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Fu allora che vidi Rommel
ricordi di guerra di: Milost Della Grazia
Ad un dato punto qualcosa cambiò, gli istruttori tedeschi diventarono più nervosi e spesso al mattino, invece del solito addestramento, ci portavano, con un autocarro, a scavare buche profonde. Dopo un po’ compresi che erano trincee volte verso la Francia. Una mattina, mentre stavo scavando, sentii arrivare  una macchina. Era un’auto militare  tedesca, con tre generali sul sedile posteriore. Li avevo riconosciuti dal bavero rosso, dal cappello e dal bastone di Feldmaresciallo  Chi sono, chiesi  al soldato tedesco che ci sorvegliava. Un po’ titubante mi rispose: quello in mezzo era il Feldmaresciallo Rommel.  Lo stavano  portando in qualche radura tranquilla per suicidasi, non certo per sua volontà, ma costretto dal ricatto di Hitler. Rommel era implicato con la congiura che voleva uccidere Hitler, il quale, data la popolarità del maresciallo, gli aveva posto l’alternativa o suicidio con sepoltura con tutti gli onori oppure processo, degradazione e fucilazione.  Rommel naturalmente aveva scelto la prima soluzione.
Probabilmente sono stato l’ultimo a vedere Rommel vivo, pechè la data e la località corrispondono a quanto riportato dalla storia. Eravamo vicini al 6 giugno, il così detto giorno più lungo. Ora capivo certi atteggiamenti del tenente Sailer, comandante del Lager. Trenta anni, alto e biondo, pluridecorato, ferito sul fronte russo, degradato per insubordinazione, poi reintegrato nel grado, una specie d’eroe, forse un po’ scomodo, messo a farci la guardia. Sailer aveva capito che la guerra era ormai perduta , forse era stanco di fare l’eroe, di aver perduto la sua giovinezza per la Germania, ma ormai in quei giorni era troppo pericoloso avere dei dubbi ed era meglio tacere. Erano passati molti mesi, mai l’esercito italiano aveva avuto una unità meglio addestrata.  Il 16 luglio, prima della partenza per l’Italia, Mussolini passò in rivista  a Münsingen la divisione e consegnò ad ogni reggimento la bandiera di combattimento.  Ero in prima fila e Mussolini mi passò lentamente davanti, a meno di un metro di 
distanza. Guardava attentamente il volto di noi in prima fila e la tristezza di quel volto stanco mi diceva che anche lui, come il tenente Sailer, aveva capito che eravamo ormai arrivati al capolinea. Il nostro sguardo per una frazione di secondo si incontrò ed avrei voluto trasmettergli il mio pensiero. Sono qui, non ti ho mai tradito, cerchiamo ora almeno di finire in bellezza. Peccato che non l’abbia fatto, forse la storia sarebbe stata più generosa con noi. 
La notte stessa tutta la Divisione Monterosa iniziò il rientro.
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