| IN PARROCCHIA di don Maurizio E se Benladen...
 Entrato in casa lo scorso Venerdì pomeriggio (28 dicembre us.) ho trovato un 
fax inviatomi dall'Ospedale Maggiore di Lodi. Così recitava il testo: "le 
chiedo la disponibilità ad effettuare un prelievo per la tipizzazione HLA di 
II livello per eseguire un approfondimento di indagine al fine di valutare la 
sua compatibilità per un eventuale trapianto di midollo osseo. Siamo ancora 
lontani dal poter affermare che il trapianto è possibile, però".
 È il più bel regalo di Natale e degli ultimi giorni del 2001!
 Quello di essere inseriti nella banca dati Nazionale di donatori di midollo 
osseo, attraverso l'associazione ADMO, è una realtà che può avere anni di "
letargo" (io sono iscritto da quattro anni) e poi sbocciare improvvisamente 
quando un paziente malato di leucemia (non solo italiano ma di ogni parte del 
mondo!) risulta compatibile con il I livello di tipizzazione HLA di un 
iscritto ad un Centro Donatori. La speranza si accende. Il cammino è ancora 
lungo (purtroppo solo 1 su 160.000 è effettivamente compatibile con il 
leucemico! Per questo più siamo e meglio è) ma sapere di essere tra coloro 
che hanno la probabilità di salvare una vita donando parte del midollo osseo, 
mi ha cambiato i giorni!
 Solamente a metà di questo mese saprò se c'è compatibilità. Io mi auguro e 
prego perché ciò avvenga. Lo ritengo anche un segno cristiano e civico. Sarei 
contento di ridare speranza a un bambino, giovane o adulto leucemico fosse 
anche Benladen!
 Gennaio è il mese di preghiera e di azione per la pace e, come dice il Papa, 
non c'è pace senza giustizia e non c'è giustizia senza perdono. Il male, ogni 
male, del corpo e dell'anima, non si può vincere se non con l'incontro della 
giustizia con la misericordia. Buon anno a tutti.
 Se ti senti coinvolto in questa avventura dell'amore e vuoi partecipare, puoi 
contattare il responsabile del Centro Donatori di Lodi, il Dr. Alberto Degiuli
, al n. telefonico 0371 372387 (Ospedale Maggiore).
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Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata
Mondiale di preghiera per la Pace
 
 
NON C'E' PACE SENZA GIUSTIZIA. NON C'E' GIUSTIZIA SENZA PERDONO
 
 
1. Quest'anno la Giornata Mondiale della Pace viene celebrata sullo sfondo 
dei drammatici eventi dell'11 settembre scorso. In quel giorno, fu perpetrato 
un crimine di terribile gravità: nel giro di pochi minuti migliaia di persone 
innocenti, di varie provenienze etniche, furono orrendamente massacrate. Da 
allora, la gente in tutto il mondo ha sperimentato con intensità nuova la 
consapevolezza della vulnerabilità personale ed ha cominciato a guardare al 
futuro con un senso fino ad allora ignoto di intima paura. Di fronte a questi 
stati d'animo la Chiesa desidera testimoniare la sua speranza, basata sulla 
convinzione che il male, il mysterium iniquitatis, non ha l'ultima parola 
nelle vicende umane. La storia della salvezza, delineata nella Sacra Scrittura
, proietta grande luce sull'intera storia del mondo, mostrando come questa 
sia sempre accompagnata dalla sollecitudine misericordiosa e provvida di Dio, 
che conosce le vie per toccare gli stessi cuori più induriti e trarre frutti 
buoni anche da un terreno arido e infecondo. È questa la speranza che sostiene la Chiesa all'inizio del 2002: con la 
grazia di Dio il mondo, in cui il potere del male sembra ancora una volta 
avere la meglio, sarà realmente trasformato in un mondo in cui le aspirazioni 
più nobili del cuore umano potranno essere soddisfatte, un mondo nel quale 
prevarrà la vera pace.
 
 
La pace: opera di giustizia e di amore 2. Quanto è recentemente avvenuto, con i terribili fatti di sangue appena 
ricordati, mi ha stimolato a riprendere una riflessione che spesso sgorga dal 
profondo del mio cuore, al ricordo di eventi storici che hanno segnato la mia 
vita, specialmente negli anni della mia giovinezza.
 Le immani sofferenze dei popoli e dei singoli, tra i quali anche non pochi 
miei amici e conoscenti, causate dai totalitarismi nazista e comunista, hanno 
sempre interpellato il mio animo e stimolato la mia preghiera. Molte volte mi 
sono soffermato a riflettere sulla domanda: qual è la via che porta al pieno 
ristabilimento dell'ordine morale e sociale così barbaramente violato? La 
convinzione, a cui sono giunto ragionando e confrontandomi con la Rivelazione 
biblica, è che non si ristabilisce appieno l'ordine infranto, se non 
coniugando fra loro giustizia e perdono. I pilastri della vera pace sono la 
giustizia e quella particolare forma dell'amore che è il perdono.
 
