| In  Parrocchia di don Maurizio LA MESSA CUORE DELLA MISSIONE
 La Chiesa e in essa la Parrocchia è per sua natura missionaria. Non sussiste 
comunità cristiana che non sia e non si senta in stato di missione. E 
riscoprire la forza missionaria nella Chiesa significa ripartire dall'
Eucaristia. 
"All'Eucaristia si va come discepoli, ma se ne torna apostoli" (vescovo R. 
Corti). 
Stare con Gesù è stare nella missione.
La celebrazione dell'Eucaristia nel giorno del Signore (la domenica) può 
allora veramente diventare il luogo per eccellenza della conversione pastorale
, missionaria.
Luoghi esistenziali privilegiati dell'azione pastorale della parrocchia 
vogliono essere la famiglia e i giovani. Anzitutto visti come soggetto dell'
incontro con Cristo e i fratelli. E poi come oggetto di una rinnovata 
attenzione e passione pastorale.
In questa prospettiva il nostro Papa ci aveva detto: "Non abbiate paura" e 
con maggiore insistenza ci ripete: "Prendete il largo". Il nostro Vescovo con 
chiaro invito ci esorta: "Guardate a Lui e sarete raggianti".
Pertanto, perché la comunità parrocchiale di Balbiano trovi nel rituale "
Andate in pace. Nel nome di Cristo!" che chiude ogni celebrazione, sempre e 
solo il ritrovato inizio di quanto l'essere discepoli ci ha trasformato in 
apostoli, pertanto - dicevo - verrà prossimamente comunicata ai parrocchiani 
la progettazione e programmazione del cammino pastorale 2001-2002 della 
parrocchia. Sotto l'auspicata e chiesta benedizione del Signore.
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GUARDATE A LUI E SARETE RAGGIANTI di Giacomo 
Capuzzi, Vescovo di Lodi  Prendi il largo
 Immaginando la Chiesa di domani, il Santo Padre, nella sua ultima lettera 
apostolica, ci ha regalato una nuova icona. E' capitato spesso in questi anni
, e un po' ci siamo abituati. Oggi dice alla Chiesa: "Prendi il largo". 
Non era stata una buona notte di pesca, quella di Pietro e dei suoi compagni (
Lc. 5, 1-11). L'apostolo aveva faticato tutta la notte, ma non era venuto a 
capo di nulla. Sarà però da questa esperienza di fallimento umano che nascerà 
il suo ministero. Il Maestro aspettava Pietro nel luogo più impensabile: 
sulla spiaggia della sua sconfitta. Gesù non cercava un predicatore efficace, 
né un gestore efficiente, ma un uomo, solo un uomo ben conscio della propria 
piccolezza. 
"Prendete il largo", ci dice oggi il Papa. "Non abbiate paura!", ci aveva 
detto diversi anni fa, all'inizio della sua missione sulla cattedra di Pietro
.... Tra una espressione e l'altra - ce ne accorgiamo subito - c'è un sottile 
filo rosso, che le lega insieme. Quanto tempo è passato: se pensiamo ai 
veloci cambiamenti che hanno caratterizzato la vita del mondo e della Chiesa 
di questi anni sembra proprio che nulla sia più lo stesso. Davvero un 
millennio è morto per lasciare lo spazio ad un'epoca nuova.
E ancor oggi, questo Papa, curvato dal peso degli anni, ci invita ad avere 
forza, e a riprendere il cammino. Può darsi che anche noi, come Pietro, ci 
troviamo immobili sulla riva della nostra disfatta. Può darsi anche che tutte 
le nostre più recenti iniziative siano naufragate nell'insuccesso. Tutto 
questo però non ci deve paralizzare. Il Maestro ci dice di ripartire, di 
fidarci ancora della sua parola. Dunque: scrolliamoci di dosso tutti i timori
, perché è venuto il tempo di prendere nuovamente il largo, e di gettare 
ancora le reti.
