I Fiammenghini, Giovanni Battista
e Giovanni Mauro Della Rovere
Due insigni pittori che hanno lasciato traccia della loro presenza
artistica a Melegnano, sono i fratelli Fiammenghini. Come ci indica Giacinto
Coldani nel suo manoscritto al capitolo VIII e capitolo IX, relativo
alla "...descrizione delle Cappelle, Battisterio, Sepolcri, e altre cose
che si trovano nella nave laterale a mano destra...e successivamente quella
sinistra...." troviamo elencati i dipinti in essa contenuti, fra
i quali, appunto i telèri riguardanti l'opera dei fratelli Fiamminghini.
Una di queste opere giunta sino ai giorni nostri è "Pio IV che pone
in testa al nipote Carlo Borromeo il cappello cardinalizio"
una mise en scène composta da diversi elementi che ricordano
i piu' importanti fatti del tempo: Pio IV che che nomina cardinale
il nipote Carlo Borromeo, espresso con il gesto del Santo Padre volto a
posare sul capo del cardinale appunto il galéro, avvenimento che
sappiamo datato 31 gennaio 1560; il Concilio di Trento chiusosi il
3 dicembre 1563 , ivi rappresentato dalla presenza di alcuni cardinali
fra cui uno in particolare che detiene con sè un grosso volume di
raccolta dei decreti del Concilio Ecumenico di Trento; ed infine la concessione
dell'indulgenza plenaria alla chiesa di Melegnano con la Bolla del Perdono
del 18 gennaio 1563. Il telèro è attribuito dal sacerdote
melegnanese don Giacinto Coldani, morto ivi nel 1752, a Giovanni Battista
della Rovere (1561-1630) figlio di Riccardo, originario di Anversa, fratello
di Giovanni Mauro e di Marco, noti anch'essi come i Fiammenghini
, l'origine anversese del padre spiega il soprannome che specificamente
viene attribuito a Giovanni Battista e al fratello minore Giovan Mauro.
I due si trovarono spesso a lavorare insieme, e anzi le piu' prestigiose
committenze vennero da loro affrontate congiuntamente: cio' ha provocato
qualche confusione, risolta di solito con la precisazione di "Giovan Battista
Fiamminghino" per uno e con il semplice "Fiamminghino" (o Fiammenghino)
per Giovan Mauro. Peraltro, la notevole differenza d'età giustifica
le distinzioni che si possono fare tra le loro mani, specie quando si considera
il cospicuo corpus grafico di entrambi. Giovan Battista appare ai
suoi esordi , legato ai motivi centroitaliani portati dall'attività
lombarda di Federico Zuccari e Cesare Nebbia; inoltre, la provenienza stessa
della sua famiglia chiarisce il rapporto con la pittura anversese della
seconda metà del Cinquecento, che ebbe in Italia a Genova un preciso
punto di riferimento. Le prime opere firmate e datate risalgono all'inizio
degli anni Ottanta, quando Giovan Battista comincia gli affreschi della
cappella di San Francesco in Sant'Angelo a Milano, completati poi nel 1595
con la collaborazione di Giovan Mauro, e sempre a Milano, dipinse la "Presentazione
al Tempio" in Santa Maria della Passione (1582). Nel 1586 viene chiamato
ad un'impresa prestigiosa, il completamento degli affreschi sulla vita
di San Giovanni Battista nel transetto sinistro del Duomo di Monza
lasciati incompiutii da Giuseppe Meda. Dopo il 1590 inizia l'attività
dei Fiamminghini per i Sacri Monti: a Crea dipingono la cappella dell'Annunciazione,
a Varalla le cappelle della Strage degli Innocenti e dell'Entrata in Gerusalemme,
a Orta diverse cappelle, a iniziare da quella con la Rinuncia ai beni terreni.
Nel 1593 con gli affreschi nella chiesa di Sabbioncello, Giovan Battista
inizia la lunga serie degli interventi suoi e del fratello nel comasco,
mentre nel 1596 prende avvio il complesso ciclo di affreschi nella chiesa
di Cassano d'Adda. Nel 1602 risale la commissione piu' importante per Giovan
Battista, i quattro "quadroni" con episodi della vita di San carlo voluti
dal cardinale Federico Borromeo nell'ambito del complesso programma iconografico
preludio per la beatificazione di San Carlo. Fra queste tele si distingue
per forza suggestiva la "Visita di San Carlo al Sacro Monte di Varallo"
oltre alla "Processione del Sacro Chiodo". Nel 1610 Giovan Battista è
a Cantu' per decorare la cappella di Santa Caterina in San Paolo; quattro
anni dopo , nel 1614 affronta insieme al fratello il ciclo piu' famoso,
gli affreschi sui pilastri e sulla controfacciata dell'Abbazia di Chiaravalle.
Brizio e Rosci datano al 1618 le tre tele in San Giovanni Battista a Melegnano
dei "Fiamminghini", la tela in particolare di Papa Pio IV che crea cardinale
Carlo Borromeo fu commissionata dalla "Comunità di Melegnano" unitamente
ad altre sulle quali appare evidente lo stemma municipale. Il telèro
fu finito e consegnato come sappiamo al prevosto di Melegnano Massimo
Pusterla (1607-1638) il quale lo mostrò in occasione della visita
pastorale dell'Arcivescovo Federico Borromeo effettuata nella parrocchia
melegnanese nel gennaio 1621. Fu lo stesso Pusterla che sospinto dal Borromeo
inizio' successivamente i lavori per il cambiamento stilistico della chiesa
di San Giovanni con gli ornati di gusto barocco giunti sino ai nostri giorni.
