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Curiosità e Informazioni delle Parrocchie di Balbiano e Colturano
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Sommario Numero di SETTEMBRE 2001
In Parrocchia di don Maurizio
GUARDATE A LUI E SARETE RAGGIANTI (Piano Pastorale 2001)
Block Notes mese di Settembre
SCENE DI VITA QUOTIDIANA di Carlo Vitali
NON LASCIATECI SOLI di don Maurizio
REGOLE SEMPLICI PER CRESCERE I FIGLI di don Oreste Benzi
Orario S. Messa

In Parrocchia di don Maurizio
LA MESSA CUORE DELLA MISSIONE
La Chiesa e in essa la Parrocchia è per sua natura missionaria. Non sussiste comunità cristiana che non sia e non si senta in stato di missione. E riscoprire la forza missionaria nella Chiesa significa ripartire dall' Eucaristia. "All'Eucaristia si va come discepoli, ma se ne torna apostoli" (vescovo R. Corti). Stare con Gesù è stare nella missione. La celebrazione dell'Eucaristia nel giorno del Signore (la domenica) può allora veramente diventare il luogo per eccellenza della conversione pastorale , missionaria. Luoghi esistenziali privilegiati dell'azione pastorale della parrocchia vogliono essere la famiglia e i giovani. Anzitutto visti come soggetto dell' incontro con Cristo e i fratelli. E poi come oggetto di una rinnovata attenzione e passione pastorale. In questa prospettiva il nostro Papa ci aveva detto: "Non abbiate paura" e con maggiore insistenza ci ripete: "Prendete il largo". Il nostro Vescovo con chiaro invito ci esorta: "Guardate a Lui e sarete raggianti". Pertanto, perché la comunità parrocchiale di Balbiano trovi nel rituale " Andate in pace. Nel nome di Cristo!" che chiude ogni celebrazione, sempre e solo il ritrovato inizio di quanto l'essere discepoli ci ha trasformato in apostoli, pertanto - dicevo - verrà prossimamente comunicata ai parrocchiani la progettazione e programmazione del cammino pastorale 2001-2002 della parrocchia. Sotto l'auspicata e chiesta benedizione del Signore.
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GUARDATE A LUI E SARETE RAGGIANTI di Giacomo Capuzzi, Vescovo di Lodi
Prendi il largo
Immaginando la Chiesa di domani, il Santo Padre, nella sua ultima lettera apostolica, ci ha regalato una nuova icona. E' capitato spesso in questi anni , e un po' ci siamo abituati. Oggi dice alla Chiesa: "Prendi il largo". Non era stata una buona notte di pesca, quella di Pietro e dei suoi compagni ( Lc. 5, 1-11). L'apostolo aveva faticato tutta la notte, ma non era venuto a capo di nulla. Sarà però da questa esperienza di fallimento umano che nascerà il suo ministero. Il Maestro aspettava Pietro nel luogo più impensabile: sulla spiaggia della sua sconfitta. Gesù non cercava un predicatore efficace, né un gestore efficiente, ma un uomo, solo un uomo ben conscio della propria piccolezza. "Prendete il largo", ci dice oggi il Papa. "Non abbiate paura!", ci aveva detto diversi anni fa, all'inizio della sua missione sulla cattedra di Pietro .... Tra una espressione e l'altra - ce ne accorgiamo subito - c'è un sottile filo rosso, che le lega insieme. Quanto tempo è passato: se pensiamo ai veloci cambiamenti che hanno caratterizzato la vita del mondo e della Chiesa di questi anni sembra proprio che nulla sia più lo stesso. Davvero un millennio è morto per lasciare lo spazio ad un'epoca nuova. E ancor oggi, questo Papa, curvato dal peso degli anni, ci invita ad avere forza, e a riprendere il cammino. Può darsi che anche noi, come Pietro, ci troviamo immobili sulla riva della nostra disfatta. Può darsi anche che tutte le nostre più recenti iniziative siano naufragate nell'insuccesso. Tutto questo però non ci deve paralizzare. Il Maestro ci dice di ripartire, di fidarci ancora della sua parola. Dunque: scrolliamoci di dosso tutti i timori , perché è venuto il tempo di prendere nuovamente il largo, e di gettare ancora le reti.
