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Curiosità e Informazioni delle Parrocchie di Balbiano e Colturano
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Sommario del Numero di GENNAIO 2002
IN PARROCCHIA di don Maurizio
Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale di preghiera per la Pace
BLOCK NOTES mese di Gennaio 2002
Note di spiritualità LA PREGHIERA DOMESTICA di Stefano e Piera Levantino
Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani "In te è la sorgente della vita" (Salmo 36,6-10)
Festa degli Anniversari di Matrimoni
Una pillola salverà l'Africa?
Teatro. NATALE E' VOLERSI BENE di L. P.

IN PARROCCHIA di don Maurizio
E se Benladen...
Entrato in casa lo scorso Venerdì pomeriggio (28 dicembre us.) ho trovato un fax inviatomi dall'Ospedale Maggiore di Lodi. Così recitava il testo: "le chiedo la disponibilità ad effettuare un prelievo per la tipizzazione HLA di II livello per eseguire un approfondimento di indagine al fine di valutare la sua compatibilità per un eventuale trapianto di midollo osseo. Siamo ancora lontani dal poter affermare che il trapianto è possibile, però".
È il più bel regalo di Natale e degli ultimi giorni del 2001!
Quello di essere inseriti nella banca dati Nazionale di donatori di midollo osseo, attraverso l'associazione ADMO, è una realtà che può avere anni di " letargo" (io sono iscritto da quattro anni) e poi sbocciare improvvisamente quando un paziente malato di leucemia (non solo italiano ma di ogni parte del mondo!) risulta compatibile con il I livello di tipizzazione HLA di un iscritto ad un Centro Donatori. La speranza si accende. Il cammino è ancora lungo (purtroppo solo 1 su 160.000 è effettivamente compatibile con il leucemico! Per questo più siamo e meglio è) ma sapere di essere tra coloro che hanno la probabilità di salvare una vita donando parte del midollo osseo, mi ha cambiato i giorni!
Solamente a metà di questo mese saprò se c'è compatibilità. Io mi auguro e prego perché ciò avvenga. Lo ritengo anche un segno cristiano e civico. Sarei contento di ridare speranza a un bambino, giovane o adulto leucemico fosse anche Benladen!
Gennaio è il mese di preghiera e di azione per la pace e, come dice il Papa, non c'è pace senza giustizia e non c'è giustizia senza perdono. Il male, ogni male, del corpo e dell'anima, non si può vincere se non con l'incontro della giustizia con la misericordia. Buon anno a tutti.
Se ti senti coinvolto in questa avventura dell'amore e vuoi partecipare, puoi contattare il responsabile del Centro Donatori di Lodi, il Dr. Alberto Degiuli , al n. telefonico 0371 372387 (Ospedale Maggiore).
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Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale di preghiera per la Pace
NON C'E' PACE SENZA GIUSTIZIA. NON C'E' GIUSTIZIA SENZA PERDONO

1. Quest'anno la Giornata Mondiale della Pace viene celebrata sullo sfondo dei drammatici eventi dell'11 settembre scorso. In quel giorno, fu perpetrato un crimine di terribile gravità: nel giro di pochi minuti migliaia di persone innocenti, di varie provenienze etniche, furono orrendamente massacrate. Da allora, la gente in tutto il mondo ha sperimentato con intensità nuova la consapevolezza della vulnerabilità personale ed ha cominciato a guardare al futuro con un senso fino ad allora ignoto di intima paura. Di fronte a questi stati d'animo la Chiesa desidera testimoniare la sua speranza, basata sulla convinzione che il male, il mysterium iniquitatis, non ha l'ultima parola nelle vicende umane. La storia della salvezza, delineata nella Sacra Scrittura , proietta grande luce sull'intera storia del mondo, mostrando come questa sia sempre accompagnata dalla sollecitudine misericordiosa e provvida di Dio, che conosce le vie per toccare gli stessi cuori più induriti e trarre frutti buoni anche da un terreno arido e infecondo.
È questa la speranza che sostiene la Chiesa all'inizio del 2002: con la grazia di Dio il mondo, in cui il potere del male sembra ancora una volta avere la meglio, sarà realmente trasformato in un mondo in cui le aspirazioni più nobili del cuore umano potranno essere soddisfatte, un mondo nel quale prevarrà la vera pace.

La pace: opera di giustizia e di amore
2. Quanto è recentemente avvenuto, con i terribili fatti di sangue appena ricordati, mi ha stimolato a riprendere una riflessione che spesso sgorga dal profondo del mio cuore, al ricordo di eventi storici che hanno segnato la mia vita, specialmente negli anni della mia giovinezza.
Le immani sofferenze dei popoli e dei singoli, tra i quali anche non pochi miei amici e conoscenti, causate dai totalitarismi nazista e comunista, hanno sempre interpellato il mio animo e stimolato la mia preghiera. Molte volte mi sono soffermato a riflettere sulla domanda: qual è la via che porta al pieno ristabilimento dell'ordine morale e sociale così barbaramente violato? La convinzione, a cui sono giunto ragionando e confrontandomi con la Rivelazione biblica, è che non si ristabilisce appieno l'ordine infranto, se non coniugando fra loro giustizia e perdono. I pilastri della vera pace sono la giustizia e quella particolare forma dell'amore che è il perdono.