 
3. Ma come parlare, nelle circostanze attuali, di giustizia e insieme di 
perdono quali fonti e condizioni della pace? La mia risposta è che si può e 
si deve parlarne, nonostante la difficoltà che questo discorso comporta, 
anche perché si tende a pensare alla giustizia e al perdono in termini 
alternativi. Ma il perdono si oppone al rancore e alla vendetta, non alla 
giustizia. La vera pace, in realtà, è " opera della giustizia " (Is 32, 17). 
Come ha affermato il Concilio Vaticano II, la pace è " il frutto dell'ordine 
immesso nella società umana dal suo Fondatore e che deve essere attuato dagli 
uomini assetati di una giustizia sempre più perfetta " (Costituzione 
pastorale Gaudium et spes, 78). Da oltre quindici secoli, nella Chiesa 
cattolica risuona l'insegnamento di Agostino di Ippona, il quale ci ha 
ricordato che la pace, a cui mirare con l'apporto di tutti, consiste nella 
tranquillitas ordinis, nella tranquillità dell'ordine (cfr De civitate Dei, 19
, 13). La vera pace, pertanto, è frutto della giustizia, virtù morale e garanzia 
legale che vigila sul pieno rispetto di diritti e doveri e sull'equa 
distribuzione di benefici e oneri. Ma poiché la giustizia umana è sempre 
fragile e imperfetta, esposta com'è ai limiti e agli egoismi personali e di 
gruppo, essa va esercitata e in certo senso completata con il perdono che 
risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati. Ciò 
vale tanto nelle tensioni che coinvolgono i singoli quanto in quelle di 
portata più generale ed anche internazionale. Il perdono non si contrappone 
in alcun modo alla giustizia, perché non consiste nel soprassedere alle 
legittime esigenze di riparazione dell'ordine leso. Il perdono mira piuttosto 
a quella pienezza di giustizia che conduce alla tranquillità dell'ordine, la 
quale è ben più che una fragile e temporanea cessazione delle ostilità, ma è 
risanamento in profondità delle ferite che sanguinano negli animi. Per un 
tale risanamento la giustizia e il perdono sono ambedue essenziali. 
Sono queste le due dimensioni della pace che desidero esplorare in questo 
messaggio. La Giornata Mondiale offre, quest'anno, a tutta l'umanità, e in 
particolar modo ai Capi delle Nazioni, l'opportunità di riflettere sulle 
esigenze della giustizia e sulla chiamata al perdono di fronte ai gravi 
problemi che continuano ad affliggere il mondo, non ultimo dei quali è il 
nuovo livello di violenza introdotto dal terrorismo organizzato.
 
 
Il fenomeno del terrorismo4. È proprio la pace fondata sulla giustizia e sul perdono che oggi è 
attaccata dal terrorismo internazionale. In questi ultimi anni, specialmente 
dopo la fine della guerra fredda, il terrorismo si è trasformato in una rete 
sofisticata di connivenze politiche, tecniche ed economiche, che travalica i 
confini nazionali e si allarga fino ad avvolgere il mondo intero. Si tratta 
di vere organizzazioni dotate spesso di ingenti risorse finanziarie, che 
elaborano strategie su vasta scala, colpendo persone innocenti, per nulla 
coinvolte nelle prospettive che i terroristi perseguono.
 Adoperando i loro stessi seguaci come armi da lanciare contro inermi persone 
inconsapevoli, queste organizzazioni terroristiche manifestano in modo 
sconvolgente l'istinto di morte che le alimenta. Il terrorismo nasce dall'
odio ed ingenera isolamento, diffidenza e chiusura. Violenza si aggiunge a 
violenza, in una tragica spirale che coinvolge anche le nuove generazioni, le 
quali ereditano così l'odio che ha diviso quelle precedenti. Il terrorismo si 
fonda sul disprezzo della vita dell'uomo. Proprio per questo esso non dà solo 
origine a crimini intollerabili, ma costituisce esso stesso, in quanto 
ricorso al terrore come strategia politica ed economica, un vero crimine 
contro l'umanità.
 
 
5. Esiste perciò un diritto a difendersi dal terrorismo. E un diritto che deve
, come ogni altro, rispondere a regole morali e giuridiche nella scelta sia 
degli obiettivi che dei mezzi. L'identificazione dei colpevoli va debitamente 
provata, perché la responsabilità penale è sempre personale e quindi non può 
essere estesa alle nazioni, alle etnie, alle religioni, alle quali 
appartengono i terroristi. La collaborazione internazionale nella lotta 
contro l'attività terroristica deve comportare anche un particolare impegno 
sul piano politico, diplomatico ed economico per risolvere con coraggio e 
determinazione le eventuali situazioni di oppressione e di emarginazione che 
fossero all'origine dei disegni terroristici. Il reclutamento dei terroristi, 
infatti, è più facile nei contesti sociali in cui i diritti vengono 
conculcati e le ingiustizie troppo a lungo tollerate. Occorre, tuttavia, affermare con chiarezza che le ingiustizie esistenti nel 
mondo non possono mai essere usate come scusa per giustificare gli attentati 
terroristici. Si deve rilevare, inoltre, che tra le vittime del crollo 
radicale dell'ordine, ricercato dai terroristi, sono da includere in primo 
luogo i milioni di uomini e di donne meno attrezzati per resistere al 
collasso della solidarietà internazionale. Alludo specificamente ai popoli 
del mondo in via di sviluppo, i quali già vivono in margini ristretti di 
sopravvivenza e che sarebbero i più dolorosamente colpiti dal caos globale 
economico e politico. La pretesa del terrorismo di agire in nome dei poveri è 
una palese falsità.
 
 
Non si uccide in nome di Dio!6. Chi uccide con atti terroristici coltiva sentimenti di disprezzo verso l'
umanità, manifestando disperazione nei confronti della vita e del futuro: 
tutto, in questa prospettiva, può essere odiato e distrutto. Il terrorista 
ritiene che la verità in cui crede o la sofferenza patita siano talmente 
assolute da legittimarlo a reagire distruggendo anche vite umane innocenti. 
Talora il terrorismo è figlio di un fondamentalismo fanatico, che nasce dalla 
convinzione di poter imporre a tutti l'accettazione della propria visione 
della verità. La verità, invece, anche quando la si è raggiunta - e ciò 
avviene sempre in modo limitato e perfettibile - non può mai essere imposta. 
Il rispetto della coscienza altrui, nella quale si riflette l'immagine stessa 
di Dio (cfr Gn 1, 26-27), consente solo di proporre la verità all'altro, al 
quale spetta poi di responsabilmente accoglierla. Pretendere di imporre ad 
altri con la violenza quella che si ritiene essere la verità, significa 
violare la dignità dell'essere umano e, in definitiva, fare oltraggio a Dio, 
di cui egli è immagine. Per questo il fanatismo fondamentalista è un 
atteggiamento radicalmente contrario alla fede in Dio. A ben guardare il 
terrorismo strumentalizza non solo l'uomo, ma anche Dio, finendo per farne un 
idolo di cui si serve per i propri scopi.
 