 Io vi mando
 Ora facciamo attenzione. C'è una sfumatura nel dialogo tra Pietro e il 
Maestro che non dobbiamo lasciarci sfuggire. Nell'esortazione di Gesù al capo 
degli apostoli - "Prendi il largo!" - non c'è nulla di volontaristico. Gesù 
non vuole che la nuova pesca sia un atto impulsivo, frutto di uno sforzo 
autonomo. I pescatori del lago di Tiberiade non decidono nulla, anzi, 
propriamente non vogliono nulla; prendono nuovamente il largo solo per 
obbedire ad un ordine del Maestro. L'iniziativa che dà il via ad una nuova 
missione è solo di Gesù. Come dire: si va in missione non per raggiungere una 
propria meta privata, ma per adempiere ad un comando. 
Cari fratelli: è questo che vorrei anzitutto dirvi. La nostra missione, come 
la missione di tutta la Chiesa, è anzitutto un'impresa mistica. Che cosa 
avevamo di nostro da dire al mondo? Nulla. Che qualità potevamo esibire? 
Nessuna. Eravamo uomini come tutti gli altri. Forse anche peggio: quanti di 
noi hanno sperimentato lo stesso scacco umano di Pietro che riassetta le reti 
vuote, dopo una notte trascorsa invano a pescare. 
Ma il Signore ha scritto per noi un'altra storia. Egli ha spazzato via i 
nostri mille indugi, e ci ha spinti verso i fratelli. È Lui che ci sollecita 
ad essere missionari. Ed è Lui, la sua misericordia, che portiamo ai nostri 
fratelli.
Non avete ancora fede?
 Questo pensiero, questa origine "mistica" della missione di tutta la Chiesa 
ci deve sempre accompagnare e rasserenare. Se la Chiesa è anzitutto opera sua
, pensate forse che Dio ci abbandonerà? 
In questo senso, il vangelo di Marco incornicia nello scenario del lago di 
Tiberiade un altro episodio che ci può illuminare (Mc. 4, 35-41). Durante una 
traversata, la barca di Pietro viene improvvisamente sorpresa dalla tempesta. 
I discepoli si inquietano, e si mettono a gemere: "Maestro, non ti importa 
che moriamo?". I dodici sperimentano la stessa situazione di desolazione e di 
angoscia che ogni tanto assale anche noi. Si sentono improvvisamente soli, 
abbandonati, dimenticati. Ma è proprio nel loro grido di disperazione che Ges
ù si fa presente. Il Maestro si alza e li rimprovera: "Perché siete così 
paurosi? Non avete ancora fede?". Gesù li invita a prestare più attenzione 
alla misericordia di Dio che ai sussulti delle onde.
Tutta la missione della Chiesa è opera di fede; ed anche a noi, come ai 
discepoli, viene posto l'interrogativo circa la consistenza del nostro credere
.... Quando si scatenano contro di noi venti impetuosi, quando ci pare che 
tutto 
quanto vada perduto, quando sembra che la barca debba far naufragio da un 
momento all'altro, il Maestro ci scuote, e ci sprona a credere, a vedere un po
' più in la dei nostri orizzonti limitati, ad invocarlo, e ad avere fiducia 
in lui, che non abbandona mai i suoi figli. 
Teniamo gli occhi ben fissi su Gesù, perché questa è l'unica cosa necessaria. 
Il resto non deve preoccuparci oltre misura, e non deve strapparci quella 
serena fiducia che deriva dal credere.
La speranza non delude
 Ogni tanto dobbiamo ripetercelo: se la barca di Pietro va avanti non è per 
merito dei nostri colpi di remo ben assestati, e nemmeno delle nostre 
strategie pastorali più o meno azzeccate. Sì: Dio ci chiede la laboriosità, e 
ci invita ad affaticarci nella sua vigna, ma se la Chiesa cammina spedita non 
è per nostra bravura.
