| Gli ultimi asburgici
scritto inedito di: Milost Della Grazia e Machì Venera Milost |
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| Storia dei Mladineo |
Mia madre, Esther Fanny, morta nel 1970, discendeva da una importante
famiglia croata, la cui storia è documentata nell’Archivio Storico
della Repubblica di Venezia, che dice testualmente: famiglia di stirpe
croata che si mise al servizio della Serenissima, per cui il suo
nome cambiò da Mladinich in Mladineo. Facevano tutti parte
della nobiltà della Bosnia e dell’Ungheria al servizio del
re, come Bani e Governatori di Province. Il loro nome è
iscritto nel Libro d’Oro della nobiltà veneziana. Esistono
lettere e documenti nei quali si racconta che due Mladineo
comandavano, come ammiragli, due galee veneziane nella battaglia
di Lepanto, nella quale morirono entrambi. In una canzone popolare croata
si racconta che il doge veneziano Francesco Molin piange per
la morte di questo eroico Mladineo. Dai documenti si parla di un
altro Mladineo, Juri, morto combattendo contro i turchi, sulle
mura di Candia. Secondo ulteriori ricerche, le notizie
della famiglia Mladinich risalgono al 1420, in una antica tribù,
chiamata Dbizivovici, che aveva i suoi poderi in Bosnia e in Erzegovina
nella zona di Bihac, piccola città con poco più di
45.000 abitanti. Quando nel 1463 i Turchi invasero la
Bosnia, la famiglia si rifugiò prima sulla costa a Trogir, poi più
a nord nel Ducato di Poljica e più tardi sull’isola
di Brac, non sulla costa ma nel villaggio montano di Strazevik e
di Neretva. Il nome Mladinic proviene dal termine croato “mladic”,
che vuol dire giovane, giovanotto che con il tempo diventò
Mladineo. Un ramo della nobile famiglia abitava le isole di Hvar,
Curzola dove nacque mia madre e Vis. Il nostro ascendente remoto
comune è Mladinius del 1441. A quei tempi non esistevano
cognomi, ma solo i nomi delle persone che appartengono a un ceppo
famigliare comune.
Entrambe le famiglie, i Milost e i Mladineo, si trasferirono a Trieste all’inizio del 19° secolo per motivi di salute dei due capifamiglia. Infatti la città di Trieste era famosa, dopo Vienna, per i suoi medici ed ospedali. La fine della prima guerra mondiale nel 1918 significò trasformazione radicale e irreversibile del ruolo storico di Trieste, con rottura del legame politico del hinterland danubiano-balcanico che aveva dato prosperità e grandezza alla città determinando la sua dimensione di città europea. Praticamente l’occupazione militare italiana di Trieste ha distrutto la mia vita. L’Austria aveva perso la guerra e Trieste era diventata italiana.
E’ interessante l‘articolo del giornalista G. Rossi del Corriere della Sera che era arrivato a Trieste con le truppe di occupazione. Dopo due giorni di esaltazione per l’occupazione della città, aveva cambiato idea, perché si sentiva storicamente ridicolo, pensava che gli italiani avessero portato a Trieste la civiltà, invece, dopo un paio di giorni, aveva capito che erano arrivati in una città molto più moderna e civile, abitata da gente educata e colta. Gli avevano raccontato che Trieste era governata da un vecchio imbecille chiamato, per dispregio, Cecco Beppe. Invece avevano trovato una amministrazione della cosa pubblica ammirevole, rispettosa del cittadino non considerato un limone da spremere, ma un lavoratore da rispettare. Aveva scoperto che a Trieste genti di diverse etnie convivevano senza amarsi, ma rispettando le abitudini e le religioni degli altri. Per la mia famiglia fu una tragedia. Quando non ero ancora nato, mia madre abitava con tutta la famiglia in Villa Perotti, era una bella ragazza di dieci anni, la più giovane e quindi la più viziata degli otto figli di Ottilia Pinski e di Simeone, uno dei capi dell’aristocratica famiglia croata dei Mladineo, emigrata a Trieste dall’isola di Brac e di Vis, famiglia importante per gli antenati che aveva avuto. Nel 1908 si erano trasferiti a Trieste per permettere a Simeone, nefropatico iperteso, di curarsi. meglio che in Croazia. Trieste era, dopo Vienna, la città più importante dell’Impero Austro-ungarico, soprattutto come ospedali e medici. L’anima della famiglia era nonna Ottilia, che aveva scelto questa grande villa per sistemare tutta la famiglia, il marito ammalato, otto figli e lei. Ricordo una grande cucina e una vasta camera da pranzo al secondo piano della villa. Per alleggerire le spese aveva dato ad una giovane coppia slovena un appartamento al piano terra. In cambio la moglie aiutava la nonna a fare le pulizie ed il marito si occupava del parco di 20.000 mq. e di una grande serra dietro la villa. Una volta al mese fungeva anche da autista della nonna che usava una vecchia Ford per raggiungere il centro di Trieste, dove consegnava a dei negozi le bambole, gli animali che creava con le sue mani. Era la Trudi di Trieste. |
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