Basta un rapido sguardo ad un qualsiasi ricettario lombardo per realizzare
che il pollo non è stato un animale dei più amati dalla tradizione
gastronomica di questa regione. Il Milanese e la Brianza non fanno eccezione.
Galli e galline sono stati tuttavia allevati, in passato, nelle campagne
lombarde, ma erano sfruttati per la produzione delle uova e poi quasi sempre
destinati alle tavole borghesi. Venivano cresciuti fino a un anno e oltre
e avevano carni non proprio tenere: finivano normalmente lessi, senza eccitare
particolari fantasie gastronomiche. In campagna il pollo era considerato
un cibo fortificante riservato agli ammalati. Con le parti secondarie (rigaglie,
testa, zampe, collo e ali) si faceva uno dei tanti sughi per la polenta,
oppure, unendole alla verza, la cassöla
dei poveri. Con le interiora si cucinava una versione minore della rustisciada.
Era tradizione che il pollo bollito, con o senza ripieno, non mancasse
sulla tavola contadina nel giorno di Natale, quando su quelle padronali
trionfava il cappone. Le ricette tipiche sono davvero poche: il pollo in
umido da accompagnare alla polenta; l’antica cassöla
de pulaster della Brianza;; il pollo al forno con un umido appena accennato,
tipico della tradizione borghese ottocentesca; il fricandò di pollo,
con panna e noce moscata, memoria del gusto settecentesco, a testimonianza
dei rapporti della cucina lombarda con quella franco-piemontese di quel
periodo.
Oggi, anche in Lombardia come nel resto d'Italia, il pollo risulta
sempre più gradito per la leggerezza e la digeribilità delle
sue carni (a ridotto contenuto di grassi) e per i prezzi relativamente
contenuti rispetto a quelli di altri tipi di carne. Rimarchevole è
anche l'iniziativa dei sistemi di cottura rapida allo spiedo, secondo un
modulo che dai mercati di Paese si sta diffondendo nell'offerta della grande
distribuzione commerciale. |