Una grande storia di sofferenze, di carestie e di emigrazione, ma anche di dignità e di riscatto. Gli irlandesi hanno alle spalle 800 anni di dominazione inglese portandosi un risentimento che il tempo e il susseguirsi delle generazioni non hanno ancora scalfito. Ciò che invece è stato irrimediabilmente intaccato è la loro lingua orignaria, il celtico, parlata ormai da un’esigua minoranza, anche se è strenuamente difesa. La Repubblica d’Irlanda è nazione solo dal 1949, ma gli irlandesi, discendenti degli antichi Celti, quindi dei Vichinghi e poi dei Normanni, sono un popolo numeroso soprattutto all’estero, nel Nord America in particolare. A Dublino, che è attraversata dal Liffey River, vive quasi la metà dei quattro milioni di residenti in patria.
A colpire è l’età media che è di nemmeno 35 anni. Un popolo giovane, che ha fiducia nel futuro dato il 3% di tasso di crescita annua, ma fino a pochi anni fa era addirittura del 5%. Ovunque si incontrano giovani, in ogni settore e non solo per le piazze, i pubs del Temple Bar o l’affollatissima Grafton Street con lo Stephen’s Green Shopping Centre. La disoccupazione è pressoché inesistente e anzi molti giovani stranieri, dopo aver frequentato il Trinity College, il più celebre ateneo irlandese, si fermano in loco perché qui c’è lavoro per tutti. L’Irlanda attualmente detiene il primato di più evoluta nazione europea in compagnia con il Lussemburgo, dopo essere stata considerata per secoli soltanto terra di pecorai e contadini che morivano di fame. Questa straordinaria crescita è arrivata grazie ai contributi della Comunità Europea, ma si deve dare atto all’Irlanda di avere saputo approfittarne aprendo le porte alle multinazionali del settore informatico. Ciò è stato possibile grazie al senso del bene comune dimostrato dai governanti, ma anche dalle opposizioni e dai rappresentanti delle parti sociali che, sedutisi attorno ad un tavolo, hanno assunto impegni condivisi e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Da evidenziare soprattutto la stabilità dei governi.
Fuori Dublino colpisce la bellezza del paesaggio, soprattutto il verde con tutte le sue sfumature, immersi nel quale pascolano indisturbati cavalli e vacche multirazziali, oltre alle pecore dal musetto nero. Ogni tanto si scorge in mezzo alla campagna una rocca, un castello o i resti di un’abbazia.
Da visitare sono soprattutto i siti archeologici celtici. L’agricoltura è ancora l’attività predominante, anche se con i giorni contati giacché i giovani pongono lo sguardo altrove, oltre l’orizzonte celeste. Il cielo d’Irlanda è qualcosa di unico, “un oceano di nuvole e luce, una donna che cambia spesso d’umore”, come dice una nota canzone. Tutto vero. Ogni giorno si rischia di vivere le quattro stagioni dell’anno, ma la sottile pioggia non disturba più di tanto perché dura pochi minuti, poi le nuvole nere lasciano filtrare un raggio di sole. Proprio come è successo a questo popolo in tanti secoli di storia. Tutto sommato il clima è mite in tutte le stagioni se è vero che raramente si scende sotto lo zero anche d’inverno.
Il turismo sta diventando una voce importante e moltissimi sono i gruppi italiani che raggiungono questo paese, anche se si fatica ad accettare le usanze locali, abitudini alimentari in particolare. Qui il pane è un optional, come pure la carne che viene in gran parte esportata. A tavola vengono servite verdure senza condimento, soprattutto patate – davvero ottime -, in compenso prolificano le salse di ogni tipo che mortificano il reale sapore dei cibi, comprese le saporite trote e salmoni allevati lungo le rive dello Shannon. Le frastagliate coste offrono al visitatore colpi d’occhio davvero suggestivi, soprattutto nei dintorni di Galway. A destare una certa impressione sono le scogliere a picco sull’oceano, celebri principalmente le Cliffs of Moher con i loro 200 metri di strapiombo, dove il brivido è assicurato. Di fronte s’intravedono le isole Aran che sono visitate giornalmente da oltre 3000 persone.