Chissà: forse Dio, qualche volta, ride del nostro correre, si diverte a far 
crescere dove noi non seminiamo, e a rendere sterile quella terra che noi 
vagheggiavamo di trasformare in giardino. Forse Dio si comporta con noi come 
si comportava con il profeta Giona: promette sventure e poi usa misericordia, 
fa crescere ricini e subito li fa appassire, perché si sappia chi è Dio, e 
perché si sappia che noi siamo poveri davanti a Lui.
Tutto questo ci deve infondere pace. Ogni tanto fa bene pensare ai nostri 
progetti, ai nostri propositi, ai nostri giudizi che vorrebbero sovvertire il 
mondo, come carta al vento. 
Nei tempi difficili dell'evangelizzazione - ed ogni tanto arrivano - si deve 
saper aspettare. I tempi di Dio non sono i nostri tempi, e Lui usa più 
pazienza di quanta ne usiamo noi. Il vero discepolo del Regno butta il seme, 
e poi va a dormire: perché sia che vegli, sia che dorma, il segreto della 
crescita e della maturazione è sottratto alla sapienza umana, ed è affondato 
nel mistero di Dio (Mc. 4, 26-29).
E allora avanti con speranza. Perché è la speranza a trascinarci verso il 
futuro. Dio ha fatto molto per noi, e allora cosa temere? Sicuramente non ci 
abbandonerà! Mi piace qui ripetere lo slogan dell'assemblea diocesana che 
abbiamo vissuto insieme pochi mesi or sono: "La speranza non delude". Ho 
ancora davanti agli occhi la viva immagine di quel convegno della nostra 
Chiesa. Il testo che avete tra le mani è un po' il frutto di quel momento di 
preghiera e di ascolto reciproco. Molto spesso le cose che dirò le ho 
raccolte con pazienza qua e la, muovendomi tra i discorsi e gli interventi 
che molti di voi hanno offerto a tutti gli altri. Lo Spirito dona a ciascuno 
un frammento della sua grazia. Dice l'apostolo Paolo: "Quando vi radunate 
ognuno di voi può avere un salmo, un insegnamento, una rivelazione, un 
discorso in lingue, il dono di interpretarle" (1Cor. 14,26). Allora ho 
pregato lo Spirito affinché ravvivasse in me il dono della sintesi e del 
discernimento, perché nulla di quanto ciascuno ha portato andasse perduto, e 
tutto servisse all'edificazione della sua Chiesa.
La speranza non delude: ne siamo certi. Dio non ci abbandona e vuole che 
nella nostra situazione concreta, in quel pezzo di mondo in cui Lui ci ha 
seminati, continuiamo solo a sperare, a gettare il seme su ogni tipo di 
terreno, con insistenza, perfino con cocciutaggine, sicuri che Lui non viene 
mai meno alle sue promesse.
Non possiedo né oro né argento
 Ed ora, se permettete, qualche piccola osservazione per orientare la vita 
della nostra Chiesa per i prossimi anni. 
Pietro e Giovanni, i primi testimoni del Risorto, salgono insieme verso il 
tempio di Gerusalemme, per la preghiera del pomeriggio. I loro passi, sull'
erta che conduce al cuore della città santa, sono il primo tratto della 
missione ecclesiale. Arrivati alla porta del tempio uno storpio tende loro la 
mano per chiedere l'elemosina. Per lui si trattava di un gesto istintivo, 
quasi meccanico. Ma Pietro lo invita ad un nuovo sguardo, e gli dice: "Non 
possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do, nel nome di Gesù Cristo
, il Nazareno, cammina!" (At. 3,6).
Questo primo incontro della Chiesa con l'invocazione e la sofferenza umana ci 
ricorda qual è il contenuto della missione ecclesiale: Gesù Cristo. Non 
abbiamo nient'altro. Non abbiamo, e non vogliamo avere, né potenze umane, né 
influenze prestigiose, né opere appariscenti. Nella santa Chiesa di Dio non c
'è nulla di più prezioso di Lui. Lui è veramente l'unica nostra ricchezza: 
Cristo è la sola cosa che vogliamo dire al mondo.