 
7. Nessun responsabile delle religioni, pertanto, può avere indulgenza verso 
il terrorismo e, ancor meno, lo può predicare. È profanazione della religione 
proclamarsi terroristi in nome di Dio, far violenza all'uomo in nome di Dio. 
La violenza terrorista è contraria alla fede in Dio Creatore dell'uomo, in 
Dio che si prende cura dell'uomo e lo ama. In particolare, essa è totalmente 
contraria alla fede in Cristo Signore, che ha insegnato ai suoi discepoli a 
pregare: " Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri 
debitori " (Mt 6, 12). Seguendo l'insegnamento e l'esempio di Gesù, i cristiani sono convinti che 
dimostrare misericordia significhi vivere pienamente la verità della nostra 
vita: possiamo e dobbiamo essere misericordiosi, perché ci è stata mostrata 
misericordia da un Dio che è Amore misericordioso (cfr 1 Gv 4, 7-12). Il Dio 
che ci redime mediante il suo ingresso nella storia e attraverso il dramma 
del Venerdì Santo prepara la vittoria del giorno di Pasqua, è un Dio di 
misericordia e di perdono (cfr Sal 103 [102], 3-4.10-13). Gesù, nei confronti 
di quanti lo contestavano per il fatto che mangiava con i peccatori, così si 
è espresso: " Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io 
voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i 
peccatori " (Mt 9, 13). I seguaci di Cristo, battezzati nella sua morte e 
nella sua risurrezione, devono essere sempre uomini e donne di misericordia e 
di perdono.
 
 
La necessità del perdono8. Ma che cosa significa, in concreto, perdonare? E perché perdonare? Un 
discorso sul perdono non può eludere questi interrogativi. Riprendendo una 
riflessione che ebbi già modo di offrire per la Giornata Mondiale della Pace 
1997 (" Offri il perdono, ricevi la pace "), desidero ricordare che il 
perdono ha la sua sede nel cuore di ciascuno, prima di essere un fatto sociale
. Solo nella misura in cui si affermano un'etica e una cultura del perdono, 
si può anche sperare in una " politica del perdono ", espressa in 
atteggiamenti sociali ed istituti giuridici, nei quali la stessa giustizia 
assuma un volto più umano.
 In realtà, il perdono è innanzitutto una scelta personale, una opzione del 
cuore che va contro l'istinto spontaneo di ripagare il male col male. Tale 
opzione ha il suo termine di confronto nell'amore di Dio, che ci accoglie 
nonostante il nostro peccato, e ha il suo modello supremo nel perdono di 
Cristo che sulla croce ha pregato: " Padre, perdona loro, perché non sanno 
quello che fanno " (Lc 23, 34).
 Il perdono ha dunque una radice e una misura divine. Questo tuttavia non 
esclude che se ne possa cogliere il valore anche alla luce di considerazioni 
di umana ragionevolezza. Prima fra tutte, quella relativa all'esperienza che l
'essere umano vive in se stesso quando commette il male. Egli si rende allora 
conto della sua fragilità e desidera che gli altri siano indulgenti con lui. 
Perché dunque non fare agli altri ciò che ciascuno desidera sia fatto a se 
stesso? Ogni essere umano coltiva in sé la speranza di poter ricominciare un 
percorso di vita e di non rimanere prigioniero per sempre dei propri errori e 
delle proprie colpe. Sogna di poter tornare a sollevare lo sguardo verso il 
futuro, per scoprire ancora una prospettiva di fiducia e di impegno.
 
 
9. In quanto atto umano, il perdono è innanzitutto un'iniziativa del singolo 
soggetto nel suo rapporto con gli altri suoi simili. La persona, tuttavia, ha 
un'essenziale dimensione sociale, in virtù della quale intreccia una rete di 
rapporti in cui esprime se stessa: non solo nel bene, purtroppo, ma anche nel 
male. Conseguenza di ciò è che il perdono si rende necessario anche a livello 
sociale. Le famiglie, i gruppi, gli Stati, la stessa Comunità internazionale, 
hanno bisogno di aprirsi al perdono per ritessere legami interrotti, per 
superare situazioni di sterile condanna mutua, per vincere la tentazione di 
escludere gli altri non concedendo loro possibilità di appello. La capacità 
di perdono sta alla base di ogni progetto di una società futura più giusta e 
solidale. Il perdono mancato, al contrario, specialmente quando alimenta la 
continuazione di conflitti, ha costi enormi per lo sviluppo dei popoli. Le 
risorse vengono impiegate per sostenere la corsa agli armamenti, le spese 
delle guerre, le conseguenze delle ritorsioni economiche. Vengono così a 
mancare le disponibilità finanziarie necessarie per produrre sviluppo, pace, 
giustizia. Quanti dolori soffre l'umanità per non sapersi riconciliare, quali 
ritardi subisce per non saper perdonare! La pace è la condizione dello 
sviluppo, ma una vera pace è resa possibile soltanto dal perdono.
 Il perdono, strada maestra
 10. La proposta del perdono non è di immediata comprensione né di facile 
accettazione; è un messaggio per certi versi paradossale. Il perdono infatti 
comporta sempre un'apparente perdita a breve termine, mentre assicura un 
guadagno reale a lungo termine. La violenza è l'esatto opposto: opta per un 
guadagno a scadenza ravvicinata, ma prepara a distanza una perdita reale e 
permanente. Il perdono potrebbe sembrare una debolezza; in realtà, sia per 
essere concesso che per essere accettato, suppone una grande forza spirituale 
e un coraggio morale a tutta prova. Lungi dallo sminuire la persona, il 
perdono la conduce ad una umanità più piena e più ricca, capace di riflettere 
in sé un raggio dello splendore del Creatore.
 Il ministero che svolgo al servizio del Vangelo mi fa sentire vivamente il 
dovere, e mi dà al tempo stesso la forza, di insistere sulla necessità del 
perdono. Lo faccio anche oggi, sorretto dalla speranza di poter suscitare 
riflessioni serene e mature in vista di un generale rinnovamento, nei cuori 
delle persone e nelle relazioni tra i popoli della terra.
 
