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La Bosnia turca
vista con gli occhi di: Milost Della Grazia
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Così aveva scritto il Doge Francesco  Molin e l’Archivio Storico di Venezia mi ha fatto una fotocopia della lettera del Doge,  dello stemma nobiliare  e di altre lettere che documentavano la provenienza e la nobiltà della famiglia Mladineo, alla quale aveva motuproprio modificato il nome croato Mladinich in quello veneziano di Mladineo. Questa antica famiglia, nobile d’Ungheria e di Bosnia, erano originaria da Bihac, piccola  cittadina inserita nel verde del Parco Nazionale dei Laghi di Plitvoce.  I  Mladinich erano sempre stati al servizio del re d’Ungheria e l’antica famiglia aveva generato molti uomini che si erano sempre distinti per il loro coraggio e per il loro valore, come Bani  e Governatori  di province.
Quando le truppe di Solimano il Magnifico nel 1521 dilagarono nei Balcani,  conquistando prima Belgrado e poi nel 1526  occupando  Buda,  dopo aver sconfitto gli ungheresi a Mohacs,  anche la Bosnia era diventata parte integrante dell’Impero ottomano ed i   Mladinich non vollero sottomettersi. Abbandonarono tutti  i loro possedimenti, riparando sulla costa dalmata e da qui nell’isola di Brazza, mettendosi al servizio della Serenissima, che in cambio riconobbe la  loro appartenenza alla Magnifica Nobiltà dell’isola di Brazza.
Sono andato in Dalmazia per documentarmi sulla vita e la morte di Juraj Mladineo e  passando per Senj ho visitato una specie di mausoleo, dove riposa un ramo della famiglia .  Arrivato a Spalato e preso il traghetto per l’isola di Brazza, sono sbarcato a Supetar, raggiungendo in macchina, dopo pochi chilometri,  Pucisca, dove sapevo in ferie alcuni membri della famiglia..
 Ivica e Frane  Mladineo,  capitani di lungo corso ed  abitanti entrambi a Spalato, sapevano tutto sulla famiglia, di cui un ramo è sempre vissuto a Spalato ed a Brazza, un altro, ormai estinto, a Senj, un  terzo vive  a Zagabria. 
Ivica  era l’unico a parlare l’italiano e mi raccontò, tra l’altro, la storia di  Katarina Mladineo, che si era sposata con  nobile austriaco, G. Wragnizan,  ed era  sempre vissuta in un castello nei pressi di Vienna.  Morì  nel 1700, ultima dei Mladineo, senza lasciare eredi maschi, ma Francesco,  un discendente di sua figlia , ottenne dalla Repubblica Veneta il permesso, in base alla legge salica, di conservare per se e per  i suoi eredi il nome Mladineo.  Visse sempre a Traù, dove  mori nel 1720, lasciando un figlio, Antonio,  anche lui sempre vissuto a Traù, dove morì  nel 1770, lasciando due figli maschi,  Ivan, che andrà a vivere a Senj e Nicola,  bisnonno di Ivica,  dal quale discendono gli attuali Mladineo di Spalato e di Brazza. 
Prima di lasciare l’isola Ivica mi ha fatto visitare la piccola chiesetta di San Rocco, legata al nome di Juraj  Mladineo. Nel 1607 Antonio Mladineo, padre di Juraj,  fece costruire una piccola cappella ai piedi della collina Batka, a pochi metri dal porto di Pucisca. Nel 1636  Juraj Mladineo fece una generosa donazione che permise di trasformare  la cappella nell’attuale piccola chiesa.
 Dopo tutto quello che Ivica mi aveva raccontato sulla vita di Juraj,  ho voluto visitare la  zona tra Sebenico e Gradac  dove,  tra il 1646 ed il 1668,  i turchi avevano tentato varie volte di invadere la  Dalmazia  ed ilcomandante Juraj Mladineo, prima di andare a morire per  Candia, era stato la mente organizzativa della difesa. 
Nel settembre del 1646 i turchi , venendo  dalla vicina Bosnia erano riusciti a conquistare, dopo mesi di lotta,  la fortezza di Klis,  sul colle che domina Spalato, a pochi chilometri dalla città.  Non riuscirono ad occupare Spalato perché la dura resistenza dei croati e dei veneziani aveva ormai esaurito le loro risorse ed il continuo bombardamento dalle galee in rada nel porto aveva procurato perdite superiori al previsto. Preferirono ritirarsi e tornare in Bosnia per svernare e per riorganizzarsi, lasciando un forte presidio nella fortezza di Klis .
Il venti agosto del 1647  il generale turco Tecel, gran pascià di Bosnia, entrò in Dalmazia alla testa di una armata di cinquantamila uomini, portando con se anche un gruppo di artiglieri con quattro cannoni. Cambiarono l’obbiettivo ed invece di sfruttare la presenza di un loro presidio nella fortezza di Klis, attaccarono di sorpresa Sebenico.  Ma la sorpresa venne a mancare, o perché il comandante Juraj  Mladineo aveva avuto degli informatori e lui aveva una ottima conoscenza del terreno ed i soldati croati erano particolarmente motivati a difendere le loro famiglie, oppure Tecel non aveva preso le debite precauzioni,  per cui fu  Juraj a far cadere in una imboscata l’armata di Tecel, la quale, assalita con ferocia da tutte le parti e bombardata dal mare, dopo tre giorni di lotta violenta,  dovette ritirarsi rapidamente, tallonata fino in Bosnia dalle truppe croate, che alla fine riconquistarono anche la fortezza di Klis (1647).  Questa fu una giornata di gloria per Juraj .
Anche il tentativo di occupare Makarska fu per i turchi un completo fallimento, ma, dopo essersi riorganizzati,  nel mese di luglio del 1668  sferrarono l’ultimo attacco alle spalle della cittadina di Gradac, una trentina di chilometri a sud di Makarska.  Il loro piano era molto logico, infatti, osservando la carta topografica, si nota subito come la distanza tra la Bosnia ottomana e la cittadina di Gradac non superi  i dieci chilometri, poi la strada del passo tra la Bosnia e Gradac permette anche il transito di mezzi pesanti, come i cannoni e, per di più, la base turca di Mostar  è  ad un solo giorno di marcia. 
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