3. Ma come parlare, nelle circostanze attuali, di giustizia e insieme di perdono quali fonti e condizioni della pace? La mia risposta è che si può e si deve parlarne, nonostante la difficoltà che questo discorso comporta, anche perché si tende a pensare alla giustizia e al perdono in termini alternativi. Ma il perdono si oppone al rancore e alla vendetta, non alla giustizia. La vera pace, in realtà, è " opera della giustizia " (Is 32, 17). Come ha affermato il Concilio Vaticano II, la pace è " il frutto dell'ordine immesso nella società umana dal suo Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini assetati di una giustizia sempre più perfetta " (Costituzione pastorale Gaudium et spes, 78). Da oltre quindici secoli, nella Chiesa cattolica risuona l'insegnamento di Agostino di Ippona, il quale ci ha ricordato che la pace, a cui mirare con l'apporto di tutti, consiste nella tranquillitas ordinis, nella tranquillità dell'ordine (cfr De civitate Dei, 19 , 13).
La vera pace, pertanto, è frutto della giustizia, virtù morale e garanzia legale che vigila sul pieno rispetto di diritti e doveri e sull'equa distribuzione di benefici e oneri. Ma poiché la giustizia umana è sempre fragile e imperfetta, esposta com'è ai limiti e agli egoismi personali e di gruppo, essa va esercitata e in certo senso completata con il perdono che risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati. Ciò vale tanto nelle tensioni che coinvolgono i singoli quanto in quelle di portata più generale ed anche internazionale. Il perdono non si contrappone in alcun modo alla giustizia, perché non consiste nel soprassedere alle legittime esigenze di riparazione dell'ordine leso. Il perdono mira piuttosto a quella pienezza di giustizia che conduce alla tranquillità dell'ordine, la quale è ben più che una fragile e temporanea cessazione delle ostilità, ma è risanamento in profondità delle ferite che sanguinano negli animi. Per un tale risanamento la giustizia e il perdono sono ambedue essenziali. Sono queste le due dimensioni della pace che desidero esplorare in questo messaggio. La Giornata Mondiale offre, quest'anno, a tutta l'umanità, e in particolar modo ai Capi delle Nazioni, l'opportunità di riflettere sulle esigenze della giustizia e sulla chiamata al perdono di fronte ai gravi problemi che continuano ad affliggere il mondo, non ultimo dei quali è il nuovo livello di violenza introdotto dal terrorismo organizzato.

Il fenomeno del terrorismo
4. È proprio la pace fondata sulla giustizia e sul perdono che oggi è attaccata dal terrorismo internazionale. In questi ultimi anni, specialmente dopo la fine della guerra fredda, il terrorismo si è trasformato in una rete sofisticata di connivenze politiche, tecniche ed economiche, che travalica i confini nazionali e si allarga fino ad avvolgere il mondo intero. Si tratta di vere organizzazioni dotate spesso di ingenti risorse finanziarie, che elaborano strategie su vasta scala, colpendo persone innocenti, per nulla coinvolte nelle prospettive che i terroristi perseguono.
Adoperando i loro stessi seguaci come armi da lanciare contro inermi persone inconsapevoli, queste organizzazioni terroristiche manifestano in modo sconvolgente l'istinto di morte che le alimenta. Il terrorismo nasce dall' odio ed ingenera isolamento, diffidenza e chiusura. Violenza si aggiunge a violenza, in una tragica spirale che coinvolge anche le nuove generazioni, le quali ereditano così l'odio che ha diviso quelle precedenti. Il terrorismo si fonda sul disprezzo della vita dell'uomo. Proprio per questo esso non dà solo origine a crimini intollerabili, ma costituisce esso stesso, in quanto ricorso al terrore come strategia politica ed economica, un vero crimine contro l'umanità.

5. Esiste perciò un diritto a difendersi dal terrorismo. E un diritto che deve , come ogni altro, rispondere a regole morali e giuridiche nella scelta sia degli obiettivi che dei mezzi. L'identificazione dei colpevoli va debitamente provata, perché la responsabilità penale è sempre personale e quindi non può essere estesa alle nazioni, alle etnie, alle religioni, alle quali appartengono i terroristi. La collaborazione internazionale nella lotta contro l'attività terroristica deve comportare anche un particolare impegno sul piano politico, diplomatico ed economico per risolvere con coraggio e determinazione le eventuali situazioni di oppressione e di emarginazione che fossero all'origine dei disegni terroristici. Il reclutamento dei terroristi, infatti, è più facile nei contesti sociali in cui i diritti vengono conculcati e le ingiustizie troppo a lungo tollerate.
Occorre, tuttavia, affermare con chiarezza che le ingiustizie esistenti nel mondo non possono mai essere usate come scusa per giustificare gli attentati terroristici. Si deve rilevare, inoltre, che tra le vittime del crollo radicale dell'ordine, ricercato dai terroristi, sono da includere in primo luogo i milioni di uomini e di donne meno attrezzati per resistere al collasso della solidarietà internazionale. Alludo specificamente ai popoli del mondo in via di sviluppo, i quali già vivono in margini ristretti di sopravvivenza e che sarebbero i più dolorosamente colpiti dal caos globale economico e politico. La pretesa del terrorismo di agire in nome dei poveri è una palese falsità.

Non si uccide in nome di Dio!
6. Chi uccide con atti terroristici coltiva sentimenti di disprezzo verso l' umanità, manifestando disperazione nei confronti della vita e del futuro: tutto, in questa prospettiva, può essere odiato e distrutto. Il terrorista ritiene che la verità in cui crede o la sofferenza patita siano talmente assolute da legittimarlo a reagire distruggendo anche vite umane innocenti. Talora il terrorismo è figlio di un fondamentalismo fanatico, che nasce dalla convinzione di poter imporre a tutti l'accettazione della propria visione della verità. La verità, invece, anche quando la si è raggiunta - e ciò avviene sempre in modo limitato e perfettibile - non può mai essere imposta. Il rispetto della coscienza altrui, nella quale si riflette l'immagine stessa di Dio (cfr Gn 1, 26-27), consente solo di proporre la verità all'altro, al quale spetta poi di responsabilmente accoglierla. Pretendere di imporre ad altri con la violenza quella che si ritiene essere la verità, significa violare la dignità dell'essere umano e, in definitiva, fare oltraggio a Dio, di cui egli è immagine. Per questo il fanatismo fondamentalista è un atteggiamento radicalmente contrario alla fede in Dio. A ben guardare il terrorismo strumentalizza non solo l'uomo, ma anche Dio, finendo per farne un idolo di cui si serve per i propri scopi.