 
11. Meditando sul tema del perdono, non si possono non ricordare alcune 
tragiche situazioni di conflitto, che da troppo tempo alimentano odi profondi 
e laceranti, con la conseguente spirale inarrestabile di tragedie personali e 
collettive. Mi riferisco, in particolare, a quanto avviene nella Terra Santa, 
luogo benedetto e sacro dell'incontro di Dio con gli uomini, luogo della vita
, morte e risurrezione di Gesù, il Principe della pace.La delicata situazione internazionale sollecita a sottolineare con forza 
rinnovata l'urgenza della risoluzione del conflitto arabo-israeliano, che 
dura ormai da più di cinquant'anni, con un'alternanza di fasi più o meno acute
. Il continuo ricorso ad atti terroristici o di guerra, che aggravano per 
tutti la situazione e incupiscono le prospettive, deve lasciare finalmente il 
posto ad un negoziato risolutore. I diritti e le esigenze di ciascuno 
potranno essere tenuti in debito conto e contemperati in modo equo, se e 
quando prevarrà in tutti la volontà di giustizia e di riconciliazione. A 
quegli amati popoli rivolgo nuovamente l'invito accorato ad adoperarsi per un'
era nuova di rispetto mutuo e di accordo costruttivo.
 
 
Comprensione e cooperazione interreligiosa12. In questo grande sforzo, i leader religiosi hanno una loro specifica 
responsabilità. Le confessioni cristiane e le grandi religioni dell'umanità 
devono collaborare tra loro per eliminare le cause sociali e culturali del 
terrorismo, insegnando la grandezza e la dignità della persona e diffondendo 
una maggiore consapevolezza dell'unità del genere umano. Si tratta di un 
preciso campo del dialogo e della collaborazione ecumenica ed interreligiosa, 
per un urgente servizio delle religioni alla pace tra i popoli.
 In particolare, sono convinto che i leader religiosi ebrei, cristiani e 
musulmani debbano prendere l'iniziativa mediante la condanna pubblica del 
terrorismo, rifiutando a chi se ne rende partecipe ogni forma di 
legittimazione religiosa o morale.
 
 
13. Nel dare comune testimonianza alla verità morale secondo cui l'assassinio 
deliberato dell'innocente è sempre un grave peccato, dappertutto e senza 
eccezioni, i leader religiosi del mondo favoriranno la formazione di una 
pubblica opinione moralmente corretta. E questo il presupposto necessario per 
l'edificazione di una società internazionale capace di perseguire la 
tranquillità dell'ordine nella giustizia e nella libertà. 
Un impegno di questo tipo da parte delle religioni non potrà non introdursi 
sulla via del perdono, che porta alla comprensione reciproca, al rispetto e 
alla fiducia. Il servizio che le religioni possono dare per la pace e contro 
il terrorismo consiste proprio nella pedagogia del perdono, perché l'uomo che 
perdona o chiede perdono capisce che c'è una Verità più grande di lui, 
accogliendo la quale egli può trascendere se stesso. 
 
Preghiera per la pace14. Proprio per questa ragione, la preghiera per la pace non è un elemento 
che " viene dopo " l'impegno per la pace. Al contrario, essa sta al cuore 
dello sforzo per l'edificazione di una pace nell'ordine, nella giustizia e 
nella libertà. Pregare per la pace significa aprire il cuore umano all'
irruzione della potenza rinnovatrice di Dio. Dio, con la forza vivificante 
della sua grazia, può creare aperture per la pace là dove sembra che vi siano 
soltanto ostacoli e chiusure; può rafforzare e allargare la solidarietà della 
famiglia umana, nonostante lunghe storie di divisioni e di lotte. Pregare per 
la pace significa pregare per la giustizia, per un adeguato ordinamento all'
interno delle Nazioni e nelle relazioni fra di loro. Vuol dire anche pregare 
per la libertà, specialmente per la libertà religiosa, che è un diritto 
fondamentale umano e civile di ogni individuo. Pregare per la pace significa 
pregare per ottenere il perdono di Dio e per crescere al tempo stesso nel 
coraggio che è necessario a chi vuole a propria volta perdonare le offese 
subite.
 Per tutti questi motivi ho invitato i rappresentanti delle religioni del 
mondo a venire ad Assisi, la città di san Francesco, il prossimo 24 gennaio, 
a pregare per la pace. Vogliamo con ciò mostrare che il genuino sentimento 
religioso è una sorgente inesauribile di mutuo rispetto e di armonia tra i 
popoli: in esso, anzi, risiede il principale antidoto contro la violenza ed i 
conflitti. In questo tempo di grave preoccupazione, l'umana famiglia ha 
bisogno di sentirsi ricordare le sicure ragioni della nostra speranza. 
Proprio questo noi intendiamo proclamare ad Assisi, pregando Dio Onnipotente 
- secondo la suggestiva espressione attribuita allo stesso san Francesco - di 
fare di noi uno strumento della sua pace.
 
 
15. Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono: ecco ciò 
che voglio annunciare in questo Messaggio a credenti e non credenti, agli 
uomini e alle donne di buona volontà, che hanno a cuore il bene della 
famiglia umana e il suo futuro. Torna SuNon c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono: questo voglio 
ricordare a quanti detengono le sorti delle comunità umane, affinché si 
lascino sempre guidare, nelle loro scelte gravi e difficili, dalla luce del 
vero bene dell'uomo, nella prospettiva del bene comune.
 Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono: questo monito 
non mi stancherò di ripetere a quanti, per una ragione o per l'altra, 
coltivano dentro di sé odio, desiderio di vendetta, bramosia di distruzione.
In questa Giornata della Pace, salga dal cuore di ogni credente più intensa 
la preghiera per ciascuna delle vittime del terrorismo, per le loro famiglie 
tragicamente colpite, e per tutti i popoli che il terrorismo e la guerra 
continuano a ferire e a sconvolgere. Non restino fuori del raggio di luce 
della nostra preghiera coloro stessi che offendono gravemente Dio e l'uomo 
mediante questi atti senza pietà: sia loro concesso di rientrare in se stessi 
e di rendersi conto del male che compiono, così che siano spinti ad 
abbandonare ogni proposito di violenza e a cercare il perdono. In questi 
tempi burrascosi, possa l'umana famiglia trovare pace vera e duratura, quella 
pace che solo può nascere dall'incontro della giustizia con la misericordia!
 
