La
figura che maggiormente colpì la fantasia e che rimase lungamente
nella memoria dei melegnanesi fu quella di Bernabò,
nipote di Matteo. La sua opera più importante in Melegnano fu la
ricostruzione del castello, non sappiamo in quale misura e con quali aggiunte
strutturali. E' certo che dopo di lui il castello ebbe bisogno di interventi
per restauro; ma la forma definitiva fu data da Bernabò:
lo scrittore Paolo Giovio, storico e letterato vissuto tra il 1483 ed il
1552, riporta che Bernabò, signore di
Milano, edificò sulla riva del fiume Lambro nella terra di Maregnano,
una grandissima casa simile ad una forte rocca con ponte. La dimora
di Bernabò nel nostro castello era usuale. Teneva una fitta corrispondenza
epistolare: sono circa sessanta le lettere partite dal nostro castello dagli
anni 1347 al 1384, un anno prima della morte. In alcune di queste lettere
sono ricordati anche personaggi melegnanesi, come nella lettera del 20 dicembre
1346 in cui fa sapere di aver dato alcune risposte agli ambasciatori del
Comune di Cassano d'Adda, tra i quali figurano prete Giovanni da Marignano
e Mercato dei Ronzoni di Cassano d'Adda, dove veniamo a sapere anche che
i Cassanesi sono accolti e considerati come buoni sudditi. Oltre alla dimora
in castello, Bernabò aveva in Pedriano una palazzina, diroccata ed
atterrata verso la fine del 1700, dove allevava i cani. In genere
queste lettere di Bernabò sono scritte
tutte nei mesi di luglio, settembre e ottobre; rarissime quelle scritte
in inverno o negli altri mesi. Il contenuto delle lettere riguarda i capitani
di ventura, l'amministrazione concreta del dominio visconteo, notizie di
battaglie e di scaramucce, ordini ai podestà, ringraziamenti per
favori ricevuti, questioni giuridiche o penali, atti politici, informazioni
sui sudditi. Tali lettere nominano parecchie città italiane: Bologna,
Brescia, Canossa, Cremona, Ferrara, Mantova, Mirandola, il Monferrato, Padova,
Parma, Reggio Emilia, la Sovoia, Treviglio, Venezia, Verona. Vi sono anche
stati e nazioni come la Germania e l'Ungheria; ceti sociali come cardinali
spagnoli. Furono, cioè, queste lettere viscontee un motivo indiretto
per rendere meglio conosciuto, nella geografia del tempo, il paese di Melegnano
come dimora pacifica e tutta viscontea. Si potrebbe asserire che, ancora
prima del 1500, proprio i Visconti avessero portato Melegnano ad un livello
di conoscibilità più ampiamente italiana ed europea, perchè
i destinatari delle lettere in Italia e all'estero osservavano alla fine
dello scritto epistolare la data ed il luogo di partenza che era appunto
Melegnano, un paese che prima era solo conosciuto nell'ambito delle lotte
comunali in un raggio locale e ristretto, mentre con i Visconti stava assumendo
qualifiche territoriali di una delle signorie più conosciute. Porta
il segno di Bernabò Visconti un'altra opera pubblica: la strada Pandina,
tra Melegnano e Pandino: un rettifilo che congiunge Melegnano attraverso
Mulazzano e lungo circa 18 chilometri: fu un'opera pubblica necessaria per
un funzionale allacciamento dei castelli e delle riserve di caccia. E nel
quadro strategico territoriale Melegnano si trovò al centro di collegamento
tra l'Adda e il Ticino mediante la Pandina e la strada Landriano-Pavia;
mentre, per mezzo della via Emilia era assicurato il collegamento tra Milano
ed il Po. Nel castello di Melegnano il feroce Bernabò
si portava molto spesso anche la sua amante, Donnina de Porri, naturalmente
mal tollerata dalla legittima moglie Regina della Scala. L'amante Donnina
de Porri era un valido aiuto anche nell'amministrazione del vasto dominio.
Per l'amministrazione locale di Melegnano e soprattutto per la difesa del
castello e del territorio, Bernabò usava
il castellano, impiegato anche per controllare la riscossione delle imposte
e del pedaggio al ponte Lambro. Ci sono arrivati alcuni nomi, un certo Nicolò
Cavazia era castellano sotto Bernabò,
ed il riscuotitore delle imposte aveva nome Beltramino Mainiero, figlio
di Pietro, abitante a Milano. Talora Bernabò
sceglieva i melegnanesi per motivi tributari: Mazzacane da Melegnano venne
inviato per riscuotere le tasse a Novara e a Vercelli, ma la sua cattiveria
gli procurò il soprannome di Mazzauomini. Tuttavia era un tipo gradito
a Bernabò, perchè questo stesso
Mazzacane nel 1347 era nel corteo nobiliare di Isabella Fieschi che andava
a Venezia con dame e cavalieri rappresentanti di Milano, per sciogliere
un voto. E un gruppo di capifamiglia melegnanesi saliva quasi ogni sera
in castello per tenere compagnia a Bernabò,
creando in tal modo una relazione di conoscenza e di amicizia con parecchie
famiglie melegnanesi. |