7. Nessun responsabile delle religioni, pertanto, può avere indulgenza verso il terrorismo e, ancor meno, lo può predicare. È profanazione della religione proclamarsi terroristi in nome di Dio, far violenza all'uomo in nome di Dio. La violenza terrorista è contraria alla fede in Dio Creatore dell'uomo, in Dio che si prende cura dell'uomo e lo ama. In particolare, essa è totalmente contraria alla fede in Cristo Signore, che ha insegnato ai suoi discepoli a pregare: " Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori " (Mt 6, 12).
Seguendo l'insegnamento e l'esempio di Gesù, i cristiani sono convinti che dimostrare misericordia significhi vivere pienamente la verità della nostra vita: possiamo e dobbiamo essere misericordiosi, perché ci è stata mostrata misericordia da un Dio che è Amore misericordioso (cfr 1 Gv 4, 7-12). Il Dio che ci redime mediante il suo ingresso nella storia e attraverso il dramma del Venerdì Santo prepara la vittoria del giorno di Pasqua, è un Dio di misericordia e di perdono (cfr Sal 103 [102], 3-4.10-13). Gesù, nei confronti di quanti lo contestavano per il fatto che mangiava con i peccatori, così si è espresso: " Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori " (Mt 9, 13). I seguaci di Cristo, battezzati nella sua morte e nella sua risurrezione, devono essere sempre uomini e donne di misericordia e di perdono.

La necessità del perdono
8. Ma che cosa significa, in concreto, perdonare? E perché perdonare? Un discorso sul perdono non può eludere questi interrogativi. Riprendendo una riflessione che ebbi già modo di offrire per la Giornata Mondiale della Pace 1997 (" Offri il perdono, ricevi la pace "), desidero ricordare che il perdono ha la sua sede nel cuore di ciascuno, prima di essere un fatto sociale . Solo nella misura in cui si affermano un'etica e una cultura del perdono, si può anche sperare in una " politica del perdono ", espressa in atteggiamenti sociali ed istituti giuridici, nei quali la stessa giustizia assuma un volto più umano.
In realtà, il perdono è innanzitutto una scelta personale, una opzione del cuore che va contro l'istinto spontaneo di ripagare il male col male. Tale opzione ha il suo termine di confronto nell'amore di Dio, che ci accoglie nonostante il nostro peccato, e ha il suo modello supremo nel perdono di Cristo che sulla croce ha pregato: " Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno " (Lc 23, 34).
Il perdono ha dunque una radice e una misura divine. Questo tuttavia non esclude che se ne possa cogliere il valore anche alla luce di considerazioni di umana ragionevolezza. Prima fra tutte, quella relativa all'esperienza che l 'essere umano vive in se stesso quando commette il male. Egli si rende allora conto della sua fragilità e desidera che gli altri siano indulgenti con lui. Perché dunque non fare agli altri ciò che ciascuno desidera sia fatto a se stesso? Ogni essere umano coltiva in sé la speranza di poter ricominciare un percorso di vita e di non rimanere prigioniero per sempre dei propri errori e delle proprie colpe. Sogna di poter tornare a sollevare lo sguardo verso il futuro, per scoprire ancora una prospettiva di fiducia e di impegno.

9. In quanto atto umano, il perdono è innanzitutto un'iniziativa del singolo soggetto nel suo rapporto con gli altri suoi simili. La persona, tuttavia, ha un'essenziale dimensione sociale, in virtù della quale intreccia una rete di rapporti in cui esprime se stessa: non solo nel bene, purtroppo, ma anche nel male. Conseguenza di ciò è che il perdono si rende necessario anche a livello sociale. Le famiglie, i gruppi, gli Stati, la stessa Comunità internazionale, hanno bisogno di aprirsi al perdono per ritessere legami interrotti, per superare situazioni di sterile condanna mutua, per vincere la tentazione di escludere gli altri non concedendo loro possibilità di appello. La capacità di perdono sta alla base di ogni progetto di una società futura più giusta e solidale.
Il perdono mancato, al contrario, specialmente quando alimenta la continuazione di conflitti, ha costi enormi per lo sviluppo dei popoli. Le risorse vengono impiegate per sostenere la corsa agli armamenti, le spese delle guerre, le conseguenze delle ritorsioni economiche. Vengono così a mancare le disponibilità finanziarie necessarie per produrre sviluppo, pace, giustizia. Quanti dolori soffre l'umanità per non sapersi riconciliare, quali ritardi subisce per non saper perdonare! La pace è la condizione dello sviluppo, ma una vera pace è resa possibile soltanto dal perdono.
Il perdono, strada maestra
10. La proposta del perdono non è di immediata comprensione né di facile accettazione; è un messaggio per certi versi paradossale. Il perdono infatti comporta sempre un'apparente perdita a breve termine, mentre assicura un guadagno reale a lungo termine. La violenza è l'esatto opposto: opta per un guadagno a scadenza ravvicinata, ma prepara a distanza una perdita reale e permanente. Il perdono potrebbe sembrare una debolezza; in realtà, sia per essere concesso che per essere accettato, suppone una grande forza spirituale e un coraggio morale a tutta prova. Lungi dallo sminuire la persona, il perdono la conduce ad una umanità più piena e più ricca, capace di riflettere in sé un raggio dello splendore del Creatore.
Il ministero che svolgo al servizio del Vangelo mi fa sentire vivamente il dovere, e mi dà al tempo stesso la forza, di insistere sulla necessità del perdono. Lo faccio anche oggi, sorretto dalla speranza di poter suscitare riflessioni serene e mature in vista di un generale rinnovamento, nei cuori delle persone e nelle relazioni tra i popoli della terra.