Io vi mando
Ora facciamo attenzione. C'è una sfumatura nel dialogo tra Pietro e il Maestro che non dobbiamo lasciarci sfuggire. Nell'esortazione di Gesù al capo degli apostoli - "Prendi il largo!" - non c'è nulla di volontaristico. Gesù non vuole che la nuova pesca sia un atto impulsivo, frutto di uno sforzo autonomo. I pescatori del lago di Tiberiade non decidono nulla, anzi, propriamente non vogliono nulla; prendono nuovamente il largo solo per obbedire ad un ordine del Maestro. L'iniziativa che dà il via ad una nuova missione è solo di Gesù. Come dire: si va in missione non per raggiungere una propria meta privata, ma per adempiere ad un comando. Cari fratelli: è questo che vorrei anzitutto dirvi. La nostra missione, come la missione di tutta la Chiesa, è anzitutto un'impresa mistica. Che cosa avevamo di nostro da dire al mondo? Nulla. Che qualità potevamo esibire? Nessuna. Eravamo uomini come tutti gli altri. Forse anche peggio: quanti di noi hanno sperimentato lo stesso scacco umano di Pietro che riassetta le reti vuote, dopo una notte trascorsa invano a pescare. Ma il Signore ha scritto per noi un'altra storia. Egli ha spazzato via i nostri mille indugi, e ci ha spinti verso i fratelli. È Lui che ci sollecita ad essere missionari. Ed è Lui, la sua misericordia, che portiamo ai nostri fratelli.
Non avete ancora fede?
Questo pensiero, questa origine "mistica" della missione di tutta la Chiesa ci deve sempre accompagnare e rasserenare. Se la Chiesa è anzitutto opera sua , pensate forse che Dio ci abbandonerà? In questo senso, il vangelo di Marco incornicia nello scenario del lago di Tiberiade un altro episodio che ci può illuminare (Mc. 4, 35-41). Durante una traversata, la barca di Pietro viene improvvisamente sorpresa dalla tempesta. I discepoli si inquietano, e si mettono a gemere: "Maestro, non ti importa che moriamo?". I dodici sperimentano la stessa situazione di desolazione e di angoscia che ogni tanto assale anche noi. Si sentono improvvisamente soli, abbandonati, dimenticati. Ma è proprio nel loro grido di disperazione che Ges ù si fa presente. Il Maestro si alza e li rimprovera: "Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?". Gesù li invita a prestare più attenzione alla misericordia di Dio che ai sussulti delle onde. Tutta la missione della Chiesa è opera di fede; ed anche a noi, come ai discepoli, viene posto l'interrogativo circa la consistenza del nostro credere .... Quando si scatenano contro di noi venti impetuosi, quando ci pare che tutto quanto vada perduto, quando sembra che la barca debba far naufragio da un momento all'altro, il Maestro ci scuote, e ci sprona a credere, a vedere un po ' più in la dei nostri orizzonti limitati, ad invocarlo, e ad avere fiducia in lui, che non abbandona mai i suoi figli. Teniamo gli occhi ben fissi su Gesù, perché questa è l'unica cosa necessaria. Il resto non deve preoccuparci oltre misura, e non deve strapparci quella serena fiducia che deriva dal credere.
La speranza non delude
Ogni tanto dobbiamo ripetercelo: se la barca di Pietro va avanti non è per merito dei nostri colpi di remo ben assestati, e nemmeno delle nostre strategie pastorali più o meno azzeccate. Sì: Dio ci chiede la laboriosità, e ci invita ad affaticarci nella sua vigna, ma se la Chiesa cammina spedita non è per nostra bravura. Chissà: forse Dio, qualche volta, ride del nostro correre, si diverte a far crescere dove noi non seminiamo, e a rendere sterile quella terra che noi vagheggiavamo di trasformare in giardino. Forse Dio si comporta con noi come si comportava con il profeta Giona: promette sventure e poi usa misericordia, fa crescere ricini e subito li fa appassire, perché si sappia chi è Dio, e perché si sappia che noi siamo poveri davanti a Lui. Tutto questo ci deve infondere pace. Ogni tanto fa bene pensare ai nostri progetti, ai nostri propositi, ai nostri giudizi che vorrebbero sovvertire il mondo, come carta al vento. Nei tempi difficili dell'evangelizzazione - ed ogni tanto arrivano - si deve saper aspettare. I tempi di Dio non sono i nostri tempi, e Lui usa più pazienza di quanta ne usiamo noi. Il vero discepolo del Regno butta il seme, e poi va a dormire: perché sia che vegli, sia che dorma, il segreto della crescita e della maturazione è sottratto alla sapienza umana, ed è affondato nel mistero di Dio (Mc. 4, 26-29). E allora avanti con speranza. Perché è la speranza a trascinarci verso il futuro. Dio ha fatto molto per noi, e allora cosa temere? Sicuramente non ci abbandonerà! Mi piace qui ripetere lo slogan dell'assemblea diocesana che abbiamo vissuto insieme pochi mesi or sono: "La speranza non delude". Ho ancora davanti agli occhi la viva immagine di quel convegno della nostra Chiesa. Il