 
 
BLOCK NOTES mese di Gennaio 2002
 
 
1 MARTEDI' Circoncisione del Signore - Giornata mondiale di preghiera per la Pace
 Balbiano :
 - Ore 15:45 Ora del Santo Rosario
 - Ore 17:30 Adorazione eucaristica e Vespri
 
 4 VENERDI'
 Balbiano. S. Comunione anziani e infermi
 
 5 SABATO
 Balbiano, ore 15:00 Confessioni
 
 6 DOMENICA Epifania del Signore - giornata dell'Infanzia missionaria
 Balbiano :
 - Non c'è la catechesi dei ragazzi
 - Ore 15:00 Celebrazione in onore di Gesù Bambino con la benedizione dei 
bambini presenti
 - Ore 17:30 Esposizione eucaristica e Vespri
 
 8 MARTEDI'
 Balbiano :
 - Ore 16:00 catechesi degli adulti e anziani
 Colturano:
 - Ore 20:45 catechesi degli adulti
 
 11 VENERDI'
 Colturano. Ore 18:00 catechesi per il dopo-cresima e gli adolescenti
 
 13 DOMENICA Battesimo del Signore
 Colturano. Ore 11:15 catechesi dei ragazzi
 Balbiano. Ore 11:00 catechesi dei ragazzi, Ore 17:30 adorazione eucaristica e 
Vespri
 Paullo. Ore 9/12 incontro ragazzi di seconda media per la Professione di Fede
 
 15 MARTEDI'
 Colturano. Ore 20:30 catechesi degli adulti
 Balbiano. Ore 16:00 catechesi degli adulti e anziani
 
 17 GIOVEDI' Giornata nazionale del dialogo religioso ebraico-cristiano
 
 18 VENERDI' Inizio ottavario di preghiera per l'unità delle Chiese
 Colturano. Ore 18:00 catechesi del post - cresima e adolescenti
 Lodi. Ore 21:00 Veglia di preghiera nella solennità di San Bassiano
 
 19 SABATO Solennità di San Bassiano, Patrono della Città e della Diocesi di Lodi
 Balbiano. Ore 15:00 partenza per Lodi - visita all'urna del Santo e alla festa
 Lodi. Ore 10:30 Solenne celebrazione eucaristica
 
 20 DOMENICA
 Colturano. Ore 11:15 catechesi dei ragazzi
 Balbiano :
 - Ore 11:00 catechesi dei ragazzi
 - Ore 15:00 incontro per i genitori e i ragazzi
 
 21 LUNEDI'
 Dresano. Ore 21:00 incontro formativo interparrochiale per gli impegnati
 
 22 MARTEDI'
 Colturano. Ore 20:30 catechesi degli adulti
 Balbiano. Ore 16:00 catechesi  degli adulti e anziani
 
 24 GIOVEDI'
 Balbiano. Ore 20:45 s. Messa e Adorazione eucaristica
 
 25 VENERDI'
 Colturano. Ore 18:00 catechesi del post-cresima e adolescenti
 Paullo. Corso diocesano per i Lettori nella liturgia
 
 26 SABATO
 Balbiano. Dalle ore 15:00 alle 17:00 tempo per le Confessioni
 
 27 DOMENICA Sacra famiglia di Nazareth - Festa delle famiglie e dell'oratorio
 Colturano. Ore 11:15 catechesi dei ragazzi
 Balbiano:
 - Ore 11:00 catechesi dei ragazzi
 - Ore 15:00 rappresentazione teatrale
 - Ore 17:00 Adorazione e benedizione eucaristica
 
 28 LUNEDI'
 Spino d'Adda. Incontro formativo per gli Animatori del GREST
 
 29 MARTEDI'
 Colturano. Ore 20:45 catechesi degli adulti
 Balbiano. Ore 16:00 catechesi degli adulti e anziani
 
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Note di spiritualità LA PREGHIERA DOMESTICA  
di Stefano e Piera Levantino 
 
Quante volte ci siamo interrogati su come riuscire a trovare nella nostra 
giornata così piena un momento per la nostra preghiera personale e familiare? 
Alcuni sposi, volendo ritagliarsi un'ora fissa per pregare tutti insieme, si 
sono dati una regola: hanno cioè deciso che un certo momento preciso della 
giornata è del Signore. Le difficoltà dei primi giorni, grazie all'abitudine 
quasi scompare. Talvolta sono i bambini a ricordare l'appuntamento. Altre 
coppie hanno deciso di alzarsi venti minuti prima al mattino. E' questo un 
tempo propizio, quando è entrato nel ritmo delle settimane e dei mesi, da 
dedicare alla crescita della nostra coppia, prima ancora che si sveglino i 
figli. Si possono leggere e meditare le letture della Messa del giorno con l'
aiuto di un messalino quotidiano, oppure pregare con la Liturgia delle Lodi, 
o altro ancora. Alcune coppie trovano questo momento dopo cena. Altre invece 
preferiscono prima di cena, considerando importante la presenza dei figli, 
anche piccoli, senza preoccuparsi ovviamente se giocherellano qua e là e se 
non consentono una preghiera "monastica". La cosa importante è riuscire a 
sviluppare la "nostra" preghiera. Perciò non lasciamoci avvilire se talvolta 
le difficoltà oggettive e reali impediscono orari rigidi e inflessibili. 
Dall'esperienza piuttosto diffusa si raccoglie un frequente lamento: "Noi per 
diversità d'orari e per una serie d'impegni non riusciamo proprio a 
ritrovarci insieme per pregare in modo ampio". 
Forse il lamento trae origine dal fatto che spesso si ha in mente un modello 
di preghiera familiare fatta in comune, marito e moglie insieme, genitori e 
figli insieme. Più spesso invece la preghiera familiare è costituita da varie 
situazioni e momenti che si colgono lungo la giornata o addirittura l'intero 
anno. Su questo tipo di preghiera vogliamo soffermarci perché tante famiglie 
vi hanno riconosciuto una strada possibile e percorribile.
 
 
-  Anzitutto è utile far sì che anche l'ambiente "casa" ci parli di Dio e ci 
aiuti ad "elevarci in Dio". Per questo può essere molto utile creare nella 
casa "l'angolo di Dio". In un punto adatto poniamo un'immagine significativa 
per fare da richiamo e stimolo a tutta la famiglia. Alcuni ci mettono la 
Sacra Bibbia, altri una scritta biblica. Vi possiamo mettere anche un vasetto 
di fiori ed un cero che accenderemo al momento della preghiera o in altre 
circostanze quando si vuole creare un particolare clima di raccoglimento in 
famiglia. Sono piccoli segni esteriori che possono apparire superficiali; in 
realtà abbiamo bisogno dei segni, sia noi adulti e tanto più i nostri figli, 
se li vogliamo coinvolgere.
 