11. Meditando sul tema del perdono, non si possono non ricordare alcune tragiche situazioni di conflitto, che da troppo tempo alimentano odi profondi e laceranti, con la conseguente spirale inarrestabile di tragedie personali e collettive. Mi riferisco, in particolare, a quanto avviene nella Terra Santa, luogo benedetto e sacro dell'incontro di Dio con gli uomini, luogo della vita , morte e risurrezione di Gesù, il Principe della pace.
La delicata situazione internazionale sollecita a sottolineare con forza rinnovata l'urgenza della risoluzione del conflitto arabo-israeliano, che dura ormai da più di cinquant'anni, con un'alternanza di fasi più o meno acute . Il continuo ricorso ad atti terroristici o di guerra, che aggravano per tutti la situazione e incupiscono le prospettive, deve lasciare finalmente il posto ad un negoziato risolutore. I diritti e le esigenze di ciascuno potranno essere tenuti in debito conto e contemperati in modo equo, se e quando prevarrà in tutti la volontà di giustizia e di riconciliazione. A quegli amati popoli rivolgo nuovamente l'invito accorato ad adoperarsi per un' era nuova di rispetto mutuo e di accordo costruttivo.

Comprensione e cooperazione interreligiosa
12. In questo grande sforzo, i leader religiosi hanno una loro specifica responsabilità. Le confessioni cristiane e le grandi religioni dell'umanità devono collaborare tra loro per eliminare le cause sociali e culturali del terrorismo, insegnando la grandezza e la dignità della persona e diffondendo una maggiore consapevolezza dell'unità del genere umano. Si tratta di un preciso campo del dialogo e della collaborazione ecumenica ed interreligiosa, per un urgente servizio delle religioni alla pace tra i popoli.
In particolare, sono convinto che i leader religiosi ebrei, cristiani e musulmani debbano prendere l'iniziativa mediante la condanna pubblica del terrorismo, rifiutando a chi se ne rende partecipe ogni forma di legittimazione religiosa o morale.

13. Nel dare comune testimonianza alla verità morale secondo cui l'assassinio deliberato dell'innocente è sempre un grave peccato, dappertutto e senza eccezioni, i leader religiosi del mondo favoriranno la formazione di una pubblica opinione moralmente corretta. E questo il presupposto necessario per l'edificazione di una società internazionale capace di perseguire la tranquillità dell'ordine nella giustizia e nella libertà. Un impegno di questo tipo da parte delle religioni non potrà non introdursi sulla via del perdono, che porta alla comprensione reciproca, al rispetto e alla fiducia. Il servizio che le religioni possono dare per la pace e contro il terrorismo consiste proprio nella pedagogia del perdono, perché l'uomo che perdona o chiede perdono capisce che c'è una Verità più grande di lui, accogliendo la quale egli può trascendere se stesso.

Preghiera per la pace
14. Proprio per questa ragione, la preghiera per la pace non è un elemento che " viene dopo " l'impegno per la pace. Al contrario, essa sta al cuore dello sforzo per l'edificazione di una pace nell'ordine, nella giustizia e nella libertà. Pregare per la pace significa aprire il cuore umano all' irruzione della potenza rinnovatrice di Dio. Dio, con la forza vivificante della sua grazia, può creare aperture per la pace là dove sembra che vi siano soltanto ostacoli e chiusure; può rafforzare e allargare la solidarietà della famiglia umana, nonostante lunghe storie di divisioni e di lotte. Pregare per la pace significa pregare per la giustizia, per un adeguato ordinamento all' interno delle Nazioni e nelle relazioni fra di loro. Vuol dire anche pregare per la libertà, specialmente per la libertà religiosa, che è un diritto fondamentale umano e civile di ogni individuo. Pregare per la pace significa pregare per ottenere il perdono di Dio e per crescere al tempo stesso nel coraggio che è necessario a chi vuole a propria volta perdonare le offese subite.
Per tutti questi motivi ho invitato i rappresentanti delle religioni del mondo a venire ad Assisi, la città di san Francesco, il prossimo 24 gennaio, a pregare per la pace. Vogliamo con ciò mostrare che il genuino sentimento religioso è una sorgente inesauribile di mutuo rispetto e di armonia tra i popoli: in esso, anzi, risiede il principale antidoto contro la violenza ed i conflitti. In questo tempo di grave preoccupazione, l'umana famiglia ha bisogno di sentirsi ricordare le sicure ragioni della nostra speranza. Proprio questo noi intendiamo proclamare ad Assisi, pregando Dio Onnipotente - secondo la suggestiva espressione attribuita allo stesso san Francesco - di fare di noi uno strumento della sua pace.

15. Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono: ecco ciò che voglio annunciare in questo Messaggio a credenti e non credenti, agli uomini e alle donne di buona volontà, che hanno a cuore il bene della famiglia umana e il suo futuro.
Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono: questo voglio ricordare a quanti detengono le sorti delle comunità umane, affinché si lascino sempre guidare, nelle loro scelte gravi e difficili, dalla luce del vero bene dell'uomo, nella prospettiva del bene comune.
Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono: questo monito non mi stancherò di ripetere a quanti, per una ragione o per l'altra, coltivano dentro di sé odio, desiderio di vendetta, bramosia di distruzione. In questa Giornata della Pace, salga dal cuore di ogni credente più intensa la preghiera per ciascuna delle vittime del terrorismo, per le loro famiglie tragicamente colpite, e per tutti i popoli che il terrorismo e la guerra continuano a ferire e a sconvolgere. Non restino fuori del raggio di luce della nostra preghiera coloro stessi che offendono gravemente Dio e l'uomo mediante questi atti senza pietà: sia loro concesso di rientrare in se stessi e di rendersi conto del male che compiono, così che siano spinti ad abbandonare ogni proposito di violenza e a cercare il perdono. In questi tempi burrascosi, possa l'umana famiglia trovare pace vera e duratura, quella pace che solo può nascere dall'incontro della giustizia con la misericordia!
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BLOCK NOTES mese di Gennaio 2002
1 MARTEDI' Circoncisione del Signore - Giornata mondiale di preghiera per la Pace
Balbiano :
- Ore 15:45 Ora del Santo Rosario
- Ore 17:30 Adorazione eucaristica e Vespri