testo che avete tra le mani è un po' il frutto di quel momento di preghiera e di ascolto reciproco. Molto spesso le cose che dirò le ho raccolte con pazienza qua e la, muovendomi tra i discorsi e gli interventi che molti di voi hanno offerto a tutti gli altri. Lo Spirito dona a ciascuno un frammento della sua grazia. Dice l'apostolo Paolo: "Quando vi radunate ognuno di voi può avere un salmo, un insegnamento, una rivelazione, un discorso in lingue, il dono di interpretarle" (1Cor. 14,26). Allora ho pregato lo Spirito affinché ravvivasse in me il dono della sintesi e del discernimento, perché nulla di quanto ciascuno ha portato andasse perduto, e tutto servisse all'edificazione della sua Chiesa. La speranza non delude: ne siamo certi. Dio non ci abbandona e vuole che nella nostra situazione concreta, in quel pezzo di mondo in cui Lui ci ha seminati, continuiamo solo a sperare, a gettare il seme su ogni tipo di terreno, con insistenza, perfino con cocciutaggine, sicuri che Lui non viene mai meno alle sue promesse.
Non possiedo né oro né argento
Ed ora, se permettete, qualche piccola osservazione per orientare la vita della nostra Chiesa per i prossimi anni. Pietro e Giovanni, i primi testimoni del Risorto, salgono insieme verso il tempio di Gerusalemme, per la preghiera del pomeriggio. I loro passi, sull' erta che conduce al cuore della città santa, sono il primo tratto della missione ecclesiale. Arrivati alla porta del tempio uno storpio tende loro la mano per chiedere l'elemosina. Per lui si trattava di un gesto istintivo, quasi meccanico. Ma Pietro lo invita ad un nuovo sguardo, e gli dice: "Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do, nel nome di Gesù Cristo , il Nazareno, cammina!" (At. 3,6). Questo primo incontro della Chiesa con l'invocazione e la sofferenza umana ci ricorda qual è il contenuto della missione ecclesiale: Gesù Cristo. Non abbiamo nient'altro. Non abbiamo, e non vogliamo avere, né potenze umane, né influenze prestigiose, né opere appariscenti. Nella santa Chiesa di Dio non c 'è nulla di più prezioso di Lui. Lui è veramente l'unica nostra ricchezza: Cristo è la sola cosa che vogliamo dire al mondo. Su questa convinzione, che solo apparentemente può sembrare scontata, tutti, nessuno escluso, dobbiamo ritrovarci. Non capiti mai che il tesoro della nostra Chiesa venga confuso con qualcosa d'altro. Ciò che si deve veramente trovare nelle nostre parrocchie è l'esperienza di Gesù Cristo. Sì: ci potranno, poi, essere diversi cammini che portano a questo, e si dovrà avere rispetto per le persone che partono da molto lontano. Ci saranno anche tante opere e realizzazioni. Ma mai deve mancare, nella comunità cristiana, l' attaccamento a Gesù. Lo stesso Santo Padre si è premurato di ricordarcelo nella sua ultima lettera apostolica, chiedendoci di diventare sempre più contemplatori del suo volto (NMI 16-28). Senza questo fuoco, tutto si raffredda. Di certo dobbiamo benedire il Signore per la varietà di gesti che si possono trovare nelle nostre comunità. Nelle nostre città e nei nostri paesi la Chiesa è una realtà assai visibile. La storia secolare della nostra diocesi ha fatto sì che prendessero corpo tra le sue mura progetti di ogni tipo: iniziative caritative, mezzi di comunicazione sociale, strutture pastorali, centri di aggregazione giovanile, luoghi di accoglienza. Molti plaudono a questa passione sociale che da sempre ha caratterizzato i cristiani delle nostre terre. Ma tutti quanti dobbiamo impegnarci per far sì che nessuno sguardo si attardi troppo a lungo su noi stessi, o sulle nostre opere. Non sono quelle la vera ricchezza delle nostre comunità. Quello è solo il frutto di un amore. Dietro la carità dei cristiani c'è sempre un'altra carità, che ci ha avvinto e trascinato: quella di Dio. Non siamo stati noi ad amare per primi, ma è Dio che ha amato noi (1Gv. 4,10). Noi siamo solo gente semplice, "siamo servi inutili", che hanno avuto la ventura di trovare una perla di gran valore, che ha reso logico il sacrificio di qualsiasi altro bene (Mt. 13, 45-46). La nostra vera ricchezza è la comunione con Gesù Cristo. Noi siamo coloro "che lo amano pur senza averlo mai visto" (1Pt 1,8). Questo è il centro della nostra fede. Insomma: chi entra in contatto con la Chiesa, magari partendo dalle sue vesti più esteriori, venga preso per mano, con rispetto e amore, e venga portato all 'interno, alla mensa del pane e della parola, dove è custodita la vera ricchezza: Gesù Cristo nostro Signore. Che tutto nasca di li. Ripetiamolo con le parole del salmo: "Sono in te tutte le mie sorgenti!" (Sal .... 87,7). Al cuore di ogni matrimonio, di ogni famiglia, di ogni parrocchia, di ogni opera sociale, ci sia sempre Lui, solo Lui.
