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Il commercio sotto gli Sforza |
Lo stato giuridico degli abitanti
Nel primo decreto, quello del 1385 si dice che devono essere esonerati incolas et habitatores, dal latino incola e habitàtor. Probabilmente vi era una differenza che indicava diversità di abitazione. Incola sarebbe colui che stabiliva il domicilio a Melegnano, ma Melegnano non era il suo paese originario di nascita; habitator significherebbe invece colui che ha la sua residenza per nascita. Ma già nel diritto romano antico questi due termini si trovano usati promiscuamente, per cui anche nel Medioevo si danno confondimenti di significato. Nella società milanese nell’età precomunale, per esempio, habitator significava abitante che aveva la residenza, indipendentemente dalla nascita. Nel diritto romano antico la parola incola significava prevalentemente abitante stabilmente domiciliato nel luogo. Stando al tenore del testo e considerando la logica successione di importanza, incolas sarebbero quei melegnanesi che sono fissi stabilmente con la residenza in paese, habitatores invece sarebbero coloro che vi abitano senza necessariamente avere una fissa dimora. Però, siccome nel documento del 1385 questo binomio è usato due volte, certamente una differenza ci doveva essere, o davanti alla legge o in senso pratico di abitabilità stabile o provvisoria. La matricola della lana Nella prima metà del 1400 era attivissimo il mercato della lana a Milano, ed in modo particolare i mercanti di lana sottile. Ed è noto che la lana fu promotrice della grandezza economica milanese e dell’Italia nel Medioevo. Già nel 1300 milanesi e lombardi sempre operavano in Francia, soprattutto per l’acquisto di lana, che era l’oggetto ancora preminente nell’attività mercantile; inoltre vi erano acquisti di lana tedesca, e Francesco Sforza concesse ai mercanti milanesi di lana sottile di poter fabbricare in Broletto una “camera” per le loro adunanze, accanto alla sede dei mercanti delle Fiandre. Vi era a Milano la matricola dei mercanti di lana sottile, cioè un registro in cui erano elencati i mercanti, quando i mercanti di lana sottile si erano costituiti in società. In tale matricola - o registro - sono segnalati anche due melegnanesi: Mirano di Melegnano, figlio di Guglielmo, e Francesco di Melegnano, figlio di Federico e nipote di Mirano, abitanti nella parrocchia di Sant’Ambrogio in Solayrollo. Essi entrarono a far parte della matricola, come ufficialmente mercanti riconosciuti, il giorno martedì 30 giugno 1422. Purtroppo, verso gli anni 1440-1450 l’economia milanese, per i continui conflitti di Filippo Maria Visconti e l’instabilità del potere oscillante sulle armi di condottieri malfidati, era alquanto decaduta, specialmente nel settore dell’industria della lana e del ferro, una per la concorrenza fiorentina, l’altra per la perdita delle miniere bresciane passate ai Veneziani. Soltanto il commercio era fiorente e stava raggiungendo dimensioni europee. Traffico degli ebrei in Melegnano Ad integrare la complessità economica melegnanese, nel 1387 un decreto ducale del 5 novembre permise agli ebrei l’entrata nel territorio di Milano, con la facoltà di emettere prestiti e mutui in denaro, con il sistema dell’usura. Essi trafficavano a Milano, ma portavano i loro pegni in località più distanti da Milano: Monza, Abbiategrasso e Melegnano. Questi ebrei potranno vivere in Melegnano per oltre cento anni, quando verrà loro proibito la permanenza di oltre tre giorni nel nostro borgo. L’esosità ebrea talvolta esasperava i Melegnanesi, come il giovedì santo del 1450 quando fu dato una specie di assalto notturno ad una casa ebrea che ha richiesto l’intervento del magistrato. Nel 1471 un ebreo, di nome Benedetto, si lego’ amichevolmente al castellano Galeazzo Beccaria che tenne il potere per circa dieci anni, richiamato più volte al dovere dal duca: egli era d’accordo con gli assessori comunali e con i medici del paese, i quali, però, dovevano ascoltare il parere dei padri di famiglia a nome di tutta la comunità melegnanese. Ma il castellano tirava dritto per i suoi affari con l’ebreo, fino all’intervento personale del duca del 28 febbraio 1482. Tra la schiera degli ebrei accettati e prediletti dai duchi vi era anche un certo Bonomo de’ Melignano il quale è definito dilecto familiari nostro. Egli ebbe pure il passaporto ducale per andare dove voleva, con due compagni di viaggio, sia a piedi, sia a cavallo con i necessari arnesiis, valisiis, bulgis, fardellis. Il nostro melegnanese, quindi, era tra i più graditi al duca - Ludovico il Moro, che fra poco avremo modo di incontrare - il quale scriveva di Bonomo che era in nos ac in statum nostrum singulari fide et devotione, che significa: questo uomo è di una fedeltà eccezionale e di una devozione rara verso di me e del mio Stato. |
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