4 VENERDI'
Balbiano. S. Comunione anziani e infermi

5 SABATO
Balbiano, ore 15:00 Confessioni

6 DOMENICA Epifania del Signore - giornata dell'Infanzia missionaria
Balbiano :
- Non c'è la catechesi dei ragazzi
- Ore 15:00 Celebrazione in onore di Gesù Bambino con la benedizione dei bambini presenti
- Ore 17:30 Esposizione eucaristica e Vespri

8 MARTEDI'
Balbiano :
- Ore 16:00 catechesi degli adulti e anziani
Colturano:
- Ore 20:45 catechesi degli adulti

11 VENERDI'
Colturano. Ore 18:00 catechesi per il dopo-cresima e gli adolescenti

13 DOMENICA Battesimo del Signore
Colturano. Ore 11:15 catechesi dei ragazzi
Balbiano. Ore 11:00 catechesi dei ragazzi, Ore 17:30 adorazione eucaristica e Vespri
Paullo. Ore 9/12 incontro ragazzi di seconda media per la Professione di Fede

15 MARTEDI'
Colturano. Ore 20:30 catechesi degli adulti
Balbiano. Ore 16:00 catechesi degli adulti e anziani

17 GIOVEDI' Giornata nazionale del dialogo religioso ebraico-cristiano

18 VENERDI' Inizio ottavario di preghiera per l'unità delle Chiese
Colturano. Ore 18:00 catechesi del post - cresima e adolescenti
Lodi. Ore 21:00 Veglia di preghiera nella solennità di San Bassiano

19 SABATO Solennità di San Bassiano, Patrono della Città e della Diocesi di Lodi
Balbiano. Ore 15:00 partenza per Lodi - visita all'urna del Santo e alla festa
Lodi. Ore 10:30 Solenne celebrazione eucaristica

20 DOMENICA
Colturano. Ore 11:15 catechesi dei ragazzi
Balbiano :
- Ore 11:00 catechesi dei ragazzi
- Ore 15:00 incontro per i genitori e i ragazzi

21 LUNEDI'
Dresano. Ore 21:00 incontro formativo interparrochiale per gli impegnati

22 MARTEDI'
Colturano. Ore 20:30 catechesi degli adulti
Balbiano. Ore 16:00 catechesi degli adulti e anziani

24 GIOVEDI'
Balbiano. Ore 20:45 s. Messa e Adorazione eucaristica

25 VENERDI'
Colturano. Ore 18:00 catechesi del post-cresima e adolescenti
Paullo. Corso diocesano per i Lettori nella liturgia

26 SABATO
Balbiano. Dalle ore 15:00 alle 17:00 tempo per le Confessioni

27 DOMENICA Sacra famiglia di Nazareth - Festa delle famiglie e dell'oratorio
Colturano. Ore 11:15 catechesi dei ragazzi
Balbiano:
- Ore 11:00 catechesi dei ragazzi
- Ore 15:00 rappresentazione teatrale
- Ore 17:00 Adorazione e benedizione eucaristica

28 LUNEDI'
Spino d'Adda. Incontro formativo per gli Animatori del GREST

29 MARTEDI'
Colturano. Ore 20:45 catechesi degli adulti
Balbiano. Ore 16:00 catechesi degli adulti e anziani

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Note di spiritualità LA PREGHIERA DOMESTICA di Stefano e Piera Levantino
Quante volte ci siamo interrogati su come riuscire a trovare nella nostra giornata così piena un momento per la nostra preghiera personale e familiare? Alcuni sposi, volendo ritagliarsi un'ora fissa per pregare tutti insieme, si sono dati una regola: hanno cioè deciso che un certo momento preciso della giornata è del Signore. Le difficoltà dei primi giorni, grazie all'abitudine quasi scompare. Talvolta sono i bambini a ricordare l'appuntamento. Altre coppie hanno deciso di alzarsi venti minuti prima al mattino. E' questo un tempo propizio, quando è entrato nel ritmo delle settimane e dei mesi, da dedicare alla crescita della nostra coppia, prima ancora che si sveglino i figli. Si possono leggere e meditare le letture della Messa del giorno con l' aiuto di un messalino quotidiano, oppure pregare con la Liturgia delle Lodi, o altro ancora. Alcune coppie trovano questo momento dopo cena. Altre invece preferiscono prima di cena, considerando importante la presenza dei figli, anche piccoli, senza preoccuparsi ovviamente se giocherellano qua e là e se non consentono una preghiera "monastica". La cosa importante è riuscire a sviluppare la "nostra" preghiera. Perciò non lasciamoci avvilire se talvolta le difficoltà oggettive e reali impediscono orari rigidi e inflessibili. Dall'esperienza piuttosto diffusa si raccoglie un frequente lamento: "Noi per diversità d'orari e per una serie d'impegni non riusciamo proprio a ritrovarci insieme per pregare in modo ampio". Forse il lamento trae origine dal fatto che spesso si ha in mente un modello di preghiera familiare fatta in comune, marito e moglie insieme, genitori e figli insieme. Più spesso invece la preghiera familiare è costituita da varie situazioni e momenti che si colgono lungo la giornata o addirittura l'intero anno. Su questo tipo di preghiera vogliamo soffermarci perché tante famiglie vi hanno riconosciuto una strada possibile e percorribile.

