Questo continente ha due stati moderni: la Repubblica Sudafricana e l’Egitto.
Nella Repubblica Sudafricana la capitale amministrativa e sede del governo è Pretoria, la capitale legislativa la Città del Capo.
Le due lingue ufficiali sono l’Inglese e l’afrikaans, derivata dall’olandese e parlata dagli eredi dei Boeri, più dialetti vari, come il bantù e lo swahili, parlato in tutta
la parte orientale dell’Africa, molto semplice, tanto che dopo un paio di settimane si riesce capire qualcosa di questa lingua-dialetto. Altri dialetti africani sono il fulbe ed il mossi sudanesi, il nubiano ed il masai dell’alto Egitto, il sahariano zagawa e kanuri, il hausse del Ciad. Per molti popoli africani, che possono anche non avere un dialetto, il corpo rappresenta un buon mezzo di comunicazione. Il trucco, il tatuaggio sono simboli di appartenenza ad una etnia, un messaggio da inviare al nemico o ad una donna. In alcune tribù i giovani si anneriscono le labbra ed il contorno degli occhi per evidenziarne il bianco, per attirare l’attenzione delle ragazze ed i pastori del Niger si dipingono il viso per l’annuale cerimonia in cui il maschio più bello avrà il privilegio di ricevere le più affettuose attenzioni dalle ragazze. Così l’Africa riesce raccontare qualcosa senza scrivere nulla. Una maschera di legno, che mi fu donata da un amico ad Abidjan, esprimeva il suo stato d’animo mille volte meglio di una lettera o di un discorso. Appesa nel mio studio questa maschera di legno, dopo quaranta anni, riesce a parlarmi ancora di Abidjan.
La lingua storica degli egiziani, a parte i dialetti dell’alto Egitto, è quella dei
Geroglifici, parola greca composta, in cui “ hieros “ vuol dire sacro e “ glyphein “ vuol dire incidere. Dicono che fu inventata dai sacerdoti egiziani per nascondere ai profani il segreto della loro cultura e religione. Nel 1799, Bouchard, un ufficiale del genio del corpo di spedizione del generale Napoleone, trovò, nella città di Rosetta in Egitto, una pietra coperta da iscrizioni in tre lingue, greco, demotico, lingua usata nel periodo tardo in Egitto, e in geroglifico. Gli studiosi capirono subito l’importanza di quella pietra e dopo la sconfitta di Napoleone, gli inglesi si impadronirono dell’Egitto e della pietra, portata al British Museum, dove un certo J. Francois Champollion riuscì, con l’aiuto delle due altre lingue, a interpretare i geroglifici. Chi si interessa di questa scrittura troverà, nel libro di C. Jacq , “ Il Segreto dei Geroglifici “ della Piemme, una guida facile per interpretare questi geroglifici.
Nel X secolo si impose l’uso dei conquistatori arabi, relegando il copto al solo uso
liturgico. Anche l’ arabo subì numerose modificazioni, tanto che possiamo parlare di un egiziano antico ( III° secolo a. C.) , dal quale si sviluppa un egiziano medio o classico, già formato nel 2000 a.C. che cambiò per una notevole penetrazione di
vocaboli stranieri. Da esso nacque successivamente il demotico ( dal VI secolo a.C.) .ed il copto. Gli egiziani attualmente parlano un arabo volgare della vasta famiglia scamitico-semitica.
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