Guardate a Lui e sarete raggianti
E' per questa ragione che la contemplazione, nei suoi molteplici aspetti, deve avere il primato in ogni nostra scelta pastorale. Siamo chiamati anzitutto a coltivare affetto per Gesù Cristo, e ad annunciare agli altri la bellezza di questa amicizia. Se c'è questo, poi verranno tante cose; ma se non c'è amore per Cristo, non riusciremo ad andare da nessuna parte. Diventeremmo come tralci recisi dalla vite (Gv. 15, 5-6). E' interessante notare come la prima scomunica pronunciata nella Chiesa, durante l'epoca apostolica, non sia nei confronti di qualche situazione di infrazione morale o dogmatica, ma nei confronti del disinteresse per Gesù Cristo. Dice l'apostolo: "Se qualcuno non ama il Signore sia anatema. Maranatha: vieni, o Signore!" (1Cor. 16, 22). Questo è il nocciolo che non si deve mai perdere. La vita cristiana, in fondo , è un grande invito alla gratuità e alla festa. Ecco allora che è importante saper perdere tempo per Dio, accorgerci del suo amore, sentirci lieti per le cose che ci capitano, e della Provvidenza che ci governa. La lotta contro tutto ciò che ci dissipa in mille preoccupazioni senza senso è un elemento costitutivo della nostra fede: non dobbiamo assecondare quel delirio di onnipotenza che satura le nostre giornate di una miriade di faccende, sottraendo spazio a quelle più necessarie. La preghiera, il tempo degli esercizi spirituali, lo stare in ginocchio nell' ultima panca in fondo alla chiesa, i momenti di ascolto e di silenzio, il confronto con una guida spirituale ci educano ad avere lo stesso sguardo di Dio. E soprattutto infondono senso e sapore alle nostre giornate. Forse questo è il grande problema degli uomini d'oggi, di tutti i nostri fratelli, ed anche nostro. Oggi non manca il lavoro, non manca la fatica, non mancano le cose da fare. Siamo ricchi di tutto, tranne della cosa più importante: del senso. Corriamo il grande rischio di affannarci tanto, di inseguire appuntamenti su appuntamenti, e di non comprendere mai il perché di tanta fatica e di tanto impegno. Se manca questa radice contemplativa, l'uomo non vive più, e non diventa autenticamente se stesso. Allora educhiamoci ad essere vigilanti, ad avere un'anima contemplativa. Il ricorso a Dio, in ogni gioia e difficoltà, è sempre il primo atto dell' esistenza cristiana. La nostra Chiesa, poi, ha la fortuna di godere della testimonianza di un gruppo di monache carmelitane. Proprio alle porte di Lodi , ormai circondato da strade e da costruzioni di ogni tipo, si innalza un Carmelo che ci fa memoria "della sola cosa di cui c'è bisogno" (Lc. 10,42).
