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Il 78° Lupi di Toscana...  2a parte
scritto inedito di: Milost Della Grazia
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  Nel 1940, all’inizio della seconda guerra mondiale, la Divisione, dislocata in Piemonte, nell’ultima decade di dicembre è trasferita in Albania e prende posizione nella zona di Berat  a sbarramento della rotabile del Klisura e della Valle dell’Osum. L’8 gennaio 1941 le varie unità della divisione vengono impegnate in un duro attacco contro le posizioni di Mali Taronine, con un violento contrattacco greco da Mali Corap e Mali Tabajani, ma in serata le due cime di Corap e Tabajani sono in mano al 78°. Il 15 gennaio i greci contrattaccano ed in serata hanno rioccupato le posizioni, costringendo la divisione Lupi  a rpiegare tra Conca di Caizza e Costoni di Dras. La pressione dei greci nei giorni successivi non diminuisce ed il 17 gennaio  parte del reggimento risulta accerchiato ed annientato. I resti della divisione, che ha subito forti perdite, il 26  gennaio riesce a sganciarsi, ripiegando verso Karbunara. Ricordo come oggi il giorno della partenza da Bergamo. Il  battaglione era sfilato, con la fanfara in testa, per le vie della città fino alla stazione, dove ci aspettava la tradotta. La gente, ai bordi della strada, ci guardava, qualcuno applaudiva. Ero stordito, capivo che stavo andando incontro a qualcosa di poco piacevole, ma lo ritenevo coerente con le mie idee di allora. Pensavo a mia madre, sicuramente angosciata  per il suo unico figlio, che non si era mai molto occupata di me, delegando nonna Ottilia e zia Gemma ad amarmi, perché a lei bastava sapere che ero in buona salute  ed in mani sicure. Marciando ricordavo le sue parole: ti prego, stai attento, non prendere freddo, copriti bene. Mi veniva da ridere, perché non aveva capito che la mia destinazione era l’inferno. Suo marito, vecchio ufficiale dei Kaiserjager, più realisticamente mi aveva fatto il segno della croce tre volte sulla fronte, perché lui da buon tirolese  cattolico praticante, pensava così di salvarmi forse la vita. Prima di lasciare la caserma il cappellano aveva riunito il battaglione per ascoltata la messa.
Poi in ginocchio, tanto per tenerci su di morale, avevamo ricevuto l’assoluzione “in articolo mortis”. Soprappensiero seguivo il ritmo della marcia, la destinazione era ignota, per quanto fossimo tutti persuasi di finire in Albania a giudicare dalle mutande lunghe di lana verde che  avevano distribuito. L’anziano comandante della caserma aveva avuto il buon gusto di non fare discorsi e stava ritto sull’attenti, con la mano destra alla visiera, mentre uscivamo incolonnati, forse stava chiedendosi quanti di noi sarebbero tornati, perché in Albania la guerra stava ingoiando molti battaglioni di giovani come noi.
La traversata era stata tutt’altro che tranquilla, avevamo sentito che il canale di Otranto era infestato dai sommergibili e pensavo a mio padre che nella prima guerra era un ufficiale sommergibilista della marina austro-ungarica. I soldati cercavano di dormire ammassati un po’ ovunque, nonostante il freddo preferivo starmene sul ponte ad aspettare le prime luci dell’alba ed allora intravidi altre navi intorno a noi e due cacciatorpediniere che ci proteggevano. 
Tutta l’operazione dello sbarco durò quasi due ore, perchè a Valona non c’era un vero porto. 
Ci stava aspettando una colonna di autocarri e dopo circa settanta chilometri arrivammo in vista del Golico sulla nostra destra, alla periferia di Tepeleni, lungo la Vojussa, una specie di Piave del 1917.  Nessuno ci aveva informati su come andavano le cose al fronte, solo da “radio fante” avevamo  saputo che Coriza era caduta in mano ai Greci, ma dove era Coriza, che importanza aveva per noi la sua caduta ? avevamo saputo che la divisione Julia era stata decimata nei pressi del ponte di Perati e avevamo sentito cantare “Sul ponte di Perati  bandiera nera, il meglio della gioventù va sotterra”.
Ai primi di marzo il nostro 78° Lupi di Toscana era attestato nel settore Mali Beshitit – Monte Golico, a cavaliere della Vojussa, prime basse falde del monte Golico, respingendo ripetuti tentativi dei Greci ed ai primi di aprile avanzammo di qualche chilometro, occupando due piccole località, Mezgorani e Pesclani, ma ormai la più inutile di tutte le guerre finì, soprattuto perchè  il 6 aprile una armata tedesca aveva attraversato come una valanga la Jugoslavia ed il 9 aprile occupavano Salonicco,  prendendo alle spalle l’esercito greco e  permettendo alle truppe italiane di occupare tutta la Grecia ed arrivare ad Atene, dove divennero “l’ armata  s’agapò “.
Occupando Radio Belgrado i tedeschi trovarono  un vecchio disco, cantato in tedesco e tutto il mondo potè udire: Qui Radio Belgrado, poi la calda e sensuale voce di Lale  Andersen  “For der  Kaserme, vor dem grossen Tor, stand eine lanterne  und  steth  sie noch davor, so wollen wir uns wieder sehen, bei der Lanterne  noch eimal  stehn , wie einst  Lilì  Marleen, wie einst  Lilì Marleen”. 
Dopo pochi giorni i soldati di tutto il mondo, tedeschi, italiani, francesi, inglesi ed americani, marciando nel fango cantavano questa triste canzone pensando alla loro Lilì Marleen.
Ero giunto in Albania con i rincalzi alla fine di febbraio ed alla fine di marzo del 1941 un decreto ordinava di rimpatriare e passare in Sanità tutti i laureandi in medicina e chirurgia, per cui ho preso parte soltanto ai combattimenti nella zona di Dragoti e prime falde del Golico, a cavallo della Voiussa.  L’8 settembre ’43 la divisione si trova in trasferimento dalla Francia verso Roma e si scioglie come neve al sole. Il 5 settembre 1995, dopo alterne vicende, l’unità è sciolta in modo definitivo e la bandiera viene depositata al Sacrario del Vittoriano a Roma.
Ora vivo in Friuli ed andando a Trieste  talvolta non prendo l’autostrada per fermarmi, nei pressi di Ronchi dei Legionari, accanto al maestoso monumento dedicato ai fanti del 78° Reggimento, una grande roccia con  due aggressivi lupi. Ricordo per un attimo la mia breve avventura  albanese e  penso: ero anch’io un “ Lupo ”. 
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