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La Famiglia Sforzesca
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Per una migliore comprensione del periodo che stiamo affrontando è necessario avere dinnanzi il quadro genealogico degli Sforza.  
Francesco Sforza, il capostipite
Alla morte di Filippo Maria Visconti alcuni intellettuali milanesi, ricchi e circondati da larga considerazione - i Bossi, i Cotta, i Lampugnani, i Moroni, i Trivulzio crearono una nuova forma di governo per Milano: l’Aurea Repubblica Ambrosiana.  Ma, nonostante i tentativi per condurre una politica sicura, presto affiorarono grosse difficoltà: le discordie gravi all’interno, la minaccia dei Veneziani che si spingevano fin sotto le mura di Milano venendo dalla Brianza. In tali circostanze i reggenti non trovarono un altro modo se non quello di affidare il comando supremo militare a Francesco Sforza. Costui aveva sposato la figlia del Visconti, Bianca Maria, ed aveva ricevuto in eredità la città di Cremona ed una forte somma di denari.  Nell’armata milanese, al comando dello Sforza, entrò anche per alcun tempo il capitano Francesco Piccinino, figlio del più famoso Jacopo. Ma nel suo intimo Piccinino odiava il comandante supremo, per gelosia di mestiere e per aspirazione alla suprema carica.  E  proprio in questo periodo il capitano Piccinino aveva la sede delle sue truppe in Melegnano. Ma in breve tempo il distacco tra i comandanti divenne più accentuato: nel segreto dei cuori tutti aspiravano alla signoria di Milano. Il bene della Repubblica, proclamato in teoria, fu un grosso pretesto per gli scopi individuali da raggiungersi fino all’ultimo sangue.
L’assedio sforzesco ed i contrabbandieri
I rapporti tra i politici della Aurea Repubblica Milanese e Francesco Sforza andarono sensibilmente deteriorandosi. Uomini politici ed il capitano militare Carlo Gonzaga avevano segreti contatti con i nemici Veneziani. Quando Francesco Sforza seppe di questi contatti, voltò faccia: anticipò i politici milanesi e lo stesso Gonzaga e chiese apertamente ai Veneziani di trattare una tregua o addirittura un armistizio.  Si gridò al tradimento: Francesco Sforza ormai non era più il supremo difensore della città di Milano, ma un dichiarato nemico pericoloso. Gli si tolse il comando, ed al suo posto fu elevato Carlo Gonzaga.  Francesco Sforza reagì passando all’attacco di Milano aggirando la città con un vasto assedio territoriale per impedire i rifornimenti effettivi: la linea dell’assedio andava da Pavia a Melzo e si stringeva sempre più. Era, comunque, la guerra aperta, anche perchè Francesco Sforza era ricercato dal governo milanese e su di lui pendeva una grossa taglia.  L’assedio alla città di Milano, dalla parte del sud, fomentò il fenomeno del contrabbando, cioè la circolazione clandestina delle merci in violazione delle leggi imposte da Francesco Sforza.  Così il condottiero ribelle si trovò a dover combattere anche un’altra strana guerra, quella dlele azioni, quasi tutte notturne, contro i suoi bandi militari.  A spalla, con carri e carretti, lunghe file silenziose passavano sul senterium mediolanense, il sentiero milanese, portando dai nostri paesi del sud est le merci di prima necessità a Milano: maiali, sale, carne, olio, formaggi, strutto e perfino il pane. Evidentemente le provviste che Milano faceva dal nord, cioè dalla zona di Monza e di Lecco, non erano sufficienti. I nostri contrabbandieri percorrevano la strada da Sant’Angelo per Melegnano. Giunti a Melegnano seguivano le strade di campagna costeggiando la Vettabia o passando attraverso piccoli sentieri. Francesco Sforza dovette istituire un tribunale contro i contrabbandieri i quali formavano colonne fino a duecento uomini, guidati da Giovanni Moco, un cittadino di Sant’Angelo Lodigiano.
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