Su questa convinzione, che solo apparentemente può sembrare scontata, tutti, 
nessuno escluso, dobbiamo ritrovarci. Non capiti mai che il tesoro della 
nostra Chiesa venga confuso con qualcosa d'altro. Ciò che si deve veramente 
trovare nelle nostre parrocchie è l'esperienza di Gesù Cristo. 
Sì: ci potranno, poi, essere diversi cammini che portano a questo, e si dovrà 
avere rispetto per le persone che partono da molto lontano. Ci saranno anche 
tante opere e realizzazioni. Ma mai deve mancare, nella comunità cristiana, l'
attaccamento a Gesù. Lo stesso Santo Padre si è premurato di ricordarcelo 
nella sua ultima lettera apostolica, chiedendoci di diventare sempre più 
contemplatori del suo volto (NMI 16-28). Senza questo fuoco, tutto si 
raffredda.
Di certo dobbiamo benedire il Signore per la varietà di gesti che si possono 
trovare nelle nostre comunità. Nelle nostre città e nei nostri paesi la 
Chiesa è una realtà assai visibile. La storia secolare della nostra diocesi 
ha fatto sì che prendessero corpo tra le sue mura progetti di ogni tipo: 
iniziative caritative, mezzi di comunicazione sociale, strutture pastorali, 
centri di aggregazione giovanile, luoghi di accoglienza. Molti plaudono a 
questa passione sociale che da sempre ha caratterizzato i cristiani delle 
nostre terre. 
Ma tutti quanti dobbiamo impegnarci per far sì che nessuno sguardo si attardi 
troppo a lungo su noi stessi, o sulle nostre opere. Non sono quelle la vera 
ricchezza delle nostre comunità. Quello è solo il frutto di un amore. Dietro 
la carità dei cristiani c'è sempre un'altra carità, che ci ha avvinto e 
trascinato: quella di Dio. Non siamo stati noi ad amare per primi, ma è Dio 
che ha amato noi (1Gv. 4,10).
Noi siamo solo gente semplice, "siamo servi inutili", che hanno avuto la 
ventura di trovare una perla di gran valore, che ha reso logico il sacrificio 
di qualsiasi altro bene (Mt. 13, 45-46). La nostra vera ricchezza è la 
comunione con Gesù Cristo. Noi siamo coloro "che lo amano pur senza averlo 
mai visto" (1Pt 1,8). Questo è il centro della nostra fede. 
Insomma: chi entra in contatto con la Chiesa, magari partendo dalle sue vesti 
più esteriori, venga preso per mano, con rispetto e amore, e venga portato all
'interno, alla mensa del pane e della parola, dove è custodita la vera 
ricchezza: Gesù Cristo nostro Signore. Che tutto nasca di li. 
Ripetiamolo con le parole del salmo: "Sono in te tutte le mie sorgenti!" (Sal
.... 87,7). Al cuore di ogni matrimonio, di ogni famiglia, di ogni parrocchia, 
di ogni opera sociale, ci sia sempre Lui, solo Lui.
Guardate a Lui e sarete raggianti
 E' per questa ragione che la contemplazione, nei suoi molteplici aspetti, 
deve avere il primato in ogni nostra scelta pastorale. Siamo chiamati 
anzitutto a coltivare affetto per Gesù Cristo, e ad annunciare agli altri la 
bellezza di questa amicizia. Se c'è questo, poi verranno tante cose; ma se 
non c'è amore per Cristo, non riusciremo ad andare da nessuna parte. 
Diventeremmo come tralci recisi dalla vite (Gv. 15, 5-6). 
E' interessante notare come la prima scomunica pronunciata nella Chiesa, 
durante l'epoca apostolica, non sia nei confronti di qualche situazione di 
infrazione morale o dogmatica, ma nei confronti del disinteresse per Gesù 
Cristo. Dice l'apostolo: "Se qualcuno non ama il Signore sia anatema. 
Maranatha: vieni, o Signore!" (1Cor. 16, 22). 
