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La Battaglia del Cimitero 8 giugno 1859 (2) le ricostruzioni
il Portone
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La 3° divisione  Bazaine che si andava presentando in fronte al borgo melegnanese era anticipata da settanta genieri zappatori per ogni brigata, che  avevano il compito di bonificare i percorsi, a seguire vi erano una decina di tirailleurs (tiratori scelti)  poi  in successione vi erano  schierate le due brigate: la prima brigata, comandata dal generale di compagnia Goze, era composta da tre reggimenti, il 1° reggimento  Zuavi comandato dal colonello Paulze d’Ivoy e in sottordine dal tenente colonello Brincourt e dal comandante Rosseau,  il “33°  reggimento di linea” con a capo i colonnelli Bordas  e Rey ed infine il “34° reggimento di linea” dei colonnelli Micheler  e  Silvestre.  La seconda brigata era composta da soli due reggimenti il 37° e il 75° di linea comandate dal generale Dumont. Un’azione di più ampio  respiro fu affidata a Mac-Mahon che si trovava a transitare su Mediglia e che doveva agire in concerto con altre quattro divisioni in  modo da avvolgere in un abbraccio mortale la sola brigata austriaca che appunto si trovava insediata a Melegnano. Il generale austriaco  Roden appartenente alla divisione di retroguardia Berger dell’ 8° corpo d’armata, teneva saldamente in mano le rive del Lambro: il  reggimento Boemi del principe di Sassonia occupava la destra e le cascine ivi presenti, mentre i battaglioni di riserva con l’artiglieria  erano posizionate al ponte ed all’entrata di sud-est del borgo. Il piano dei francesi consisteva nell’abbattere e preparare un’agevole  percorso, sino all’interno del borgo, con i cannoni  posizionati dai rispettivi lati, da una parte della 1°divisione Forey e dall’altra dalla  2° divisione De  Ladmirault, in modo da agevolare il successivo ingresso  della 3°divisione Bazaine all’interno del borgo, ma lo  stesso Baraguey  trovandosi di fronte ad un borgo e non  ad un semplice villaggio, come erroneamente le fu  segnalato, decise per un assalto e non già di  bombardarlo con i cannoni. Gli austriaci  intanto  avevano potenziato le fortificazioni di alcuni punti  scoperti: appostarono due cannoni all’ingresso del  paese (ingresso detto del “Ponte di Milano”) con un  terrapieno elevato che attraversava la strada, dietro il  quale fu collocata la truppa, anche l’altro ingresso del  borgo detto Portone (Portone di San Rocco) fu barricato,  mentre nessuna difesa fu predisposta all’uscita del  paese verso Lodi, nella persuasione che da quella parte  più che una difesa necessitava una strada libera per una  eventuale evacuazione dal borgo. Sulla piazza centrale  di fronte alla chiesa maggiore (S.Giovanni Battista) vi  era schierato parte del battaglione Boemi che erano le  migliori truppe scelte austriache. Dall’altra parte dello schieramento il maresciallo d’Hillers, non aveva alternative, in quanto aveva  ricevuto precisi ordini formali direttamente da Napoleone III:  l’imperatore voleva assicurarsi a tutti i costi  il borgo  di Melegnano, in  quanto ritenuto troppo vicino a Milano. L’inizio dei combattimenti ebbe inizio alle sei di sera, con i cinque reggimenti della divisione Bazaine che, sullo stradale di Milano, ingaggiavano il combattimento contro i due pezzi d’artiglieria austriaca.  La tattica utilizzata da  Baraguay-d’Hilliers fu quella di affrontare il nemico frontalmente con abbondanti forze e un appoggio sicuro sulle due ali in modo da  non avere sorprese.  Sulla zona intanto sopraggiungeva un forte acquazzone, che oscurò tutto il cielo, molti zuavi già bagnati dalla  pioggia si calarono nell’alveo della roggia Spazzola che fiancheggiava il lato sinistro della strada, percorrendola con l’acqua sino alla  cintura per sottrarsi al facile tiro dei cannoni austriaci ed espugnando casa per casa giunsero sino sotto alla barricata che venne  presa,dopo circa una mezz’ora,  d’assalto alla baionetta. n’altra colonna staccatasi dal corpo di Baraguey si porta davanti al Portone (portone di San Rocco), fu proprio in questa area dove si   consumò il leggendario eroismo del  1° reggimento Zuavi  e del suo comandante colonnello Paulze d’Ivoy che cadde colpito alla testa mortalmente. La caduta del loro comandante segnò il momento, in cui gli Zuavi, esasperati dall’ira si precipitarono sulla barricata e la superarono non dando possibilità di scampo a quanti capitavano nelle loro mani. Accanto al colonnello d’Ivoy cadde anche il capo-tromba  e in seguito alle gravi ferite riportate cadde anche il comandante Rousseau. I nostri cronisti citano anche particolari sul valore degli ufficiali degli altri quattro reggimenti di linea che presero parte alla presa del borgo: il colonnello Bodras e il luogotenente Rey  giunsero sulla piazza della chiesa maggiore non prima di aver conquistato spazio casa per casa. Dal memoriale del Frassi deduciamo lo svolgimento della battaglia in modo insolito:  “..il rombo del cannone durò circa una mezz’ora, seguì un breve silenzio, poi un grido di voci indescrivibile, e subito dopo un nutritissimo fuoco di moschetteria, e, cessato questo poco a poco, seguì un breve silenzio, poi alcuni altri colpi di cannone rari e assai più lontani, ed in poco più di un paio d’ore tutto era rientrato nel silenzio..” Gli assalti alla baionetta avvennero quasi contemporaneamente, e ciò si desume dalla combinazione di due circostanze: la prima riguarda le truppe austriache che respinte dallo stradale di Milano fuggirono per la strada di Lodi passando sul lato sinistro del Lambro, mentre gli altri soldati che cedettero alla furia degli Zuavi al Portone non ebbero più libero scampo per il ponte  che attraversava il fiume nel centro del borgo, ma dovettero diversamente fuggire attraverso le campagne di Cerro mantenendosi sulla destra del Lambro. La durata del combattimento fu breve, ma relativamente grande fu la strage subita da entrambe le parti. Il giorno dopo, il nostro testimone unitamente al cugino ed a un amico, aggirandosi tra i morti e i feriti ammassati in gran parte sotto il porticato del castello, raccoglierà anche delle preziose testimonianze circa il fatto che lo stesso generale austriaco Roden  sia stato ferito mortalmente e che spirò nel tragitto tra Melegnano e Lodi. Il bollettino conclusivo della giornata, emanato dal responsabile francese fu il seguente: “…abbiamo fatto da otto a novecento prigionieri e preso un cannone. Le nostre perdite ammontano a 943 uomini tra morti e feriti. Molti sono gli ufficiali colpiti: il gen.Bazaine e gen. Goze sono contusi, il col. Poulze d’Ivoy e il comandante Rosseau deceduti unitamente a altri 11 ufficiali, mentre 56 sono gli ufficiali feriti…”
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