-  A pranzo e a cena una famiglia cristiana è fedele alla preghiera della 
mensa. E' questo un momento particolarmente importante perché più facilmente 
la famiglia è riunita. E' tra i più facili da introdurre anche in quelle case 
dove non si è abituati a pregare. Esistono a tal proposito diversi sussidi 
molto utili a rendere vivace e attraente questo breve momento. E' un modo 
semplice per coinvolgere i figli che di volta in volta sono invogliati a 
rendersi protagonisti leggendo un piccolo brano o invocando la benedizione 
del Signore con brevi invocazioni. 
 
-  La sera poi quando i bimbi vanno a letto, i genitori li aiutano nelle 
preghiere e vi trovano essi stessi nutrimento. Prima di dare loro la buona 
notte danno loro la benedizione serale. E' questo un momento "forte". E' 
bello iniziare quando i figli sono ancora piccoli, ma l'esperienza ci ha 
insegnato che anche i più grandi gradiscono e sentono il bisogno di un tale 
gesto. Il gesto può sembrare insignificante ma racchiude in sé un valore 
esistenziale. Nel momento molto delicato del distacco dai genitori, prima di 
avventurarsi nel buio e nel sonno non sempre facile, i genitori rassicurano 
il figlio che Dio è sempre con loro, c'è il loro Angelo custode sempre vicino
. Un domani quel figlio di fronte alle difficoltà della vita non si sentirà 
solo e disperato; avrà bevuto tanta energetica forza e fiducia anche se i 
genitori non ci saranno o non lo comprenderanno. Per agevolare il ritorno a 
questa pratica suggestiva e molto antica, esistono preziosi sussidi che 
aiutano a memorizzare presto la formula di benedizione. In pratica i figli 
domandano la benedizione e un genitore, o ambedue, recitano la biblica 
benedizione presente in Numeri, 6,24 ss. segnando su di essi il segno della 
croce. 
 
-  A questo punto si comprende come la preghiera familiare forse non è "lunga
", ma l'importante è che sia "intensa". Vari sposi si sentono poveri perché 
non riescono a trovare i tempi lunghi per la preghiera. Ma la nostra 
preghiera deve essere "incarnata". Talvolta la vita è fortemente drammatica e 
la preghiera facilmente commuove e prende l'animo, anche se è breve. La 
nostra preghiera è fatta di molta vita. Nella preghiera domestica non vanno 
sottovalutati i vari momenti occasionali. Occorre imparare a sfruttarli per 
coinvolgere la famiglia nella preghiera: periodi di particolare difficoltà, 
la visita occasionale ad una chiesa, un viaggio in automobile, una visita al 
cimitero...
 
-  Ci sono poi le tappe religiose tipiche di una famiglia che non possono non 
essere valorizzate come momenti educativi: i battesimi, le prime comunioni, 
le cresime, i matrimoni, le malattie, le morti, i compleanni, l'anniversario 
di matrimonio e di battesimo, le feste religiose, i momenti forti della vita 
di un cristiano (l'Avvento e la Quaresima).... 
 
-  Una continua ricchezza proviene dalla Santa Messa domenicale: vivere 
insieme la partecipazione all'Eucarestia aiuta a rendere più unita la 
famiglia e a comprendere che fare la Comunione aiuta a fare comunione. Per 
esempio gli sposi , anche insieme ai figli, possono ripensare all'Omelia e ai 
"segni liturgici" tornando a casa o durante il pranzo o in altra occasione. 
Oppure vivendo nella propria casa il ciclo dell'anno liturgico: come il 
presepe, i tempi di digiuno, il mese dei morti, il dramma della Passione. 
 
-  Una preghiera antica ma attualissima e necessaria, che non deve mancare 
nelle nostre famiglie: il Rosario. E' la preghiera per eccellenza del 
cristiano, che ci fa considerare i misteri principali della vita di Gesù e di 
Maria e che ottiene innumerevoli grazie alle famiglie. E' la preghiera di 
tutti, grandi e piccoli. Aiuta a rendere più unita la famiglia e favorisce la 
Pace. Non a caso è la preghiera raccomandata dal S. Padre Giovanni Paolo II: "
Il Rosario è la mia preghiera prediletta!" Tutti i cristiani conoscono l'
opera incessante del Papa per salvare la pace nel mondo, per scongiurare la 
guerra, ma molti non sanno che cosa fare in quest'ora difficile. Non lasciamo 
il Papa solo! Recitiamo ogni giorno il Rosario e avremo la pace nelle nostre 
famiglie e nel mondo!
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Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani
"In te è la sorgente della vita"
(Salmo 36,6-10)
 
 
Dal 18 al 25 gennaio in tutte le chiese cristiane si prega per implorare il 
dono della piena comunione. "Se il Signore non costruisce la casa, invano 
faticano i costruttori" (Sal 126). Di questa preminenza dell'opera del Padre 
era cosciente per primo Gesù, il quale ha pregato perché tutti siano una cosa 
sola. L'interesse per l'ecumenismo non è ancora molto vivo nelle nostre 
comunità. Favorisce questo cammino la convinzione che l'interesse per l'
ecumenismo è fedeltà alla volontà del Signore, alla vocazione battesimale e 
dell'Eucaristia. Questo non significa rinunciare alla propria identità 
ecclesiale e quindi alla propria fede, anche se i fedeli cattolici devono 
avere una corretta conoscenza delle altre Chiese e comunità ecclesiali. Va 
anche evidenziata in noi la consapevolezza che la divisione tra i cristiani è 
conseguenza del nostro peccato, soprattutto della mancanza di carità e di 
umiltà degli uni verso gli altri.
 Il nostro impegno di unione è perciò certamente necessario, ma è del tutto 
inadeguato: è un'opera del Signore, è un'unità donata. Di qui la necessità 
della preghiera: "In te è la sorgente della vita".
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Festa degli Anniversari di Matrimonio 
 
A Balbiano il 27 gennaio, in occasione della festa della Santa Famiglia di Ges
ù, Maria e Giuseppe, durante la S. Messa delle ore 10:00 gli sposi cristiani 
sono chiamati a ricordare l'anniversario del loro Matrimonio. In particolare 
coloro che ricordano il 25°, 50° e 60° anniversario. Ma tutte le coppie 
possono trovare in questo giorno un motivo speciale di ringraziamento e di 
preghiera alla Santa Famiglia per il cammino compiuto insieme nel nome del 
Signore, breve o lungo che sia. Durante la S. Messa i coniugi rinnoveranno la 
promessa di amore e fedeltà.
Per l'organizzazione, le famiglie interessate avvisino per tempo in parrocchia.
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Una pillola salverà l'Africa? 
 