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Block Notes mese di Settembre
- 04 MARTEDI'
Balbiano, ore 15:40 S. Rosario - in chiesa
- O6 GIOVEDI'
Ore 20:45 Incontro vicariale dei Consigli Pastorali Parrocchiali, dei Consigli Affari Economici e della Consulta per programmare l'inizio del nuovo anno pastorale - all'oratorio di Paullo (partenza ore 20:20)
- 07 VENERDI'
Balbiano, primo Venerdì del mese - Visita e S. Comunione agli infermi
- 11 MARTEDI'
Ore 21:00 Inizio del Corso vicariale dei fidanzati in vista del matrimonio - all'oratorio di Paullo. Il cammino è settimanale e dura 7 incontri. È necessario presentarsi per tempo dal proprio parroco per la conoscenza e la richiesta di iscrizioneOre 21:00 inizio della Scuola della Parola Diocesana per un cammino di approfondimento esegetico di alcuni brani biblici- nel Seminario di Lodi
- 12 MERCOLEDI'
Ore 21:00 Scuola della Parola
- 13 GIOVEDI'
Ore 21:00 Scuola della Parola
- 16 DOMENICA
Balbiano. Ore 15:30 Battesimo Bozzato Gaia Maria
- 21 VENERDI'
Ore 21:00 Liturgia della Parola con il Mandato del vescovo ai Catechisti della diocesi - in cattedrale a Lodi (partenza ore 20:20)
- 22 SABATO
Balbiano. Ore 15:00 Confessioni
- 23 DOMENICA
Balbiano. Anniversario della dedicazione della chiesa parrocchiale.Ore 10:00 Messa di inizio dell'anno pastorale e della catechesi.Ore 14:30 pomeriggio di gioco insieme.
- 25 MARTEDI'
Balbiano. Ore 16:00 Catechesi parrocchiale
- 30 DOMENICA
Balbiano. Ore 10:00 s. Messa. Ore 11:00 Catechesi dei ragazzi
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SCENE DI VITA QUOTIDIANA di Carlo Vitali
Mi è capitato qualche tempo fa di farmene un giro per il centro della nostra bella e sempre intrigante Milano. Rispetto ad altri che hanno la fortuna (o la sfortuna a seconda dei punti di vista) di lavorarvi tutti i giorni e quindi di goderne il fascino (o lo stress), io ne sono un frequentatore occasionale, sebbene non sporadico. Ed è sempre così: ogni volta che salgo la scalinata della metropolitana o litigo per cercare un parcheggio in centro tra le tante "viuzze" che lo caratterizzano, rimango sempre affascinato dalla magia della cattedrale, dalle sfolgoranti vetrine, dall'indifferenza dei piccioni, ma soprattutto dalla grande quantità e diversità della gente che frequenta questa piazza che ritengo, senza esagerare, sia una tra le più belle che abbia mai visto. Proprio in quell'occasione, stavo aspettando fuori da un negozio della " Benetton" alcune colleghe che stavano "perdendo tempo" alla ricerca di qualche capo che forse neanche loro avevano ben presente in mente. Ed ecco che spunta da dietro le spalle uno dei tantissimi "Vu Cumprà" che popolano la piazza. La cosa che mi ha colpito subito di questo ragazzo era il sorriso sincero, smagliante e sereno che manifestava. Era alle prese con il disperato tentativo di vendere una di quelle pubblicazioni redatte da cooperative sociali o associazioni di volontariato che legittimamente tentano di far conoscere la realtà della vita degli immigrati in Italia o nei loro paesi di origine. Ho subito apprezzato il fatto che non vendesse ciondoli, cassette, elefantini o collanine e che invece fosse impegnato in una testimonianza seria della vita degli extracomunitari. Parlando del più o del meno per ammazzare l'interminabile attesa delle mie colleghe mi sono subito accorto che Karim, questo è il nome del ragazzo, parlava un italiano quasi perfetto, ricco di congiuntivi e frasi avversative e con una proprietà di linguaggio quasi ineccepibile. Meravigliato del fatto gli faccio qualche domanda e lui mi dice che oltre all'italiano, che ha imparato da autodidatta nei 18 mesi di permanenza in Italia, conosce bene anche inglese, tedesco e francese che aveva studiato nelle sue scuole in Burundi. Inutile sottolineare come sono stato stupito. Io è una vita che cerco di imparare l'inglese spendendo un patrimonio e con risultati modesti, mentre un extracomunitario che molti sottovalutano o, al peggio, deridono è praticamente un poliglotta a meno di 24 anni. Dalla sua Karim aveva anche una dialettica molto spigliata, un buon senso dell'humour e tanta gioia di vivere. Risulta superfluo dire che alla fine non sono stato capace di non acquistargli il libro che all'inizio mi aveva proposto. La testimonianza di questo semplice ma ricco incontro non vuole essere una pubblicità agli opuscoli che distribuisce la capillare rete dei venditori extracomunitari (anche se vi assicuro che il libro era molto bello), ma un momento di riflessione su queste persone che ormai sono entrate a pieno titolo a far parte della nostra società civile. Forse non tutti saranno simpatici, aperti e cordiali come Karim, o forse non tutti loro avranno la fortuna di incontrare un perditempo come me che aveva dieci minuti da dedicargli. Fatto sta che ritengo sia giusto e corretto tentare di ascoltarli , o almeno cercare di capirli. Sono in primo luogo "persone" che oltretutto hanno abbandonato la propria casa e la propria famiglia alla ricerca di maggiore fortuna. Se riusciamo dedichiamogli qualche istante o quanto meno un sorriso. Entrambi non costano niente e sicuramente in cambio riceveremo un grazie (bene prezioso al giorno d'oggi), un sorriso (che non fa mai male) e forse ospitalit à in Burundi qualora volessimo farci un viaggio (Karim me lo ha promesso).
