Milost Anton, antenato di mio padre e patriarca dei Milost, aveva fatto studiare il suo unico figlio Francesco a Lubiana ed a Vienna per poterlo poi inserire, nel gruppo di lavoro dei Torre e Tasso. Anche l’imperatore voleva modernizzare quello del suo impero. Ma voleva avere una persona sicura e fedele che controllasse l’andamento dei lavori e questo mio antenato, l’agricoltore sloveno, era la persona giusta. L’Imperatore sapeva molto bene che il suo impero era una coalizione di etnie con cultura, lingua e religioni diverse, sapeva che gli ungheresi aspettavano il momento giusto per proclamare l’autonomia. Nato nel 1830, aveva ottantasei anni di vita e sessantotto di regno, anni pieni di infelicità. Nel 1859 aveva rischiato di morire nella battaglia di Solferino combattendo contro i francesi di Napoleone III°.
La vita di Francesco Giuseppe fu piena di errori, non sempre suoi, non aveva amici, o meglio, considerava suoi amici solo i reggimenti sloveni e croati che avevano combattuto con lui contro i turchi. Erano gli unici sudditi dei quali si fidava e questi avevano libero accesso alla corte di Vienna, come l’avevano tutti i Milost Anton, Francesco, Venceslao e più tardi anche mio padre Emil. Ho vari quadri con l’immagine dell’imperatore. La più importante è quella che Francesco Giuseppe donò personalmente a mio padre per aver accompagnato la salma dell’arciduca Ferdinando da Sarajevo a Vienna. Un suo ritratto con cornice d’argento e stemma degli Asburgo.
Quando il governo di Vienna decise di potenziare la marina da guerra austriaca lo fece per rafforzare l’immagine di uno stato che aveva città come Trieste, Pola, Fiume e Zara, la cui marina militare era un insieme di vecchie navi senza alcuna tradizione marinara. Questi porti potevano essere sviluppati sia come porti militari che come porti commerciali da far concorrenza ai grandi porti del nord Europa. Fu così che mio nonno Venceslao, soprattutto grazie alla grande capacità organizzativa e finanziaria, seppe riunire un gruppo di esperti che trasformarono una marina da guerra ormai superata in una potente flotta con incrociatori, sommergibili e corazzate come la Viribus Unitis, nome in cui si esaltava la necessità di una collaborazione tra le diverse etnie dell’impero asburgico.
Dopo il varo, Francesco Giuseppe nominò mio nonno comandante della base militare navale di Pola, città dove nacquero tutti i suoi figli. Raggiunta l’età pensionabile si trasferì a Trieste con tutta la famiglia in un grande appartamento in via Acquedotto. Le tre figlie Sofia, Alice e Lydia frequentavano la stessa scuola di mia madre Esther, che era coetanea di Alice, per cui si trovarono nella stessa classe e diventarono amiche.
Mio padre doveva mettersi d’accordo con l’Arciduca Ferdinando sul mezzo per raggiungere la Bosnia e l’Erzegovina, dove stavano iniziando le manovre militari dell’esercito austro-ungarico e l’arciduca Ferdinando doveva poi riferire all’imperatore sul comportamento dei vari reggimenti.
Il 28 giugno del 1914 l’arciduca e sua moglie vennero uccisi da un anarchico serbo, attentato che servì da pretesto al governo asburgico per dichiarare guerra alla Serbia, scatenando la prima guerra mondiale.
L’Italia denunciò la triplice intesa che la legava all’Austria ed alla Germania e si dichiarò neutrale e qui ebbe inizio il gioco delle promesse. L’Austria, se l’Italia non entrava in guerra contro di lei, aveva poche cose da offrirle, al massimo qualche ritocco di confine. Gli Alleati invece erano generosi, tanto loro non ci rimettevano nulla.
Con il famigerato patto segreto di Londra, se l’Italia entrava in guerra contro l’Austria, dopo la vittoria avrebbe ricevuto una parte del Tirolo, con Trento e Trieste, una grossa fetta della Dalmazia e metà della Slovenia, fino al Tricorno, monte sacro degli Sloveni.
Così nacque l’irredentismo, qualcuno scrisse che Trieste aspettava con ansia i liberatori italiani, mentre invece il giorno che la salma dell’arciduca passò per Trieste tutte le finestre esposero un drappo nero.
Dopo la tragedia di Caporetto e la battaglia sul Piave anche le truppe austriache erano esauste e, dopo 630.000 morti, l’esercito italiano occupò Trieste e l’Istria
|