Questo è il nocciolo che non si deve mai perdere. La vita cristiana, in fondo
, è un grande invito alla gratuità e alla festa. Ecco allora che è importante 
saper perdere tempo per Dio, accorgerci del suo amore, sentirci lieti per le 
cose che ci capitano, e della Provvidenza che ci governa. La lotta contro 
tutto ciò che ci dissipa in mille preoccupazioni senza senso è un elemento 
costitutivo della nostra fede: non dobbiamo assecondare quel delirio di 
onnipotenza che satura le nostre giornate di una miriade di faccende, 
sottraendo spazio a quelle più necessarie. 
La preghiera, il tempo degli esercizi spirituali, lo stare in ginocchio nell'
ultima panca in fondo alla chiesa, i momenti di ascolto e di silenzio, il 
confronto con una guida spirituale ci educano ad avere lo stesso sguardo di 
Dio. E soprattutto infondono senso e sapore alle nostre giornate. 
Forse questo è il grande problema degli uomini d'oggi, di tutti i nostri 
fratelli, ed anche nostro. Oggi non manca il lavoro, non manca la fatica, non 
mancano le cose da fare. Siamo ricchi di tutto, tranne della cosa più 
importante: del senso. Corriamo il grande rischio di affannarci tanto, di 
inseguire appuntamenti su appuntamenti, e di non comprendere mai il perché di 
tanta fatica e di tanto impegno. Se manca questa radice contemplativa, l'uomo 
non vive più, e non diventa autenticamente se stesso. 
Allora educhiamoci ad essere vigilanti, ad avere un'anima contemplativa. Il 
ricorso a Dio, in ogni gioia e difficoltà, è sempre il primo atto dell'
esistenza cristiana. La nostra Chiesa, poi, ha la fortuna di godere della 
testimonianza di un gruppo di monache carmelitane. Proprio alle porte di Lodi
, ormai circondato da strade e da costruzioni di ogni tipo, si innalza un 
Carmelo che ci fa memoria "della sola cosa di cui c'è bisogno" (Lc. 10,42). 
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Block Notes mese di Settembre 
 
- 04 MARTEDI'
 Balbiano, ore 15:40 S. Rosario - in chiesa
 - O6 GIOVEDI'
 Ore 20:45 Incontro vicariale dei Consigli Pastorali Parrocchiali, 
dei Consigli Affari Economici e della Consulta per programmare l'inizio del 
nuovo anno pastorale - all'oratorio di Paullo  (partenza ore 20:20)
 - 07 VENERDI'
 Balbiano, primo Venerdì del mese - Visita e S. Comunione agli 
infermi
 - 11 MARTEDI'
 Ore 21:00 Inizio del Corso vicariale dei fidanzati in vista del 
matrimonio - all'oratorio di Paullo. Il cammino è settimanale e dura 7 
incontri. È necessario presentarsi per tempo dal proprio parroco per la 
conoscenza e la richiesta di iscrizioneOre 21:00 inizio della Scuola della 
Parola Diocesana per un cammino di approfondimento esegetico di alcuni brani 
biblici- nel Seminario di Lodi
 - 12 MERCOLEDI'
 Ore 21:00 Scuola della Parola
 - 13 GIOVEDI'
 Ore 21:00 Scuola della Parola
 - 16 DOMENICA
 Balbiano. Ore 15:30 Battesimo Bozzato Gaia Maria
 - 21 VENERDI'
 Ore 21:00 Liturgia della Parola con il Mandato del vescovo ai Catechisti 
della diocesi - in cattedrale a Lodi (partenza ore 20:20)
 - 22 SABATO
 Balbiano. Ore 15:00 Confessioni
 - 23 DOMENICA
 Balbiano. Anniversario della dedicazione della chiesa parrocchiale.Ore 10:00 
Messa di inizio dell'anno pastorale e della catechesi.Ore 14:30 pomeriggio di 
gioco insieme.
