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I secoli lontani |
I secoli lontani
Non si può dire che nell’Alto Medioevo (476-1000) sia documentato qualche nostro scrittore, nel senso vero di questa parola. Appaiono piuttosto alcune personalità impegnate nel settore giuridico o sociale o amministrativo-ecclesiastico. E’ segnalato, nell’anno 836, quindi in pieno periodo post-longobardo, Madelberto da Meloniano, un ecclesiastico chiamato come teste in un contratto sul quale mette la sua firma. Perciò era un uomo di cultura, ma non necessariamente un letterato di professione. Verso il Basso Medioevo si colgono i nomi di alcuni personaggi di cultura, come Arialdo da Melegnano, un giudice che nel 1116 si trova addirittura davanti all’imperatore tedesco Enrico V per trattare una causa riguardante una proprietà terriera; oppure emerge la famiglia dei nobili Cuzigo, già feudatari di paesi non distanti da Melegnano sul Lodigiano; o anche un certo Guido da Melegnano, uomo politico e amministratore, attivo verso la fine del 1100. Ovviamente uomini di cultura, ma dei quali non si sa se siano stati scrittori o letterati. Più importante sembra Oberto da Melegnano, segretario dell’arcivescovo milanese Anselmo V della Pusterla, verso gli anni 1125-1126. Un segretario è solitamente un uomo di cultura, ma non necessariamente è un uomo di alta letteratura. Maggiore importanza ha Bartolomeo de Guerci, sacerdote e storico, vissuto nella prima metà del 1200. Fu compositore di libri liturgici. Attorno al 1220 egli era rettore della chiesa di S. Vittore a Porta Romana di Milano. E’ famoso per aver scritto un libro dal titolo: “In nomine Domini. Incipit liber celebrationis Missae ambrosianae a Joanne Bartholomeo de Guerciis de Melegnano, Rectore ecclesiae sancti Victoris porte Romanae, scriptus circa anno MCCX”. Nel 1257 questo manoscritto apparteneva alla Certosa di Garegnano, come si legge in una postilla scritta in diverso carattere che dice: “Monasterii cartusie Garegnani prope Mediolanum”. Nel secolo XVII Giovanni Battista Corno, maestro del coro del duomo di Milano, avendo raccolto molti opuscoli che trattavano della liturgia ambrosiana, lasciò tutto il frutto delle sue ricerche all’archivio arcivescovile, compreso questo frammento di codice, sul quale hanno discusso, in diversi tempi, storici, come il Muratori, e liturgisti. Il manoscritto del de Guerci è un importante documento sulla vita liturgica nella Milano del 1200 e ci offre ragguagli preziosi su alcune questioni, come la frequente celebrazione della messa in quell’epoca, il digiuno delle quattro tempora, le ottave nella liturgia ambrosiana. A detta del de Guerci, ogni chiesa aveva il diritto di cantare l’antevangelo, solo per Natale e Pasqua e nella festa patronale. Marco Navoni, funzionario dell’archivio storico della diocesi di Milano, dice che è un prezioso documento storico dal quale emerge però un atteggiamento alquanto soggettivo nello stabilire le norme liturgiche che regolavano allora la messa, indizio forse di una più generale libertà cerimoniale tipica dell’epoca. Cioè, sono esposte minutamente e con ordine le cerimonie che si seguivano per la celebrazione della messa nel Medio Evo. Una parte del manoscritto è stata pubblicata da Giovanni Maria Dozio in Esposizione delle cerimonie della messa giusta il rito ambrosiano, Milano 1853, pagg. 91-133. Il codice, però, era già stato inserito dal Muratori in una delle sue dissertazioni delle Antiquitates Italicae Medii Aevii, documento 7480 dell’anno 1257. Nel Dizionario della Chiesa Ambrosiana, NED, Milano 1988, vi sono notizie al vol. II, pag. 1015 e 1078; vol. III, pag. 1744; vol. IV pag. 2186; vol. V pag. 2933. Più tardi, verso il 1400, si affacciano altri personaggi colti, impegnati nel sociale, ma non letterati nel vero senso della parola. Basti pensare a un certo Bonomo da Melegnano, un commerciante, ma anche un personaggio di spicco nella Corte di Ludovico il Moro. Il Bonomo era discendente da una famiglia di Ebrei stabilitasi in Melegnano nel 1387. Era molto gradito al duca di Milano Ludovico il Moro (1452-1508) che gli aveva rilasciato un passaporto ducale perché potesse andare dove voleva. Nel passaporto il Bonomo è definito come “dilecto familiari nostro” e anche riconosciuto “in nos ac in Statum nostrum singulari fide et devotione”, vale a dire, uomo di sicura fedeltà e devozione verso il duca e verso il ducato di Milano. Il nostro Bonomo, che visse accanto a Ludovico il Moro, certamente avrà avuto modo di incontrarsi con personalità della cultura di allora, e quindi probabilmente avrà avuto occasioni continue di conoscere letterati e artisti di allora, che pure erano familiari di Ludovico il Moro. Si pensi anche a Defendino da Melegnano, del consiglio della Fabbrica del duomo di Milano, o anche a Francesco da Melegnano, un mercante di lana iscritto nella Matricola dei commercianti di un certo riguardo. Ricordiamo pure anche Silano da Marignano, dottore in legge, laureatosi all’università di Pavia tra gli anni 1441-1450, certamente uomo di cultura, del quale però non sappiamo nulla dei suoi interessi o interventi nella letteratura. Negli Atti dei capitoli dell’Ordine carmelitano è ricordato il melegnanese padre Vasa il quale nel 1503 venne eletto promotore per la provincia carmelitana di Bologna-Firenze. Uomo colto e dedito assiduamente agli studi. Il 15 gennaio 1507 fu nominato professore alla cattedra universitaria di Pavia ad legendum sententias, cioè ad esporre e a commentare l’opera dal titolo Libri IV Sententiarum, del famoso teologo e filosofo del sec. XII, Pier Lombardo. |
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