Si chiama nevirapina, costa poco più di 6.000 lire e può evitare il contagio 
di milioni di bambini dall'Aids. Ma  in Africa resta un miraggio. Ecco l'
azione della Comunità di Sant'Egidio.
da "SETTE" del 29-11-01
 
 
Bastano tre dollari per salvare un bambino all'Aids. Seimilatrecento lire (
appena 3,2 euro). È una cifra ridicola di fronte a un'epidemia che in Africa 
ha già colpito 25,3 milioni di persone. Eppure è questo il costo di una dose 
di nevirapina, il farmaco che blocca la trasmissione del virus Hiv da madre a 
figlio, una delle principali cause dello sviluppo della malattia in Africa. 
Peccato che nei villaggi africani quei 3 dollari non ci sono.
In Europa, negli Stati Uniti e anche in America latina l'epidemia ha segnato 
una netta battuta d'arresto: si è raggiunta una soglia di saturazione dei 
sottogruppi con comportamenti a rischio (prevalentemente tossicodipendenti e 
omo-bisessuali) e non si è avuto che un interessamento marginale della 
popolazione generale. Tutto questo grazie non soltanto a una capillare 
operazione di prevenzione, ma anche all'introduzione di nuove terapie 
antivirali che hanno permesso una massiccia riduzione della mortalità e del 
contagio.Torna SuIn Africa no. In poco meno di cinque anni c'è stato un aumento di oltre il 
40% (e sono stime per difetto) delle infezioni. Dei 36,1 milioni di persone 
affette da Hiv nel mondo - secondo l'ultimo rapporto dell'Unaids (l'agenzia 
per la lotta all'Aids delle Nazioni Unite) -oltre il 70% degli adulti e l'80% 
dei bambini vivono nell'Africa subsahariana. In Zimbabwe, solo per fare 
qualche esempio, un adulto su quattro è sieropositivo. In Mozambico uno ogni 
sei. E, al contrario che in Occidente, qui il sesso femminile è quello più 
colpito. Secondo l'organizzazione mondiale della Sanità ci sono 12-13 
africane infette ogni 10 maschi.
 Il virus si trasmette più facilmente alle donne, attraverso i rapporti 
sessuali non protetti, sia per motivi fisiologici sia per fattori socio-
culturali. Motivi ben noti ai medici che da anni sono impegnati sul campo. 
Come quelli che operano per la Comunità di Sant'Egidio, il gruppo cristiano 
basato a Roma e animato da monsignor Paglia che nel '92 mediò l'accordo di 
pace per il Mozambico. Ed è proprio in questa ex colonia portoghese, 
devastata prima da una guerra civile durata più di 15 anni, poi da una serie 
di alluvioni e altre sciagure naturali, che i volontari hanno lanciato un'
ambiziosa sfida all'ultima devastante piaga del Paese: l'Aids, appunto. Un'
epidemia che sta falcidiando la popolazione, comprese le classi medio-alte, 
il personale scolastico e quello sanitario. E che rischia di fermare la 
ripresa economica del Paese (dalla fine della guerra il Mozambico è stata la 
nazione africana con il maggior sviluppo economico con punte del 12% sul 
Prodotto nazionale lordo).
 Il progetto, lanciato oltre un anno fa con 2,5 miliardi di finanziamento da 
parte della Cooperazione italiana, sta entrando in questi giorni nella sua 
seconda fase (questa volta con finanziamenti raccolti attraverso canali 
privati). "L'approccio della malattia in Africa deve essere necessariamente 
diverso da quello adottato in Occidente. Ormai è dimostrato che l'educazione 
ai rapporti sessuali protetti qui non è sufficiente, sia perché è difficile 
convincere la popolazione locale all'uso dei preservativi o alla fedeltà 
coniugale, sia perché non bisogna sottovalutare la trasmissione del virus 
legata a pratiche sanitarie molto arretrate", dice il medico Leonardo Emberti
, docente universitario a Roma e responsabile del progetto in Mozambico. Gli 
esempi sono infiniti: a fronte di una popolazione di 18 milioni di individui, 
nel Paese operano solo 400 medici, la stragrande maggioranza dei malati si 
rivolge ai "curanderos", sorta di stregoni che trattano i sintomi dell'Aids 
come un "malocchio" da estirpare con erbe e riti oscuri, nei pochi ospedali 
esistenti le siringhe a perdere vengono riutilizzate fino a 30 volte senza 
alcun processo di sterilizzazione, le trasfusioni e le donazioni di sangue il 
più delle volte sono effettuate senza controlli sull'eventuale presenza di 
virus (dall'Hiv alle più banali epatiti).
 "La prevenzione può funzionare solo se associata alla terapia con i farmaci 
antiretrovirali, normalmente in uso in Occidente, il problema è che in Africa 
sembra ancora un'utopia", denuncia Emberti. Il dito è sempre puntato sugli 
altissimi costi dei farmaci prodotti e brevettati da una manciata di case 
farmaceutiche occidentali, anche se gli accordi più recenti lasciano sperare 
in un abbassamento dei prezzi per i Paesi in via di sviluppo: "Le case 
farmaceutiche sono ormai rientrate nelle spese di ricerca e sono molto più 
disponibili a dare via libera alla produzione, anche locale, di farmaci 
salvavita generici con gli stessi principi attivi ma con prezzi molto più 
bassi", spiega Emberti. "Eppure anche se i costi della terapia individuale 
scendessero dagli attuali 10.000 dollari annui ai 400 dollari previsti, essi 
resterebbero comunque proibitivi per i budget dei Paesi africani". Per ogni 
malato, tanto per intenderci, bisognerebbe spendere più di un dollaro al 
giorno. Il Mozambico, oggi, ha a disposizione 2 dollari (poco più del prezzo 
di un'aspirina) l'anno per persona, e per coprire tutti i trattamenti sanitari.
Nessuna via di uscita? La Comunità di Sant'Egidio non si arrende e parte da 
un dato chiave: il 20% delle donne incinte è sieropositivo. Ed è proprio 
nella fase di trasmissione del virus da madre a figlio che sarebbe più facile
, e più economico, intervenire. E' sufficiente somministrare alla donna una 
dose di nevirapina - nuovissimo farmaco da usare appunto in un'unica dose al 
momento del parto - per abbassare drasticamente il rischio di contagio. Ha gi
à iniziato a farlo, in Africa, l'organizzazione umanitaria Médecins sans 
frontières. Ma i medici romani hanno deciso di andare oltre. "La trasmissione 
può avvenire in seguito attraverso l'allattamento al seno", aggiunge Emberti. 
"In Occidente è facile ricorrere in alternativa al latte artificiale, qui è 
praticamente impossibile, visti i costi, e pressoché inutile, dato che 
verrebbero utilizzati biberon non sterilizzati e acqua non potabile per 
diluire il latte". Ecco dunque la necessità di curare la madre almeno per 
tutta la fase dell'allattamento (6-8 mesi): abbassando con i farmaci la 
carica virale nel sangue la trasmissione diventa molto più difficile e la 
terapia viene estesa al figlio attraverso il latte. I costi? Almeno 500 
dollari a testa, tra farmaci e reagenti necessari per il monitoraggio della 
terapia.
 Il progetto della Comunità di Sant'Egidio, concordato con il ministero della 
Salute mozambicano per una durata di cinque anni, prevede una serie di 
interventi a diversi livelli. Durante la prima fase sono state ristrutturate 
una dozzina di strutture sanitarie di base (ospedali, ambulatori, centri 
trasfusionali), dotandoli di medicine e materiali sterili, e sono stati 
avviati corsi di formazione per il personale sanitario. Ora si sta procedendo 
alla fase di terapia e trattamento: dall'assistenza domiciliare alla 
costituzione di un laboratorio di biologia molecolare che permette analisi 
avanzate della carica virale nel sangue, cui presto se ne aggiungeranno altri 
due. Punto focale del progetto diventeranno presto, però, i reparti 
ospedalieri di maternità: è qui che i medici dì Sant'Egidio cercheranno di 
spezzare la catena del contagio da madre a figlio. L'obiettivo è di riuscire 
ogni anno a sottoporre al test Hiv almeno 10.000 donne e di iniziare la 
terapia con 1.500 malate per un costo complessivo intorno ai 18 milioni di 
dollari sui cinque anni (circa 40 miliardi di lire). Cuore del progetto 
saranno le maternità di tre ospedali: nella capitale Maputo, nella città 
settentrionale di Nampula e in quella centrale di Beira.
E' in quest'ultima zona, il cosiddetto corridoio di Beira, che 
presumibilmente si concentreranno gli sforzi maggiori. In Mozambico la 
chiamano la "strada dei camion", perché è da qui che passa la rotta dei 
commerci. Ed è qui che si concentra la prostituzione. Risultato? Il tasso di 
donne colpite dall'Aids nella regione raggiunge punte del 35% (contro una 
media nazionale del 16%).
 Malattia durissima, l'Aids, e difficile da capire in Africa. In molti 
villaggi è ancora vista come un male arcano o l'effetto di un malocchio. Che 
si sta portando via un continente: ben 49 nazioni sotto il Sahara hanno tassi 
di contagio fino al 42% (Botswana) e al 46% (Kwa Zulu Natal, in Sudafrica). "
Andando avanti così", ha denunciato il ministro della Sanità del Mozambico, "
ci sarà un'Africa senza africani".
 Oggi che l'Aids è sotto controllo nei Paesi industrializzati, denunciano le 
Organizzazioni non governative, nessuno sembra rendersi conto che su scala 
mondiale l'epidemia ha invece raggiunto dimensioni gigantesche (15.000 nuove 
infezioni al giorno, oltre il 95% nei Paesi in via di sviluppo), tali da 
minacciare i progetti di sviluppo e la cooperazione internazionale. "Il 
segretario generale dell'Onu Kofi Annan ha stimato in almeno 7-10 miliardi di 
dollari l'anno il finanziamento necessario per fermare l'epidemia", dice la 
dottoressa Marina Modeo del Coopi (ONG). "La risposta, finora, è stato lo 
stanziamento di 1,3 miliardi di dollari per il neonato Fondo globale contro 
Aids, malaria e tubercolosi". Troppo poco.
 