 - 25 MARTEDI'
 Balbiano. Ore 16:00 Catechesi parrocchiale
 - 30 DOMENICA
 Balbiano. Ore 10:00 s. Messa. Ore 11:00 Catechesi dei ragazzi
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SCENE DI VITA QUOTIDIANA  di Carlo Vitali
  
Mi è capitato qualche tempo fa di farmene un giro per il centro della nostra 
bella e sempre intrigante Milano. Rispetto ad altri che hanno la fortuna (o 
la sfortuna a seconda dei punti di vista) di lavorarvi tutti i giorni e 
quindi di goderne il fascino (o lo stress),  io ne sono un frequentatore 
occasionale, sebbene non sporadico. 
Ed è sempre così: ogni volta che salgo la scalinata della metropolitana o 
litigo per cercare un parcheggio in centro tra le tante "viuzze" che lo 
caratterizzano, rimango sempre affascinato dalla magia della cattedrale, 
dalle sfolgoranti vetrine, dall'indifferenza dei piccioni, ma soprattutto 
dalla grande quantità e diversità della gente che frequenta questa piazza che 
ritengo, senza esagerare, sia una tra le più belle che abbia mai visto. 
Proprio in quell'occasione, stavo aspettando fuori da un negozio della "
Benetton"  alcune colleghe che stavano "perdendo tempo" alla ricerca di 
qualche capo che forse neanche loro avevano ben presente in mente. Ed ecco 
che spunta da dietro le spalle uno dei tantissimi "Vu Cumprà" che popolano la 
piazza.  La cosa che mi ha colpito subito di questo ragazzo era il sorriso 
sincero, smagliante e sereno che manifestava.  Era alle prese con il 
disperato tentativo di vendere una di quelle pubblicazioni redatte da 
cooperative sociali o associazioni di volontariato che legittimamente tentano 
di far conoscere la realtà della vita degli immigrati in Italia o nei loro 
paesi di origine. 
Ho subito apprezzato il fatto che non vendesse ciondoli, cassette, elefantini 
o collanine e che invece fosse impegnato in una testimonianza seria della 
vita degli extracomunitari. 
Parlando del più o del meno per ammazzare l'interminabile attesa delle mie 
colleghe mi sono subito accorto che Karim, questo è il nome del ragazzo, 
parlava un italiano quasi perfetto, ricco di congiuntivi e  frasi avversative 
e con una proprietà di linguaggio quasi ineccepibile. Meravigliato del fatto 
gli faccio qualche domanda e lui mi dice che oltre all'italiano, che ha 
imparato da autodidatta nei 18 mesi di permanenza in Italia, conosce bene 
anche inglese, tedesco e francese che aveva studiato nelle sue scuole in 
Burundi. 
Inutile sottolineare come sono stato stupito. Io è una vita che cerco di 
imparare l'inglese spendendo un patrimonio e con risultati modesti, mentre un 
extracomunitario che molti sottovalutano o, al peggio, deridono è 
praticamente un poliglotta a meno di 24 anni.  Dalla sua Karim aveva anche 
una dialettica molto spigliata, un buon senso dell'humour e  tanta gioia di 
vivere.  
Risulta superfluo dire che alla fine non sono stato capace di non 
acquistargli il libro che all'inizio mi aveva proposto. 
La testimonianza di questo semplice ma ricco incontro non vuole essere una 
pubblicità agli opuscoli che distribuisce la capillare rete dei venditori 
extracomunitari (anche se vi assicuro che il libro era molto bello), ma un 
momento di riflessione su queste persone che ormai sono entrate a pieno 
titolo a far parte della nostra società civile. Forse non tutti saranno 
simpatici, aperti e cordiali come Karim, o forse non tutti loro avranno la 
fortuna di incontrare un perditempo come me che aveva dieci minuti da 
dedicargli. Fatto sta che ritengo sia giusto e corretto tentare di ascoltarli
, o almeno cercare di capirli. Sono in primo luogo "persone" che oltretutto 
hanno abbandonato la propria casa e la propria famiglia alla ricerca di 
maggiore fortuna.