Dopo la parentesi melegnanese Giovan Battista collabora col fratello
ad altre esecuzioni di affffreschi fra cui quelli delle cappelle di San
carlo e del Crocefisso nella parrocchiale di Peglio. La data di morte di
Giovan Battista della Rovere si colloca tra il 1627 e il 1630. Brizio e
Rosci sono due coautori di una pubblicazione concernente "I quadroni di
San Carlo" edita nel 1965, dal quale abbiamo allargato la nostra
conoscenza dei Fiammenghini circa la parte relativa alle serie cicliche
Carliane ; mentre Ward Neilson nella sua " Notes on the frescoes
at S.Dionigi at Cassano d'Adda" pubblicata nel 1968 ci ha proposto
il persorso artistico dei "Fiammenghini". La commissione dei
tre quadri per la Colleggiata di San Giovanni Battista in Melegnano
quindi è datata nell'anno di grazia 1618 : essi rappresentano tre
importanti temi tra i quali il già citato "Pio IV che nomina cardinale
il nipote Carlo Borromeo" facente parte della serie ciclica Carliana,
pennellato con la mano di Gio(vanni) Battista Della Rovere, mentre il dipinto
raffigurante "S.Veronica che asciuga l'adorabile volto di Cristo cadente
sotto il peso della Croce" è attribuito da don Giacinto Coldani
all'eccellente mano di Gio(vanni) Mauro Della Rovere detto "Il Fiamminghino".
Giovan Mauro Della Rovere detto anche tuot court "Il Fiamminghino" o "Fiammenghino"
era il piu' giovane e ancor piu' vivacemente attivo del fratello Gio(vanni)
Battista. Formatosi accanto a Giovanni Battista nell'ambiente manieristico
milanese del Lomazzo e del Figino e voltosi in seguito come lui verso i
Procaccini, il Cerano e Pier Francesco Mazzucchelli detto "il Morazzone"
di Varese se ne distingue per modi più larghi ed esuberanti
ispirati a Gaudenzio Ferrari. Dotato di una vena narrativa facile e
popolare, che ben rispondeva alle esigenze celebrative della Controriforma,
sostenute in Lombardia dal cardinale Federico Borromeo, ebbe larghissima
parte nelle numerosissime imprese decorative della regione, volte a celebrare
la vita dei santi e i nuovi dogmi tridentini. I due fratelli Della Rovere
si trovano comunque spesso a lavorare insieme, specie per imprese di ampio
respiro: l'attività dei Fiammenghini è anzi uno dei pilastri
del programma di divulgazione iconografica perseguito nel primo Seicento
in Lombardia, da Milano alle piu' remote valli; I frequenti rapporti
di collaborazione coi fratelli, in particolare con Giovanni Battista, non
rendono sempre agevole distinguere quanto gli spetta nelle opere che sono
tradizionalmente e genericamente ascritte ai Fiammenghini. Si è
riusciti a individuare le cinque tempere eseguite dai due fratelli per
il ciclo carliano del Duomo di Milano (1602-1604), è più
arduo indicare con certezza le parti eseguite da Giovanni Mauro; che si
è creduto tuttavia di poter indicare nella Predica di San Carlo,
nella Visita agli infermi e nel gruppo dei cavalieri di sinistra del San
Carlo che visita la diocesi. Collaborò in seguito col fratello agli
affreschi con storie della Passione in Santa Maria presso San Celso (1605-1606),
a quelli con Storie di San Francesco del Sacro Monte d'Orta (1608-1616)
con Martiri Cistercensi dell'Abbazia di Chiaravalle (1615), con Storie
della Vergine dell'Oratorio di San Dionigi a Cassano d'Adda. In tali dipinti
può essere individuata la parte spettante a Giovanni Mauro considerando
le opere eseguite in proprio a Gravedona (Chiesa dei Santi Gusmeo e Matteo:
Gloria, presbiterio, firmata e datata 1608), Stazzona (Chiesa di San Giuliano:
affreschi con Storie della Vergine nella cappella del Rosario, datati 1619),
Montemezzo (Chiesa di San Martino: Storie della Vergine nella cappella
del Rosario, datate 1619), Como (Chiesa di San Donnino: Storie della Vergine
nella Cappella dell'Addolorata, firmate e datate 1620), Peglio (Chiesa
dei Santi Eusebio e Vittore: affreschi del coro datati 1614, della Cappella
del Crocefisso datati 1615, di San Carlo firmati e datati 1623), Brenzio
(Chiesa del Battista: affreschi con Storie di Cristo e del Battista firmati
e datati 1628, affreschi con Storie della Vergine nella cappella della
Madonna datati 1629), Groppello d'Adda (Oratorio di Sant'Antonio: Storie
del Santo firmate e datate 1638). E ancora ad Argesio, Biennio, Dongo,
Garzeno, Préstine, Sorico e la serie di tele con Storie di San Gaudenzio
per la chiesa omonima di Novara. La lunga lista di produzioni pittoriche
del Fiammenghino è destinata quindi, oltre agli interventi nel territorio
milanese, a due distinte zone geografiche relative al bacino del Lario
e la Valcamonica come si evince dalla corposa presenza già citata.
Alla parentesi della Valcamonica, testimonianza della feracità del
Fiamminghino come creatore di immagini di piacevole leggibilità,
segue probabilmente il raffinato affresco con la Gloria di San Bruno
nell'oratoriodella Certosa di Pavia . L'ultima opera conosciuta sono gli
affreschi dell'oratorio di Groppello d'Adda, eseguiti due anni prima della
morte avvenuta nel 1640. |
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