verso Milano
con un terrapieno elevato che attraversava la strada, dietro il quale fu
collocata la truppa, anche l’altro ingresso del borgo, detto Portone di
San Rocco, fu barricato mentre nessuna difesa fu predisposta all’uscita
del paese verso Lodi, nella persuasione che da quella parte più
che una difesa necessitava una strada libera per una eventuale evacuazione
dal borgo. Sulla piazza centrale di fronte alla chiesa maggiore (S.Giovanni
Battista) vi era schierato parte del battaglione Boemi che erano le migliori
truppe scelte austriache. Il piano dei francesi consisteva nell’abbattere
e preparare un’agevole percorso, sino all’interno del borgo, con i cannoni,
in modo da agevolare il successivo ingresso della 3°divisione Bazaine
all’interno del borgo. Lo storico barone De Bazancourt racconta che quando
la divisione Bazaine fu in vista di Melegnano, ad una distanza che poteva
essere di circa 1200 metri, fermò la testa della colonna e si dispose
per il combattimento: mancavano un quarto alle sei di sera quando la batteria
del dodicesimo reggimento si sistemò in mezzo alla carreggiata iniziando,
di lì a breve, un cannoneggiamento di copertura. L’inizio
dei combattimenti ebbe inizio alle sei pomeridiane, con i cinque reggimenti
della divisione Bazaine che, sullo stradale di Milano, ingaggiavano il
combattimento contro i due pezzi d’artiglieria austriaca. Gli austriaci
dall’interno del Borgo non tardarono a rispondere al fuoco con i due cannoni
, le cui palle colpirono d’infilata lo stradale occupato dai francesi .
Dopo qualche salva di cannone gli artiglieri francesi avanzarono decisamente,
ricominciando a far fuoco da posizioni sempre più ravvicinate. La
tattica utilizzata da Baraguay-d’Hilliers fu quella di affrontare il nemico
frontalmente con abbondanti forze e un appoggio sicuro sulle due ali in
modo da non avere sorprese. Sulla zona intanto sopraggiungeva un
forte acquazzone, che oscurò tutto il cielo, molti zuavi già
bagnati dalla pioggia si calarono nell’alveo della roggia Visconti e della
Spazzola che fiancheggiavano rispettivamente il lato sinistro e destro
della strada, percorrendola con l’acqua sino alla cintura per sottrarsi
al facile tiro dei cannoni austriaci ed espugnando casa per casa giunsero
sino sotto alla barricata che venne presa, dopo circa una mezz’ora,
d’assalto alla baionetta. Un’altra colonna staccatasi dal corpo di Baraguey
si porta davanti al Portone di San Rocco, fu proprio in questa area dove
si consumò il leggendario eroismo del 1° reggimento
Zuavi e del suo comandante colonnello Paulze d’Ivoy che cadde colpito
alla testa mortalmente. La caduta del loro comandante segnò il momento,
in cui gli Zuavi, esasperati dall’ira si precipitarono sulla barricata
e la superarono non dando possibilità di scampo a quanti capitavano
nelle loro mani. Accanto al colonnello d’Ivoy cadde anche il capo-tromba
e in seguito alle gravi ferite riportate cadde anche il comandante Rousseau.
Lo storico Bazancourt cita anche alcuni particolari sul valore degli ufficiali
degli altri quattro reggimenti di linea che presero parte alla presa del
borgo: il colonnello Bodras e il luogotenente Rey giunsero sulla
piazza della chiesa maggiore non prima di aver conquistato spazio casa
per casa. Dal memoriale del Frassi deduciamo lo svolgimento
della battaglia in modo insolito: “..il rombo del cannone durò
circa una mezz’ora, seguì un breve silenzio, poi un grido di voci
indescrivibile, e subito dopo un nutritissimo fuoco di moschetteria, e,
cessato questo poco a poco, seguì un breve silenzio, poi alcuni
altri colpi di cannone rari e assai più lontani, ed in poco più
di un paio d’ore tutto era rientrato nel silenzio..” Gli assalti alla baionetta
avvennero quasi contemporaneamente, e ciò si desume dalla combinazione
di due circostanze: la prima riguarda le truppe austriache che respinte
dallo stradale di Milano fuggirono per la strada di Lodi passando sul lato
sinistro del Lambro, mentre gli altri soldati che cedettero alla furia
degli Zuavi al Portone non ebbero più libero scampo per il ponte
che attraversava il fiume nel centro del borgo, ma dovettero diversamente
fuggire attraverso le campagne di Cerro mantenendosi sulla destra del Lambro.
La durata del combattimento fu breve, ma relativamente grande fu la strage
subita da entrambe le parti. Il giorno dopo, l’ing.Frassi testimone degli
accadimenti, unitamente al cugino ed a un amico, aggirandosi tra i morti
e i feriti ammassati in gran parte sotto il porticato del castello, raccoglierà
anche delle preziose testimonianze circa il fatto che lo stesso generale
austriaco Röden sia stato ferito mortalmente e che lo stesso
spirò nel tragitto tra Melegnano e Lodi. Il bollettino conclusivo
della giornata, emanato dal Maresciallo Baraguey d’Hilliers fu il seguente:
“…Nous avons fait de 8 à 900 prisonniers et pris une pièce
de canon. Nos pertes s’èlevent à 943 hommes tués ou
blessés: Mais, comme dans tous les engagements précédents,
les officiers ont été frappés dans une large proportion:
le général Bazaine et le général Goze ont été
contusionnés; le colonel du 1° zouaves a été tué;
le colonel et le lieutenant-colonel du 33° ont èTè blessés;
il y a en tout 13 officiers tués et 56 officiers blessés…” |