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Il Pensiero filosofico e religioso
scritto inedito di: Milost Della Grazia |
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Socrate | ![]() |
![]() Atene e Sparta, messa da parte la loro rivalità di fronte al pericolo, sconfissero ripetutamente i persiani. Sparta, vinta la guerra, dovette smobilitare il suo esercito, andando incontro ad un periodo economicamente poco felice. Atene invece convertì la flotta da guerra in flotta mercantile, diventando uno dei centri commerciali più importanti del mondo antico e per la città ebbe inizio un periodo di benessere e di ricchezza, che gli ateniesi sfruttarono per abbellire la città e per incrementare la ricerca scientifica e speculativa. Avevo sempre sentito elogiare Atene come “culla della democrazia”, ma, valutando bene la storia di quell’arco di tempo che va dalla vittoria di Salamina all’epoca dei Trenta Tiranni, ho capito che gli ateniei avevano uno strano concetto di democrazia. Per prima cosa consideravano l’ozio come la più nobile attività, prima condizione per un progresso spirituale e culturale, in seconda luogo erano del tutto indifferenti al fatto che nella loro città, su 400.000 abitanti, 250.000 fossero schiavi, per lo più prede belliche, gli unici che lavorassero dall’alba al tramonto, senza alcun diritto politico o sindacale. Per ultimo, tutto questo accadeva in un paese governato dalla sinistra, la quale, per avere più libertà, aveva esiliato, dopo averli sconfitti, la maggior parte degli avversari conservatori. Dopo una trentina di anni di pace, in cui Atene fu governata anche da Pericle (446 ), gli spartani invasero l’Attica e sconfissero gli ateniesi nella cosiddetta guerra del Peloponneso (431-403 ), imponendo loro di richiamare tutti gli aristocratici che avevano esiliato. Atene cadde sotto il giogo dei Trenta Tiranni, fino a quando un gruppo di ateniesi che si erano rifugiati a Tebe, guidati da Trasibulo, ripristinarono le istituzioni democratiche. In questa Atene, duramente provata dalla sconfitta e politicamente sconvolta, viveva Socrate. Premetto che questo filosofo non ha lasciato alcun scritto e tutto quello che sappiamo di lui l’abbiamo appreso da Platone, con il quale la filosofia ha compiuto un enorme salto di qualità in quanto è la prima volta che siamo in possesso di tutte le opere di questo filosofo, ex allievo di Socrate, del quale avrebbe potuto lasciarci, per riconoscenza verso il maestro, una immagine particolarmente esaltante. Ormai sessantenne, si era già guadagnato da un bel po’ di tempo la fama di “ tafano “, cioè persona molesta che tormentava la gente con le sue idee e la mania di dialogare su problemi che la maggior parte degli ateniesi avrebbero preferito lasciare nel loro subcosciente. Poche persone avevano intuito che quel ometto malvestito e impiccione stava dando con la sua dialettica una svolta rivoluzionaria alla filosofia. Era nato ad Atene nel 469 a.C., suo padre Sofronisco, secondo qualcuno era uno scultore, secondo altri uno scalpellino, sua madre Fenarete era una levatrice. Non era ricco, ma neppure povero e alla morte del padre ereditò la casa e settanta mine ( circa 300 euro). Aveva sposato Santippe quando aveva già cinquant’anni, più per avere un figlio che una moglie. Si era sempre tenuto lontano dal matrimonio e a chi gli chiedeva consiglio se sposarsi o meno, rispondeva: “fai come vuoi tanto in entrambi i casi ti pentirai”. ![]() Aveva allievi di vario stampo, come il distinto Platone, il socialista Antistene, l’anarchico Aristippo e l’aristocratico Alcibiade, al quale Socrate salvò la vita durante la guerra del Peloponneso. Era un ottimo soldato coraggioso, sopportava senza un lamentarsi tutti i disagi che una guerra compota, il freddo, la fame e le fatiche. Per sua scelta non scrisse nulla e furono i suoi allievi che scrissero per lui, in particolare Platone che ha dedicato al processo e alla sua morte ben quattro dialoghi : l’Eutifrone, dove il filosofo è in tribunale per conoscere le accuse, l’Apologia di Socrate, cioè la descrizione del processo, il Critone, il colloquio in carcere con il suo amico Critone che cerca di convincerlo a fuggire, come avevano fatto Anassagora, Protagora, Diogene di Apollonia, tutti accusati di empietà. il Fedone, nel quale negli ultimi istanti della sua vita fa il discorso sull’immortalità dell’anima. Fu ucciso a settanta anni nel 399 a. C. La sua vita fu priva di eventi eccezionali, a parte il processo con la condanna a morte. Per lui la filosofia aveva inizio quando una persona comincia a porre in dubbio le sue credenze e i suoi dogmi. La sua filosofia voleva dare una spiegazione di come è sorto il mondo, non cerca l’origine dell’universo, ma cerca di toglier di mezzo ogni pregiudizio sul piano morale. Così si mise a sondare l’animo umano, a fare supposizioni e a porre in dubbio le certezze della gente e chiedeva ai giovani cosa intendevano per onore, per virtù e moralità. |
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