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NON LASCIATECI SOLI di don Maurizio
"I giovani chiedono di non essere lasciati soli. Hanno bisogno di qualcuno che sia loro vicino, senza però essere loro uguale… occorre risvegliare responsabilità e passione educativa in varie figure di adulti: genitori, insegnanti, animatori culturali, operatori della comunicazione sociale, dirigenti sportivi, responsabili di ambienti ricreativi". Così si esprimono i Vescovi italiani in un recente documento. In questo mese ricominciano con rinnovato vigore le attività della parrocchia e dell'oratorio a favore della gioventù, in particolare la catechesi. Ma non è la sola. Con essa c'è la preghiera e la carità. E tutto in stile comunitario. Qual è l'obiettivo di tutto ciò? L'educazione della fede delle giovani generazioni. Come raggiungere questo obiettivo? L'educazione della fede avviene attraverso una testimonianza corale di tutta la comunità cristiana, che si esprime in molti e differenziati soggetti. Le famiglie sono il primo luogo di educazione alla fede e dunque soggetti qualificati. Oggi risulta molto efficace vedere giovani famiglie che si impegnano negli oratori, adulti che si rendono disponibili a seguire gli adolescenti. È inutile negarlo: gli sposi hanno un carisma proprio per educare i giovani alla vita, alla fede, al servizio, all'amore e alla famiglia. Altri intervengono nell'educazione dei giovani: sacerdote e laici: catechisti , responsabili di gruppi, animatori, dirigenti sportivi, insegnanti, in particolare di religione. Fatta questa doverosa premessa ecco alcune indicazioni operative. Tutte le realtà ecclesiali presenti, nella specificità dei loro cammini, sono chiamate ad impegnarsi per l'educazione della fede dei giovani. In particolare i genitori in parrocchia e in oratorio devono essere sempre di più realtà abituale. I ragazzi devono trovare, oltre la catechesi e la liturgia, necessari momenti di gruppo, di gioco e di servizio, che l'oratorio - da lunga tradizione - è in gradi di fornire. L'importante è riunire le risorse e avere il coraggio e la gioia di camminare insieme. A Balbiano, una Domenica pomeriggio al mese, si cercherà di realizzare tutto questo: genitori e ragazzi si incontreranno in oratorio per vivere attività specifiche per ciascuno e momenti unitari. Per fare oratorio.
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REGOLE SEMPLICI PER CRESCERE I FIGLI di don Oreste Benzi
1. Fate conquistare ai figli ciò che vogliono.
2. Non sostituitevi ai figli.
3. La gioia è necessaria all'uomo per vivere bene.
4. Dare fiducia che significa? Dare fiducia e chiedere conto.
5. Il bambino vuole bene ad entrambi i genitori, ma il bene alla madre e della madre è un bene diverso.
6. Nutrire il senso religioso dei vostri figli.
7. I figli non fanno ciò che dicono i genitori, ma fanno ciò che sono i genitori.
8. Fare sempre la verità è un'ottima via per maturare i figli.
9. Siate sempre di parola coi figli.
10. Genitori non spartitevi i figli. Non sparlate l'uno dell'altro.
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Orario S. Messa
Colturano: Domenica ore 10:30, Martedì ore 20:15, Mercoledì ore 16:30, Sabato Ore 19:00
Balbiano : Domenica ore 10:00 e 18:00, Lunedì Martedì e Mercoledì ore 17:00, Giovedì Venerdì ore 8:00, Sabato ore 20:30
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