- Anzitutto è utile far sì che anche l'ambiente "casa" ci parli di Dio e ci aiuti ad "elevarci in Dio". Per questo può essere molto utile creare nella casa "l'angolo di Dio". In un punto adatto poniamo un'immagine significativa per fare da richiamo e stimolo a tutta la famiglia. Alcuni ci mettono la Sacra Bibbia, altri una scritta biblica. Vi possiamo mettere anche un vasetto di fiori ed un cero che accenderemo al momento della preghiera o in altre circostanze quando si vuole creare un particolare clima di raccoglimento in famiglia. Sono piccoli segni esteriori che possono apparire superficiali; in realtà abbiamo bisogno dei segni, sia noi adulti e tanto più i nostri figli, se li vogliamo coinvolgere.

- A pranzo e a cena una famiglia cristiana è fedele alla preghiera della mensa. E' questo un momento particolarmente importante perché più facilmente la famiglia è riunita. E' tra i più facili da introdurre anche in quelle case dove non si è abituati a pregare. Esistono a tal proposito diversi sussidi molto utili a rendere vivace e attraente questo breve momento. E' un modo semplice per coinvolgere i figli che di volta in volta sono invogliati a rendersi protagonisti leggendo un piccolo brano o invocando la benedizione del Signore con brevi invocazioni.

- La sera poi quando i bimbi vanno a letto, i genitori li aiutano nelle preghiere e vi trovano essi stessi nutrimento. Prima di dare loro la buona notte danno loro la benedizione serale. E' questo un momento "forte". E' bello iniziare quando i figli sono ancora piccoli, ma l'esperienza ci ha insegnato che anche i più grandi gradiscono e sentono il bisogno di un tale gesto. Il gesto può sembrare insignificante ma racchiude in sé un valore esistenziale. Nel momento molto delicato del distacco dai genitori, prima di avventurarsi nel buio e nel sonno non sempre facile, i genitori rassicurano il figlio che Dio è sempre con loro, c'è il loro Angelo custode sempre vicino . Un domani quel figlio di fronte alle difficoltà della vita non si sentirà solo e disperato; avrà bevuto tanta energetica forza e fiducia anche se i genitori non ci saranno o non lo comprenderanno. Per agevolare il ritorno a questa pratica suggestiva e molto antica, esistono preziosi sussidi che aiutano a memorizzare presto la formula di benedizione. In pratica i figli domandano la benedizione e un genitore, o ambedue, recitano la biblica benedizione presente in Numeri, 6,24 ss. segnando su di essi il segno della croce.

- A questo punto si comprende come la preghiera familiare forse non è "lunga ", ma l'importante è che sia "intensa". Vari sposi si sentono poveri perché non riescono a trovare i tempi lunghi per la preghiera. Ma la nostra preghiera deve essere "incarnata". Talvolta la vita è fortemente drammatica e la preghiera facilmente commuove e prende l'animo, anche se è breve. La nostra preghiera è fatta di molta vita. Nella preghiera domestica non vanno sottovalutati i vari momenti occasionali. Occorre imparare a sfruttarli per coinvolgere la famiglia nella preghiera: periodi di particolare difficoltà, la visita occasionale ad una chiesa, un viaggio in automobile, una visita al cimitero...

- Ci sono poi le tappe religiose tipiche di una famiglia che non possono non essere valorizzate come momenti educativi: i battesimi, le prime comunioni, le cresime, i matrimoni, le malattie, le morti, i compleanni, l'anniversario di matrimonio e di battesimo, le feste religiose, i momenti forti della vita di un cristiano (l'Avvento e la Quaresima)....

- Una continua ricchezza proviene dalla Santa Messa domenicale: vivere insieme la partecipazione all'Eucarestia aiuta a rendere più unita la famiglia e a comprendere che fare la Comunione aiuta a fare comunione. Per esempio gli sposi , anche insieme ai figli, possono ripensare all'Omelia e ai "segni liturgici" tornando a casa o durante il pranzo o in altra occasione. Oppure vivendo nella propria casa il ciclo dell'anno liturgico: come il presepe, i tempi di digiuno, il mese dei morti, il dramma della Passione.

- Una preghiera antica ma attualissima e necessaria, che non deve mancare nelle nostre famiglie: il Rosario. E' la preghiera per eccellenza del cristiano, che ci fa considerare i misteri principali della vita di Gesù e di Maria e che ottiene innumerevoli grazie alle famiglie. E' la preghiera di tutti, grandi e piccoli. Aiuta a rendere più unita la famiglia e favorisce la Pace. Non a caso è la preghiera raccomandata dal S. Padre Giovanni Paolo II: " Il Rosario è la mia preghiera prediletta!" Tutti i cristiani conoscono l' opera incessante del Papa per salvare la pace nel mondo, per scongiurare la guerra, ma molti non sanno che cosa fare in quest'ora difficile. Non lasciamo il Papa solo! Recitiamo ogni giorno il Rosario e avremo la pace nelle nostre famiglie e nel mondo!
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Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani "In te è la sorgente della vita" (Salmo 36,6-10)
Dal 18 al 25 gennaio in tutte le chiese cristiane si prega per implorare il dono della piena comunione. "Se il Signore non costruisce la casa, invano faticano i costruttori" (Sal 126). Di questa preminenza dell'opera del Padre era cosciente per primo Gesù, il quale ha pregato perché tutti siano una cosa sola. L'interesse per l'ecumenismo non è ancora molto vivo nelle nostre comunità. Favorisce questo cammino la convinzione che l'interesse per l' ecumenismo è fedeltà alla volontà del Signore, alla vocazione battesimale e dell'Eucaristia. Questo non significa rinunciare alla propria identità ecclesiale e quindi alla propria fede, anche se i fedeli cattolici devono avere una corretta conoscenza delle altre Chiese e comunità ecclesiali. Va anche evidenziata in noi la consapevolezza che la divisione tra i cristiani è conseguenza del nostro peccato, soprattutto della mancanza di carità e di umiltà degli uni verso gli altri.
Il nostro impegno di unione è perciò certamente necessario, ma è del tutto inadeguato: è un'opera del Signore, è un'unità donata. Di qui la necessità della preghiera: "In te è la sorgente della vita".
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Festa degli Anniversari di Matrimonio
A Balbiano il 27 gennaio, in occasione della festa della Santa Famiglia di Ges ù, Maria e Giuseppe, durante la S. Messa delle ore 10:00 gli sposi cristiani sono chiamati a ricordare l'anniversario del loro Matrimonio. In particolare coloro che ricordano il 25°, 50° e 60° anniversario. Ma tutte le coppie possono trovare in questo giorno un motivo speciale di ringraziamento e di preghiera alla Santa Famiglia per il cammino compiuto insieme nel nome del Signore, breve o lungo che sia. Durante la S. Messa i coniugi rinnoveranno la promessa di amore e fedeltà. Per l'organizzazione, le famiglie interessate avvisino per tempo in parrocchia.
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Una pillola salverà l'Africa?
Si chiama nevirapina, costa poco più di 6.000 lire e può evitare il contagio di milioni di bambini dall'Aids. Ma in Africa resta un miraggio. Ecco l' azione della Comunità di Sant'Egidio. da "SETTE" del 29-11-01