 
 
Teatro.  NATALE E' VOLERSI BENE  di L. P.
  
 
Ogni popolo ha le sue tradizioni che, ogni anno, nel periodo natalizio si 
rinnovano per celebrare la grande festa dell'amore.
 In tutto il mondo ogni rito ha il medesimo scopo: riscoprire la gioia di 
stare insieme, regalare un sorriso, sentirsi più vicini con piccoli gesti.
Anche a Balbiano Domenica 23 dicembre, protagonisti alcuni bambini della 
Parrocchia, preparati da Lara e don Maurizio, con una rappresentazione 
semplice, ma ricca di sentimenti e tenerezza, hanno voluto evidenziare e 
ricordare a chi si fosse distratto che il Natale è soprattutto la festa dell'
Amore, quello con la "a" maiuscola.
 È la cortesia verso qualcuno, una parola buona detta chi ne aveva bisogno, è 
la riconciliazione con chi avevamo offeso o con chi non avevamo capito, 
magari frainteso
 È la carità. Il Natale di Gesù è quindi un impegno che implica tutto questo, 
cioè l'essere buoni e caritatevoli davvero (non per fare bella figura o per 
usanza in quel giorno), un essere buoni da quel giorno per esserlo tutto l'
anno, sempre, e che deve diventare uno stile di vita.
 Concludo augurando a tutti Buon Anno e invocando da Gesù Bambino il dono dell'
Amore, della gioia e della pace per tutta l'umanità.
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