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Melegnano nel catasto teresiano |
Il catasto c.d. teresiano resta per circa ottanta anni l’unico documento cartografico completo esteso ad una porzione così vasta quale era la lombardia ivi compresa tutta l’area melegnanese, è quindi questo il punto di partenza prefissato della ricerca sull’analisi tecnica, sociale e economica, ivi compresa tutta la distribuzione delle proprietà sul territorio. Il grado di dettaglio con cui sono rappresentati i fenomeni urbani e territoriali ci permette per confronto con la situazione attualmente rilevabile , di riconoscere con un notevole grado di precisione l’insieme delle permanenze storiche sopravvissute, valutandone non solo il grado di antichità ma anche il significato originario e l’insieme delle vicende che esso, nel corso del tempo, ha subito. La fisionomia del centro urbano melegnanese era caratterizzato, nella prima metà del Settecento, da una certa quantità di residenze principalmente distribuite lungo l’asse di collegamento primario tra Milano e Lodi attraversante il borgo, questa via di comunicazione era denominata Strada Romana. Sul territorio erano poi disseminate una serie di cascine identificate con il termine Casa da Massaro , alcune delle quali dotate di una parte anche con caratteristiche residenziali signorili. Mentre la ricostruzione dell’impiego dei suoli nelle diverse colture è possibile solo attraverso la lettura della mappa di Carlo VI, che riporta mediante simboli grafici , più dettagliate nei sommarioni a margine dei sedici fogli che compongono la mappa del borgo di Melegnano, la diffusione delle colture sul territorio. I terreni erano suddivisi in due categorie : coltivi ed incolti, con grandissima predominanza dei primi che sarà destinata ad aumentare nel corso del secolo. L’incremento dei terreni coltivati è dovuto, in un primo tempo, all’applicazione del nuovo censo, che abbiamo visto determinare una forte espansione del settore agricolo, successivamente ad un intervento governativo del 1779 che prevedeva la “privatizzazione e messa a coltura delle terre comunali” . Non vanno inoltre dimenticati i provvedimenti relativi alla bonifica dei terreni paludosi. I terreni incolti venivano abitualmente suddivisi come “incolti improduttivi” che erano più precisamente ceppi e sassi nudi, arena, ghiaia ecc. e “incolti produttivi” nella quale categoria rientravano le paludi, brughiere ecc. I terreni coltivi erano suddivisi in sette categorie in base appunto al tipo di coltura. Nell’area melegnanese erano presenti il prato, l’aratorio, il bosco, il pascolo e l’orto. Il prato poteva essere asciutto o irriguo; spesso piantumato con essenze redditizie come viti, gelsi, le cui foglie costituivano l’alimento dei bachi da seta, salici i cui rami servivano a legare le viti e per la produzione di cesti. La diffusione dei terreni a prato nella bassa era molto diffusa dove era già fiorente la produzione lattiero-casearia. La mappa catastale settecentesca evidenzia la presenza dell’orto sempre annesso agli edifici residenziali una coltura questa attivata per l’esclusivo fabbisogno familiare. Il giardino , come l’orto, era sempre adiacente alle abitazioni del centro o alle residenze padronali delle cascine. La coltura a gelso era altresì presente sul territorio melegnanese è comunque difficoltoso misurarne correttamente la quantità all’inizio del Settecento in quanto gli estensori dei rilievi tecnici, il geometra Giuseppe De Llinas con l’assistenza di Curdon, Crippa, Coch e Brianzolo indicarono i terreni con la dizione “moronati” senza precisare peraltro il numero delle piante presenti. Nelle Tavole del nuovo estimo , datate 1754 , è infatti riportato il numero dei “moroni in essere”, che costituisce un ulteriore dato che va a completare quelli forniti dalla mappa catastale del 1722. |
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