Bastano tre dollari per salvare un bambino all'Aids. Seimilatrecento lire ( appena 3,2 euro). È una cifra ridicola di fronte a un'epidemia che in Africa ha già colpito 25,3 milioni di persone. Eppure è questo il costo di una dose di nevirapina, il farmaco che blocca la trasmissione del virus Hiv da madre a figlio, una delle principali cause dello sviluppo della malattia in Africa. Peccato che nei villaggi africani quei 3 dollari non ci sono. In Europa, negli Stati Uniti e anche in America latina l'epidemia ha segnato una netta battuta d'arresto: si è raggiunta una soglia di saturazione dei sottogruppi con comportamenti a rischio (prevalentemente tossicodipendenti e omo-bisessuali) e non si è avuto che un interessamento marginale della popolazione generale. Tutto questo grazie non soltanto a una capillare operazione di prevenzione, ma anche all'introduzione di nuove terapie antivirali che hanno permesso una massiccia riduzione della mortalità e del contagio.
In Africa no. In poco meno di cinque anni c'è stato un aumento di oltre il 40% (e sono stime per difetto) delle infezioni. Dei 36,1 milioni di persone affette da Hiv nel mondo - secondo l'ultimo rapporto dell'Unaids (l'agenzia per la lotta all'Aids delle Nazioni Unite) -oltre il 70% degli adulti e l'80% dei bambini vivono nell'Africa subsahariana. In Zimbabwe, solo per fare qualche esempio, un adulto su quattro è sieropositivo. In Mozambico uno ogni sei. E, al contrario che in Occidente, qui il sesso femminile è quello più colpito. Secondo l'organizzazione mondiale della Sanità ci sono 12-13 africane infette ogni 10 maschi.
Il virus si trasmette più facilmente alle donne, attraverso i rapporti sessuali non protetti, sia per motivi fisiologici sia per fattori socio- culturali. Motivi ben noti ai medici che da anni sono impegnati sul campo. Come quelli che operano per la Comunità di Sant'Egidio, il gruppo cristiano basato a Roma e animato da monsignor Paglia che nel '92 mediò l'accordo di pace per il Mozambico. Ed è proprio in questa ex colonia portoghese, devastata prima da una guerra civile durata più di 15 anni, poi da una serie di alluvioni e altre sciagure naturali, che i volontari hanno lanciato un' ambiziosa sfida all'ultima devastante piaga del Paese: l'Aids, appunto. Un' epidemia che sta falcidiando la popolazione, comprese le classi medio-alte, il personale scolastico e quello sanitario. E che rischia di fermare la ripresa economica del Paese (dalla fine della guerra il Mozambico è stata la nazione africana con il maggior sviluppo economico con punte del 12% sul Prodotto nazionale lordo).
Il progetto, lanciato oltre un anno fa con 2,5 miliardi di finanziamento da parte della Cooperazione italiana, sta entrando in questi giorni nella sua seconda fase (questa volta con finanziamenti raccolti attraverso canali privati). "L'approccio della malattia in Africa deve essere necessariamente diverso da quello adottato in Occidente. Ormai è dimostrato che l'educazione ai rapporti sessuali protetti qui non è sufficiente, sia perché è difficile convincere la popolazione locale all'uso dei preservativi o alla fedeltà coniugale, sia perché non bisogna sottovalutare la trasmissione del virus legata a pratiche sanitarie molto arretrate", dice il medico Leonardo Emberti , docente universitario a Roma e responsabile del progetto in Mozambico. Gli esempi sono infiniti: a fronte di una popolazione di 18 milioni di individui, nel Paese operano solo 400 medici, la stragrande maggioranza dei malati si rivolge ai "curanderos", sorta di stregoni che trattano i sintomi dell'Aids come un "malocchio" da estirpare con erbe e riti oscuri, nei pochi ospedali esistenti le siringhe a perdere vengono riutilizzate fino a 30 volte senza alcun processo di sterilizzazione, le trasfusioni e le donazioni di sangue il più delle volte sono effettuate senza controlli sull'eventuale presenza di virus (dall'Hiv alle più banali epatiti).
"La prevenzione può funzionare solo se associata alla terapia con i farmaci antiretrovirali, normalmente in uso in Occidente, il problema è che in Africa sembra ancora un'utopia", denuncia Emberti. Il dito è sempre puntato sugli altissimi costi dei farmaci prodotti e brevettati da una manciata di case farmaceutiche occidentali, anche se gli accordi più recenti lasciano sperare in un abbassamento dei prezzi per i Paesi in via di sviluppo: "Le case farmaceutiche sono ormai rientrate nelle spese di ricerca e sono molto più disponibili a dare via libera alla produzione, anche locale, di farmaci salvavita generici con gli stessi principi attivi ma con prezzi molto più bassi", spiega Emberti. "Eppure anche se i costi della terapia individuale scendessero dagli attuali 10.000 dollari annui ai 400 dollari previsti, essi resterebbero comunque proibitivi per i budget dei Paesi africani". Per ogni malato, tanto per intenderci, bisognerebbe spendere più di un dollaro al giorno. Il Mozambico, oggi, ha a disposizione 2 dollari (poco più del prezzo di un'aspirina) l'anno per persona, e per coprire tutti i trattamenti sanitari. Nessuna via di uscita? La Comunità di Sant'Egidio non si arrende e parte da un dato chiave: il 20% delle donne incinte è sieropositivo. Ed è proprio nella fase di