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PREMESSE
La storia di una nazione è il complesso delle memorie lasciate dai contemporanei, giudiziosamente ordinate e passate al vaglio della critica e del buon senso. Esaurite queste fonti relativamente ad un dato periodo di tempo, la storia non può per quel dato periodo, che ricopiare se stessa, cambiando tutt’al più la suppellettile ornamentale. Se ha del merito una storia ne deve quindi avere pur qualche parte anche una memoria contemporanea o cronaca che dir si voglia, essendo questa la materia prima; ed un breve lavoro da cronista è appunto quello che intendo di fare anch’io sul combattimento avvenuto l’8 giugno 1859 a Melegnano fra le truppe francesi ed austriache, il quale oltre l’importanza comune alle altre fazioni di quella breve campagna, per aver assicurato il nostro riscatto, ha di più la triste nomea del gran numero di vittime sproporzionato alla sua durata.
Osserverà taluno l’inopportunità di scrivere una cronaca dopo più di vent’anni dai fatti accaduti e mentre sui medesimi si sono già pubblicate delle storie; ma alla mia volta io domanderò se era opportuno scrivere una storia ad una distanza di tempo contato breve dagli avvenimenti succedutisi, ossia, scrivere dal 1860 al 1862 la storia di fatti accaduti nel 1859. Sotto il dominio dell’entusiasmo è ella possibile l’imparzialità ? E’ egli possibile accertarsi che la storia non assuma qualche leggier tinta d’apologia? E chi mai potrà impedire che i posteri attribuiscano il lavoro storico a viste speculative da fruttare intanto che gli animi sono ancora commossi per le accadute vicende? E sotto l’incubo di simili dubbi, che resta egli mai della storia? Non altro che la parte espositiva e cronologica dei fatti, poiché gli apprezzamenti che li corredano e che sono appunto quelli che distinguono una storia da una cronaca, riescono vulnerati dal dubbio della parzialità. Anche i fatti stessi poi non vanno immuni da qualche inesattezza causata dalla mancanza di tempo per appurarli, dacchè lo storico, anche contemporaneo, non può certamente averli veduti tutti coi propri occhi. Penso quindi esser forse miglior cosa una cronaca ritardata che una storia precipitata, tanto più che, per quanto grande sia questo ritardo, sono ancora viventi in gran numero coloro che furono testimoni oculari dei fatti, che mi furono gentili delle loro informazioni, e che possono ancora farne fede. Di questi mi limito ad accennare il segretario comunale di Melegnano sig. Carlo Cremagnani, il quale, coprendo tale carica anche in quell’epoca, si trovava naturalmente in posizione di aver conoscenza di molte cose, come altrettanto dicasi del mio cugino Moro Melchiorre, come appartenente fin d’allora all’amministrazione del Comune e come compiacentissimo nell’evadere ad ogni mia richiesta. Di diversi altri tengo in serbo nomi e lettere di cui sono autorizzato a servirmi nel caso che qualche contraddizione venisse accampata alle mie asserzioni. Si potrà perciò ancora agevolmente conseguire uno degli scopi principali che mi son prefisso, quale è quello di rettificare alcune cose già erroneamente pubblicate, e ciò nella mia qualità di testimonio oculare di un gran numero di fatti accaduti. Ottima cosa sarebbe stata quella di contrapporre a ciascuna pubblicazione le corrispondenti rettifiche, ma con ciò si sarebbero fatte molte inutili ripetizioni, e quindi mi limito a dare infine l’elenco delle opere consultate, ed un prospetto delle rettifiche che le riguardano cumulativamente. Alcune piccole incongruenze poi emergeranno anche da sé dal confronto fra la mia cronaca e le storie pubblicate, senza farne un apposita menzione.
Oltre di raccogliere i fatti e possibilmente anche i nomi di coloro che vi presero parte, io mi occuperò anche di un’altra cosa, che non è uno degli ultimi moventi che m’indussero a questo breve lavoro. Il combattimento avvenuto si estese parzialmente anche ad alcune vicinanze del paese, per cui, mentre la massima parte dei decessi fu sepolta nel cimitero, diversi altri si trovano sparsi in maggiore o minore numero per le circostanti campagne, donde ne può facilmente scomparire ogni indicazione. Se mai col tempo (come se poco ne fosse già trascorso) si volesse tradurre in atto il pio pensiero di raccogliere in un’unica onorata sepoltura le sparse ossa di queste vittime del dovere, come fu già in altre località praticato, assai difficile riuscirebbe il rintracciarle. Unisco quindi un piano del paese con indicazione delle località in cui avvennero i fatti che si descrivono, ed estendo questo piano ad alcuni dintorni per comprendere i luoghi in cui giacciono queste ossa dimenticate, segnandovi con quella maggior esattezza che mi fu possibile mediante il sussidio di alcuni dettagli in iscala molto più grande della planimetria generale. Fra questi dettagli comprendo pure il cimitero, perché essendo stato posto fuori d’uso da diversi mesi per sostituzione di uno più ampio in altro sito, potrebbero, coll’andar del tempo, andar disperse od obbliate le poche memorie che vi si conservano relative a questo fatto. Su questo proposito però giova rammentare che né l’obelisco, né croci, né la lapide non indicano più il posto in cui riposano i resti di coloro che vi sono nominati, poiché da quell’epoca a questa parte due volte fu rimescolato il terreno, e gli avanzi andarono confusi con tutti gli altri. E questo sia l’obolo che le deboli mie forze consacrano alla memoria di quei trapassati nell’attesa di maggiori onoranze.
Divido la cronaca in due parti, non già perché ciò sia richiesto dall’importanza o dalla mole del lavoro, ma perché è voluto dalla sua natura. Nella prima parte espongo i fatti da me personalmente veduti, fra i quali occupa in maggior parte la gita da me fatta da Milano verso Melegnano l’istesso giorno della mischia, in compagnia di un cugino e di un amico che colà aveva, come me, i suoi genitori. Nella seconda parte cerco di dare un’idea complessa del fatto d’armi avvenuto in appoggio alle notizie fornitemi da competenti testimoni oculari, avvertendo che là dove mi parve di trovare qualche ombra di contraddizione, ho fatta un’omissione assoluta di ciò su cui la contraddizione cadeva, preferendo la probabilità di tacere cose vere al dubbio di esporne di false. A qualcuno sembrerà forse affatto inutile l’accennare che farò a certi incidenti minuziosi e di nessuna apparente importanza, ma penso che, trattandosi si cose di una certezza irrefragabile, verrà forse un giorno in cui potranno esse pure servire a caratterizzare meglio e tempi e persone.
Ricordo agli onorevoli miei colleghi, che ho inteso di scrivere una cronaca e non una storia, epperciò, mentre pretendo ad esser creduto, non mi lusingo affatto che si trovi nel mio scritto alcun ornamento di stile.
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