Le 26 contee meritano ognuna una visita per le loro caratteristiche paesaggistiche e storiche, ma quella che forse affascina di più è il Connemara con i suoi laghi nel parco nazionale, dove è possibile visitare l’abbazia di Kylemore, anticamente un castello acquistato dalle suore benedettine, con il suo incantevole giardino vittoriano di 3,5 ettari, ai bordi di un lago pescoso. Un discorso a sé meriterebbero le torbiere, dalle quali mediante un processo di asciugamento del tutto particolare si ricava un combustibile che alimenta le centrali elettriche, ma che è utilizzato anche nella distillazione di un particolare tipo di whiskey.
Gli irlandesi appaiono come un popolo allegro, che sa divertirsi. A sera i pubs si animano, e non solo di giovani. All’interno si respira un’atmosfera che accomuna i presenti al suono di un gruppo stile anni Sessanta. Tra un “irish coffee” e una birra – che in Irlanda è davvero buona – si può farsi coinvolgere dal folk e dalle ballate tradizionali, quelle stesse che furono esportate dagli emigrati irlandesi. Si tratta di arie allegre quali Molly Malone, certamente la più richiesta, o più spesso di
suonate nostalgiche, che cantano l’epopea di un popolo che ha vissuto per secoli sulla sua pelle umiliazioni ed esecuzioni e poi la diaspora, ma che alla fine ha fatto grande non solo il proprio paese, ma anche le Americhe. John Fitzgerald Kennedy era un irlandese. In Irlanda si venera San Patrizio, ma anche altri “santi” che non sono nel calendario, patrioti che hanno dato tutto se stessi in difesa dei diritti e della dignità del popolo, quali Theobald Wolf Tone, Charles Stewart Parnell, Daniel O’Connell (avvocato fondatore dell’Associazione Cattolica), Eamon De Valera e Michel Collins. I cattolici in particolare hanno vissuto secoli di discriminazioni e di persecuzioni e alla fine l’Irlanda si è spaccata in due. La parte protestante preferì rimanere con il Regno Unito dando origine all’attuale Irlanda del Nord con capitale Belfast.
Oggi la Repubblica Irlandese è un paese che può guardare con speranza al futuro, dato il benessere raggiunto. Nel 1979 è stata visitata da Giovanni Paolo II, accolto da un quarto della popolazione; una grande croce ricorda ancora lo storico evento. Ma ci sono i risvolti negativi come l’alcoolismo e la droga che dilagano fra i giovani man mano che aumenta il benessere, soprattutto nelle maggiori città. Dublino ha un intero quartiere monopolizzato dalla Guiness, la maggior fabbrica di birra dell’isola, famosa anche per il “Guiness dei primati”, che sforna quotidianamente quattro milioni di pinte di bevanda scura, tante quante ne consumano quotidianamente gli irlandesi. Non conoscono crisi le distillerie di whiskey, parola che si scrive rigorosamente con la e, vocale che - dicono - sta per excellent, ossia il migliore. Se ne produce di diversi tipi e poi è messo a stagionare in botti di rovere anche per dodici anni. La Garde (Polizia) vigila e non si fa scrupoli di arrestare e mettere in prigione chi si ubriaca e disturba la quiete pubblica. Chi è sorpreso a guidare in stato di ebbrezza, è punito con il ritiro della patente e sei mesi di reclusione, da scontarsi tutti, dal primo all’ultimo giorno perché – ci hanno assicurato – non si fanno sconti. In questo paese c’è la certezza della pena.
Al check-in dell’aeroporto ti mostrano le foto di armi, coltelli e bombe, chiedendoti di dichiarare che non trasporti simili arnesi. Sembra una perdita di tempo inutile, che rasenta il ridicolo per ovvii motivi, e le code si allungano.
Gli abitanti della Repubblica Irlandese hanno un sogno, formare un’unica nazione con il Nord, anche se non è facile dimenticare le lotte intestine che hanno intaccato il carattere delle persone e creato profonde divisioni. Il grado di evoluzione raggiunto sta inducendo le multinazionali a delocalizzare la loro produzione, ma gli irlandesi non si preoccupano più di tanto. In fondo hanno superato crisi ben peggiori ed imparato a camminare con le proprie gambe. Per loro, nonostante le difficoltà, il cielo è sempre più blu.
|