trasmissione del virus da madre a figlio che sarebbe più facile , e più economico, intervenire. E' sufficiente somministrare alla donna una dose di nevirapina - nuovissimo farmaco da usare appunto in un'unica dose al momento del parto - per abbassare drasticamente il rischio di contagio. Ha gi à iniziato a farlo, in Africa, l'organizzazione umanitaria Médecins sans frontières. Ma i medici romani hanno deciso di andare oltre. "La trasmissione può avvenire in seguito attraverso l'allattamento al seno", aggiunge Emberti. "In Occidente è facile ricorrere in alternativa al latte artificiale, qui è praticamente impossibile, visti i costi, e pressoché inutile, dato che verrebbero utilizzati biberon non sterilizzati e acqua non potabile per diluire il latte". Ecco dunque la necessità di curare la madre almeno per tutta la fase dell'allattamento (6-8 mesi): abbassando con i farmaci la carica virale nel sangue la trasmissione diventa molto più difficile e la terapia viene estesa al figlio attraverso il latte. I costi? Almeno 500 dollari a testa, tra farmaci e reagenti necessari per il monitoraggio della terapia.
Il progetto della Comunità di Sant'Egidio, concordato con il ministero della Salute mozambicano per una durata di cinque anni, prevede una serie di interventi a diversi livelli. Durante la prima fase sono state ristrutturate una dozzina di strutture sanitarie di base (ospedali, ambulatori, centri trasfusionali), dotandoli di medicine e materiali sterili, e sono stati avviati corsi di formazione per il personale sanitario. Ora si sta procedendo alla fase di terapia e trattamento: dall'assistenza domiciliare alla costituzione di un laboratorio di biologia molecolare che permette analisi avanzate della carica virale nel sangue, cui presto se ne aggiungeranno altri due. Punto focale del progetto diventeranno presto, però, i reparti ospedalieri di maternità: è qui che i medici dì Sant'Egidio cercheranno di spezzare la catena del contagio da madre a figlio. L'obiettivo è di riuscire ogni anno a sottoporre al test Hiv almeno 10.000 donne e di iniziare la terapia con 1.500 malate per un costo complessivo intorno ai 18 milioni di dollari sui cinque anni (circa 40 miliardi di lire). Cuore del progetto saranno le maternità di tre ospedali: nella capitale Maputo, nella città settentrionale di Nampula e in quella centrale di Beira. E' in quest'ultima zona, il cosiddetto corridoio di Beira, che presumibilmente si concentreranno gli sforzi maggiori. In Mozambico la chiamano la "strada dei camion", perché è da qui che passa la rotta dei commerci. Ed è qui che si concentra la prostituzione. Risultato? Il tasso di donne colpite dall'Aids nella regione raggiunge punte del 35% (contro una media nazionale del 16%).
Malattia durissima, l'Aids, e difficile da capire in Africa. In molti villaggi è ancora vista come un male arcano o l'effetto di un malocchio. Che si sta portando via un continente: ben 49 nazioni sotto il Sahara hanno tassi di contagio fino al 42% (Botswana) e al 46% (Kwa Zulu Natal, in Sudafrica). " Andando avanti così", ha denunciato il ministro della Sanità del Mozambico, " ci sarà un'Africa senza africani".
Oggi che l'Aids è sotto controllo nei Paesi industrializzati, denunciano le Organizzazioni non governative, nessuno sembra rendersi conto che su scala mondiale l'epidemia ha invece raggiunto dimensioni gigantesche (15.000 nuove infezioni al giorno, oltre il 95% nei Paesi in via di sviluppo), tali da minacciare i progetti di sviluppo e la cooperazione internazionale. "Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan ha stimato in almeno 7-10 miliardi di dollari l'anno il finanziamento necessario per fermare l'epidemia", dice la dottoressa Marina Modeo del Coopi (ONG). "La risposta, finora, è stato lo stanziamento di 1,3 miliardi di dollari per il neonato Fondo globale contro Aids, malaria e tubercolosi". Troppo poco.
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Teatro. NATALE E' VOLERSI BENE di L. P.
Ogni popolo ha le sue tradizioni che, ogni anno, nel periodo natalizio si rinnovano per celebrare la grande festa dell'amore.
In tutto il mondo ogni rito ha il medesimo scopo: riscoprire la gioia di stare insieme, regalare un sorriso, sentirsi più vicini con piccoli gesti. Anche a Balbiano Domenica 23 dicembre, protagonisti alcuni bambini della Parrocchia, preparati da Lara e don Maurizio, con una rappresentazione semplice, ma ricca di sentimenti e tenerezza, hanno voluto evidenziare e ricordare a chi si fosse distratto che il Natale è soprattutto la festa dell' Amore, quello con la "a" maiuscola.
È la cortesia verso qualcuno, una parola buona detta chi ne aveva bisogno, è la riconciliazione con chi avevamo offeso o con chi non avevamo capito, magari frainteso
È la carità. Il Natale di Gesù è quindi un impegno che implica tutto questo, cioè l'essere buoni e caritatevoli davvero (non per fare bella figura o per usanza in quel giorno), un essere buoni da quel giorno per esserlo tutto l' anno, sempre, e che deve diventare uno stile di vita.
Concludo augurando a tutti Buon Anno e invocando da Gesù Bambino il dono dell' Amore, della gioia e della pace per tutta l'umanità.
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