Se riusciamo dedichiamogli qualche istante o quanto meno un sorriso. Entrambi 
non costano niente e sicuramente in cambio riceveremo un grazie (bene 
prezioso al giorno d'oggi), un sorriso (che non fa mai male) e forse ospitalit
à in Burundi qualora volessimo farci un viaggio (Karim me lo ha promesso).
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NON LASCIATECI SOLI di don Maurizio 
 
"I giovani chiedono di non essere lasciati soli. Hanno bisogno di qualcuno 
che sia loro vicino, senza però essere loro uguale… occorre risvegliare 
responsabilità e passione educativa in varie figure di adulti: genitori, 
insegnanti, animatori culturali, operatori della comunicazione sociale, 
dirigenti sportivi, responsabili di ambienti ricreativi".
Così si esprimono i Vescovi italiani in un recente documento.
In questo mese ricominciano con rinnovato vigore le attività della parrocchia 
e dell'oratorio a favore della gioventù, in particolare la catechesi. Ma non 
è la sola. Con essa c'è la preghiera e la carità. E tutto in stile comunitario.
Qual è l'obiettivo di tutto ciò? L'educazione della fede delle giovani 
generazioni.
Come raggiungere questo obiettivo? L'educazione della fede avviene attraverso 
una testimonianza corale di tutta la comunità cristiana, che si esprime in 
molti e differenziati soggetti.
Le famiglie sono il primo luogo di educazione alla fede e dunque soggetti 
qualificati. Oggi risulta molto efficace vedere giovani famiglie che si 
impegnano negli oratori, adulti che si rendono disponibili a seguire gli 
adolescenti. È inutile negarlo: gli sposi hanno un carisma proprio per 
educare i giovani alla vita, alla fede, al servizio, all'amore e alla famiglia.
Altri intervengono nell'educazione dei giovani: sacerdote e laici: catechisti
, responsabili di gruppi, animatori, dirigenti sportivi, insegnanti, in 
particolare di religione.
Fatta questa doverosa premessa ecco alcune indicazioni operative.
Tutte le realtà ecclesiali presenti, nella specificità dei loro cammini, sono 
chiamate ad impegnarsi per l'educazione della fede dei giovani.
In particolare i genitori in parrocchia e in oratorio devono essere sempre di 
più realtà abituale.
I ragazzi devono trovare, oltre la catechesi e la liturgia, necessari momenti 
di gruppo, di gioco e di servizio, che l'oratorio - da lunga tradizione - è 
in gradi di fornire.
L'importante è riunire le risorse e avere il coraggio e la gioia di camminare 
insieme.
A Balbiano, una Domenica pomeriggio al mese, si cercherà di realizzare tutto 
questo: genitori e ragazzi si incontreranno in oratorio per vivere attività 
specifiche per ciascuno e momenti unitari. Per fare oratorio.
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REGOLE SEMPLICI PER CRESCERE I FIGLI di don 
Oreste Benzi  
1. Fate conquistare ai figli ciò che vogliono.
 2. Non sostituitevi ai figli.
 3. La gioia è necessaria all'uomo per vivere bene.
 4. Dare fiducia che significa? Dare fiducia e chiedere conto.
 5. Il bambino vuole bene ad entrambi i genitori, ma il bene alla madre 
e 
della madre è un bene diverso.
 6. Nutrire il senso religioso dei vostri figli.
 7. I figli non fanno ciò che dicono i genitori, ma fanno ciò che sono i 
genitori.
 8. Fare sempre la verità è un'ottima via per maturare i figli.
 9. Siate sempre di parola coi figli.
 10. Genitori non spartitevi i figli. Non sparlate l'uno dell'altro.
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Orario S. Messa 
 
Colturano: Domenica ore 10:30, Martedì ore 20:15, Mercoledì 
ore 16:30, Sabato Ore 19:00
 Balbiano : Domenica ore 10:00 e 18:00, Lunedì Martedì e Mercoledì ore 
17:00, Giovedì Venerdì ore 8:00,
Sabato ore 20:30
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